BATACCHI, Domenico
Nato di nobile ma povera famiglia a Pisa nel 1748, dovette acconciarsi ad umili uffici nella dogana della sua città e poi di Livorno, sempre afflitto da tristezze, miserie, disgrazie famigliari. Nel 1799 fu perseguitato per giacobinismo, e nel 1800 condannato alla perdita dell'impiego. Finalmente ebbe dal re Ludovico l'ufficio di ministro delle regie rendite a Orbetello, dove lo spense la malaria l'11 agosto 1802. Scrisse 24 Novelle in ottave, che cominciò a pubblicare nel 1791 a Pisa in dispense periodiche, e che piacquero al Goethe e al Foscolo. "E' pare (questi scrive) che narrasse cose liete e licenziose per non morir di dolore. Fu assai più licenzioso del Casti, e nondimeno diresti ch'ei, come l'Ariosto, voglia più rallegrar che corrompere i suoi lettori; ed ha la disinvoltura del Berni e l'ingenuità del La Fontaine. Forse aveva il loro genio" Furono pubblicati postumi lo Zibaldone, poemetto burlesco di dodici canti in sesta rima (Parigi 1808), vivace rappresentazione della società toscana in sullo scorcio del sec. XVIII, e la Rete di Vulcano, poema di ventiquattro canti in ottave, pubblicato a Milano nel 1812 con la falsa data di Siena 1779, in cui il mito è un pretesto a disegnare alcuni quadri satirici dei costumi italiani del Settecento, e anche a dipingere voluttuosamente ma con brio le delizie delle alcove settecentesche.
Le sue Opere complete in 6 voll. furono ristampate a Milano nel 1926.
Bibl.: U. Foscolo, Opere, IV, p. 57; F. Tribolati, Un novelliere toscano d. s., XVIII, in Saggi critici e biogr., Pisa 1881; R. Kohler, Goethe e D. B., in Archivio p. lo studio d. tradiz. popolari, X (1891), fasc. i; G. Natali, Il Momo pisano, in Idee costumi uomini d. Sett., 2ª ed., Torino 1926; G. Menicucci, Un novelliere toscano del Settecento: D. B., in Rass. naz., XVIII (1926).