Berti, Domenico
Uomo politico e pedagogista (Cumiana,Torino, 1820 - Roma 1897). Laureatosi all’università di Torino in filosofia e filologia, si impegnò nell’opera di rinnovamento dei programmi e dei metodi di insegnamento dell’istruzione primaria seguendo le idee di Ferrante Aporti, di cui fu allievo alla Scuola di metodo da quest’ultimo fondata a Torino nel 1846. All’attività di studioso di problemi scolastici e di educazione popolare accompagnò sempre la partecipazione attiva alla vita politica. Inizialmente su posizioni vicine ai democratici, si accostò poi ai liberali, collaborò all’«Opinione» e al «Risorgimento» sostenendo con convinzione le scelte di Cavour da cui si allontanò nel 1856 per spostarsi su posizioni più moderate, soprattutto riguardo alla libertà di insegnamento e allo spazio da riservare alle scuole private e confessionali. Professore di Filosofia morale all’università di Torino dal 1849, poi dal 1872 di Storia della filosofia a Roma, pubblicò numerosi saggi sul pensiero del Rinascimento. Fu deputato quasi ininterrottamente dal 1850 al 1894 e ministro della Pubblica istruzione nel governo di Alfonso La Marmora (1865-66, tenne anche l’interim dell’Agricoltura, industria e commercio) e poi nel gabinetto presieduto da Bettino Ricasoli (1866-67). Nello svolgimento di questo incarico, provvide alla compilazione di utili relazioni sull’andamento dei vari settori della pubblica istruzione, avviò iniziative nella lotta contro l’analfabetismo degli adulti e istituì le prime biblioteche magistrali a uso degli insegnanti. Fallito il tentativo di rinnovamento della corrente politica moderata, Berti si spostò su posizioni progressiste fino ad aderire alla Sinistra ed entrare a far parte del governo guidato da Depretis in qualità di ministro dell’Agricoltura, industria e commercio (1881-84). Fu nominato senatore nel 1895.