Bandini, Domenico
Umanista (Arezzo 1335 circa - 1418). Nella sua enciclopedia, Fons memorabilium universi (parte V, volume III, libro I, De viris claris, a cc. 128-129), il B., che forse tenne anche un corso su D. negli anni in cui insegnò allo Studio fiorentino, profila una breve biografia del poeta, in cui si riflette il miscuglio di elementi medievali e preumanistici che si riscontra in generale nella sua opera e nella sua età. Attinge ecletticamente dal Boccaccio, da Benvenuto da Imola, dal Petrarca, ma soprattutto da Filippo Villani (De orig. civ. Florentiae et de eiusdem famosis civibus), non senza qualche notazione sua. Se da Benvenuto accetta un'interpretazione etimologica del nome di gusto medievale, " quasi dans theos ", cioè poeta di cose divine, a lui si oppone esplicitamente, rimproverandolo di adulazione al marchese d'Este, circa la derivazione della moglie di Cacciaguida dagli Aldigherii di Ferrara e sostenendo col Villani quella dagli Alagherii di Parma. Accoglie la notizia sull'origine della famiglia da un ramo dei Frangipani, ma tra i dati forniti dal Boccaccio e dal Villani introduce una precisazione ricalcata su Pd XV 136 circa i tre fratelli Eliseo, Moronto e Cacciaguida. Per il resto sembra sunteggiare il Villani, riproducendone talora letteralmente le frasi. Con lui condivide l'idea che la poesia decaduta dopo Claudiano (nel testo, non autografo, tuttavia mutato in Anticlaudianus), sia risorta per opera di D. che, studiando gli antichi poeti, specie Virgilio, si persuase dei profondi sensi nascosti nelle loro favole e cercò d'imitarli, sì che " perditam poesim ad lucem evexit fidei ". Riferisce anche lui la notizia che avesse iniziato il poema in latino, ma attribuisce l'aver preferito il volgare, non, come il Boccaccio, al desiderio di farsi accessibile agl'ignoranti, ma alla coscienza che non avrebbe mai potuto eguagliare i grandi latini. Giudizio di letterato preumanista, forse echeggiato dal Petrarca che il B. conobbe personalmente poco prima che morisse e dal quale (Rerum memorabilium II 83) derivò l'aneddoto del paragone istituito da Cangrande tra D. e il suo buffone, facendone quasi la ragione del suo distacco dalla corte di Verona. Riporta infine due epitaffi, l'uno da lui attribuito con incertezza a Giovanni del Virgilio, l'altro anonimo; e un epigramma di Coluccio Salutati sul grande concittadino, nonché la notizia di Bartolo da Sassoferrato sulla condanna ecclesiastica della Monarchia.
Bibl. - Le pagine su D. furono estratte dal codice Laurenziano del Fons memorabilium universi (tuttora inedito) e pubblicate, dapprima da L. Mehus, in Vita Ambrosii Traversari, Firenze 1759, 168-170, e poi da A. Solerti, in Le vite di D., Petrarca e Boccaccio, Milano, s.a. [1904]. Sul B. in generale v. la voce di M. Hankey, in Dizion. biogr. degli Ital, V (1963) 707-709, con la relativa bibliografia.