BANDINI, Domenico (Domenico di Bandino)
Nacque ad Arezzo verso il 1335, da Bandino e da Nuta Bianchi. La famiglia apparteneva al ceto mercantile, ma il padre, che non deve essere confuso col poeta aretino Bandino vissuto intorno alla metà del sec. XIII, insegnava arti liberali in Arezzo. La peste del 1348 lasciò Domenico solo superstite della sua famiglia, ma egli continuò i suoi studi nel trivio e nella legge civile sotto la guida di maestro Goro, ad Arezzo e forse anche a Siena. Pare che, come altri umanisti, fosse iniziato alla carriera notarile, ma risulta che già nel 1364 si era dedicato all'insegnamento.
Agli anni tra il 1364 e il 1374 risalgono con ogni probabilità le sue prime opere, e cioè la Laurea in arte dictaminis,il Rosarium Artis Grammatice e un elementare vocabolario latino-italiano. Dove insegnasse in questi anni non risulta; probabilmente ad Arezzo. Le prime notizie precise le abbiamo soltanto nel 1374. Ci racconta egli stesso nella sua vita del Petrarca di essere fuggito in quell'anno dalla Toscana dove infieriva la peste, andando a rifugiarsi prima a Bologna, dove lesse la Rhetorica ad Herennium (ilcommento che egli ne scrisse non ci è giunto), e poi, in risposta ad un invito rivoltogli da Francesco da Carrara, a Padova, donde si recò a far visita al Petrarca pochi giorni prima che questi morisse.
Di lì a poco la sua fortuna negli ambienti culturali di quell'età prese un deciso sviluppo. Nel 1376 fu invitato a insegnare grammatica a Firenze, e già dell'anno successivo sono le prime lettere indirizzategli dal Salutati, di cui egli divenne un "pedisequus". Forse in principio non riuscì ad affermarsi a Firenze, perché nel 1378 risulta maestro a Bologna, dove lesse grammatica dal 1379 al 1381. Ma, a Firenze, nel rinnovato Studio, egli tornò a insegnare tra il 1381 e il 1399, e in questo periodo gli fu accordata la cittadinanza. Sappiamo che lesse le Tragedie di Seneca, ed è probabile che leggesse anche la Divina Commedia,Valerio Massimo e Lucano (dei tre commenti solo quello a Lucano ci è pervenuto). Forse già prima, per suggerimento del Salutati, aveva compilato un indice alla Genealogia Deorum del Boccaccio. Ma, a parte l'insegnamento, il suo interesse dominante in questo periodo dev'essere stato per la composizione del Fons Memorabilium Universi,già iniziato prima del 1374, magnum opus della sua vita. Le prime tre parti dell'opera uscirono prima del 1400.
Nel 1399 circa il B. tornò ad insegnare ad Arezzo, ma nel 1406 lo troviamo a Città di Castello ove rimase quasi certamente fino a quando, nel 1410, fu richiamato a Bologna, dove insegnò, nonostante l'età ormai avanzata, fino al 1413 o 1414. Nell'aprile del 143 era di nuovo ad Arezzo, dove morì alla fine di agosto.
Ebbe due mogli, Maddalena figlia del suo maestro Goro, poi Gatoccia o Caterina de, Visconti d'Arezzo, per la quale, come risulta dal testamento, pare non nutrisse molta simpatia. Dei due figli, il minore, Giovanni, fu medico e morì nella peste del 1400, il maggiore, Lorenzo, divenne auditor causarum,scrisse un libro De Ecclesiastica Potestate e curò la presentazione del Fons al pontefice Martino V.
Come si è già rilevato, il Fons era già cominciato prima del 1374, anno in cui il B. ne mostrò dei brani al Petrarca, e teneva ancora occupato il suo autore quando questi morì più di quarant'anni più tardi. Concepito come una enciclopedia di tipo tradizionale, comprensiva di tutto lo scibile del tempo, è diviso in cinque parti "ad honorem quinque magnorum vulnerum Iesu Christi" Le prime quattro comprendono la teologia, la cosmologia e l'astrologia, gli elementi fuoco aria e acqua e l'elemento terra con la geografia le piante e le bestie. La quinta parte tratta degli uomini, della loro storia e del loro pensiero. In tutto sono trentaquattro libri.
Col passar, degli anni, questo originario schema fu largamente superato da nuove esigenze che al B. si imponevano. Manifesta è la sproporzione fra le prime tre parti e le ultime due, e la crescente differenza nel genere di fonti adoperate. Le prime tre parti infatti, piuttosto brevi e caratterizzate da un minore interesse da parte dell'autore, sono basate su fonti comuni a tutta la cultura scolastica del tempo. Nei libri delle successive due parti il B. sempre più si servì di tutte le fonti classiche a lui accessibili e anche di fonti contemporanee. Di queste non sempre il B. nominava gli autori, ma, con o senza nome d'autore, egli inserì nell'opera sua larghi brani di opere latine del Petrarca, del Boccaccio, del Salutati, del Silvestri e di F. Villani. Per questo, come per altri aspetti, il libro più interessante è il XXX, De Viris Claris,alla composizione del quale il B. attese per oltre un ventennio mentre portava a termine e via via pubblicava gli altri libri. Ne risultò un dizionario biografico, la cui mole occupa più di un terzo dell'opera intiera, e in cui si spiega in modo chiarissimo l'adesione ormai piena dell'autore alla nuova cultura umanistica. Molto spazio è dedicato alla mitologia e storia classica, e il codice autografo (Vat. Urb. Lat. 300) ci mostra il B. intento a distinguere tra personaggi omonimi, correggendo, cancellando e aggiungendo, e insomma sforzandosi di applicare i nuovi metodi di critica storica e testuale (notevole la distinzione, che sembra egli sia stato il primo a fare, fra i due Lattanzi) e di aggiornare l'opera propria alla luce delle altrui scoperte. Anche è visibile lo sforzo del B. di migliorare il suo stile, benché non gli riuscisse di conseguire umanistica eleganza. Né gli riuscì, se pur ci si provò, ad imparare il greco: conobbe e adoperò alcune traduzioni dal greco fatte in quegli anni dal Bruni e da altri allievi del Crisolora. Non citò testualmente nell'opera sua, benché la conoscesse, la traduzione dell'Iliade fatta dal Pilato e si servì invece qualche volta dell'Ilias Latina. Di Platone cita il Phaedo e, nella versione calcidiana, il Timaeus: risulta chiaro che per il B. Aristotele restava per eccellenza il filosofo, e che egli non condivideva l'ammirazione del Petrarca per Platone. Si nota insomma nel Fons ilmiscuglio, del resto normalissimo allora, specie per un uomo come il B., diligente e curioso, ma non geniale, di elementi vecchi e nuovi. Va sottolineato il fatto che, benché senza dubbio ricevesse forte stimolo e aiuto dall'ambiente umanistico di Firenze, in cui visse a lungo, egli però finì la prima stesura dell'opera sua, e proprio i libri più interessanti, dopo la partenza da Firenze, e ancora negli ultimi anni rielaborò parti sostanziali dell'opera, in una seconda e finalmente ìn una terza redazione di essa. Anche le lettere indirizzategli dal Salutati dopo il 1400 dimostrano che il B. disponeva di una buona biblioteca e che era in grado di inviare informazioni e suggerimenti utili al suo stesso maestro.
Il Fons non fu mai stampato, né certo merita di esserlo. Ci restano copie mss. di tutte e tre le redazioni dell'opera, che ne attestano la diffusione prima del 1450 (cfr. A. T. Hankey, The successive revisions and surviving codices of the "Fons Memorabilium Universi of Domenico di Bandino",in Rinascimento,XI [1960], pp. 3-49). Brani interessanti del libro XXX, De Viris,si trovano in: L. Mehus, Ambrosii Camaldolensis Epistolae,Florentiae 1759, pp. CXXIX ss.; M. Sarti e M. Fattorini, De Claris Archigymn. Bonon. Profess.,Bononiae 1888-96, II, pp. 297-300; A. Solerti, Le Vite di Dante Petrarca e Boccaccio...,Milano 1904, pp. 91-94, 286 s., 677 s. Per l'indice alla Genealogia Deorum del Boccaccio, si veda E. H. Wilkins, The Univ. of Chicago Ms. of the Genealogia Deorum Gentilium of Boccaccio,Chicago 1927, pp. 20-25, 67-70, da V. Romano nella sua edizione delle Genealogie Deorum,Bari 1951, pp. 816-18. Il Commento a Lucano è nel Vat. Lat. 9964; il Rosarium in Venezia, Bibl. Marc., Nanni,123; i Vocabula in Firenze, Bibl. Naz., Landal 260, e Modena, Bibl. Estense, V. 9. 1; la Laurea,Bruxelles, Bibl. Royale 1486, e Siviglia, Bibl. Columbina, 7502.
Fonti e Bibl.: F. Novati, Epistolario di Coluccio Salutati,IV,2, Roma 1905, in Fonti per la Storia d'Italia,XVIII, pp. 501-508, passim;U. Pasqui, Documenti per la storia della città d'Arezzo,IV, Cronache,Arezzo 1904, p. III; Id., Raccolta di codici in Arezzo,in Atti e Mem. d. R. Accad. Petrarca,VIII (1907-1908), pp. 127, 146 s.; R. Sabbadini, Le scoperte dei codd. lat. e greci nei secc. XIV e XV, II, Firenze 1914, pp. 179-90; L. Thorndike, A History of magic and experimental Science,III, New York 1934, pp. 560-67, 759-61; A. T. Hankey, Domenico di Bandino of Arezzo,in Italian Studies,XII (1957), pp. 110-128; Id., The library of Domenico di Bandino,in Rinascimento,VIII (1957), pp. 177-207.