BERTINI, Domenico
Nacque a San Iacopo in Gallicano, da Giovanni di Andrea Bertini e da Caterina figlia di Virgilio da Paleroso, intorno al 1417; fu creato cittadino originario di Lucca per decreto del Consiglio generale del 20 giugno 1448 (Consiglio Generale, n. 14, c. 29) e perciò abilitato a conseguire tutti gli uffici di onore e di utile riservati ai soli cittadini. Il primo atto nel quale si riscontra il suo nome è il testamento patemo del 31 ott. 1442 nel quale egli, come figlio ingrato, è privato dell'eredità a favore del fratello Antonio (che fu, poi, canonico di S. Martino, priore di Tassignano e rettore di S. Giusto di Sala presso Pietrasanta), mentre la madre Caterina è nominata semplice usufruttuaria.
Il B. fu nominato abbreviatore e scrittore apostolico sotto Niccolò V, e come tale, secondo il Paoli-Puccetti, "minutò e compilò e firmò più che 100.000 bolle nelle quali figura il suo nome"; fu creato segretario apostolico sotto il pontificato di Sisto IV, continuando però le sue mansioni di segretario apostolico anche sotto Innocenzo VIII; dai Commentarii di Pio II sappiamo che nel 1464 venne inviato oratore al re di Ungheria ed alla Repubblica di Venezia; durante il pontificato di Paolo II, ad istanza del re di Napoli Ferdinando I, intervenne per il passaggio del proprio congiunto Francesco di ser Monello dal vescovato di Andria a quello di Capaccio (1471); nell'ottobre del 1472, chiamato da Roma in Toscana dall'amico e conterraneo cardinale Iacopo Ammannati-Piccolomini, si interessò con lui della risoluzione dei confini tra Foiano e Lucignano. Dal 3 luglio 1473 al marzo 1474 (Registro Vaticano 656, ff. 8-54) fu g0vernatore di Orvieto, dove ebbe forti contrasti col potestà Matteo da Mantova (Arm. XXVIIII Sisti IV Divers. Camer. 37, f. 219 t.). Questi prolungati soggiorni lontano dalla sua patria spiegano la nomina di suoi procuratori (Arch. Notari, n. 804, c. 21; ibid., n. 807, c. 80).
In Lucca, dove abitò nella casa che aveva, acquistata il 29 maggio 1455 (Notari, n. 555, c. 40 r e v), prese parte attiva alla vita cittadina, ricoprendo numerose cariche pubbliche. Fu anziano ordinario per il terziere di S. Paolino, la prima volta nel settembre-ottobre del 1484 in luogo di Giovanni Arnolfini assente e, successivamente, per lo stesso bimestre, negli anni 1488, 1490, 1496 e 1502; per i bimestri gennaio-febbraio, nel 493, marzo-aprile, nel 1494, e luglio agosto, nel 1501. Sebbene fosse stato nominato gonfaloniere surrogato nel bimestre settembre-ottobre dell'anno 1499, in luogo di Gerolamo Liena, non risulta che il B. abbia mai più ricoperto la suprema magistratura anche se dal 1450 alla morte, sia che risiedesse a Roma sia in patria, si può dire che non vi fu pratica od affare di rilievo al quale egli non fosse chiamato a dare il sussidio dell'opera sua.
Infatti il 27 sett. 1450, dopoche agli Anziani era stata erroneamente comunicata la morte del duca di Modena Leonello d'Este, figlio di quel Niccolò III che nel 1429aveva sottratto ai Lucchesi la Garfagnana, il B., che ricopriva già l'ufficio di abbreviatore e scrittore apostolico, ricevette l'incarico di supplicare il papa Niccolò V per la reintegrazione dello Stato di Lucca, negando al successore l'investitura di Ferrara finché mantenesse il possesso delle terre strappate ai Lucchesi sotto il pretesto di impedirne la conquista ai Fiorentini (R. Arch. Lucca, Regesti, IV, pp. 217 s., nn. 1248-1249). La spinosa questione fu risolta, com'è noto, con l'arbitrato del 28 marzo 1451, dal papa stesso, il quale, mentre assegnava Gallicano ai Lucchesi, dichiarava "che ciascuno dei due litiganti serbasse illesi i suoi diritti circa le altre terre di Garfagnana". Il 28 marzo 1454 gli Anziani di Lucca facevano nuovamente ricorso al B. affinché ottenesse loro dal papa, come già era stato fatto ai Fiorentini per Pisa, di poter rinnovare con Angiolo di Gaio e con gli altri ebrei che avevano fatto società con lui fin dal 1432 icapitoli per l'appalto assunto del provento dell'usura (ibid., p. 252, nn. 1433-1434). Il papa concedeva quanto sopra a condizione che gli ebrei stessi "per tal concessione non siano gravati ad alchuna exactione più che per lo usato s'abino facto, a ciò che loro anchora non toglino più che il consueto" (ibid., p. 301, n. 148). Se pure il Carteggio degli Anziani non conserva di ciò alcuna traccia, nondimeno il B. dovette intervenire presso Niccolò V anche per ottenere che nel convento di S. Francesco di Lucca ai conventuali fossero sostituiti i minori osservanti (Ibid., Regesti, p. 253, n. 1436; Offizio sopra la Giurisdizione, n. 59). Nel 1475, coi cardinali Filippo Calandrini e Bartolomeo Roverella e con Galeotto Franciotti, fu interessato per ottenere alla Repubblica l'esonero dal carico di "una integra decima di tutte l'entrate ecclesiastiche", imposta da Sisto IV per la guerra contro il Turco (R. Arch. di Lucca, Regesti, V., p. 29, nn. 173-175).
Ben altra materia mostrano alcune sue lettere del 1474: gli Anziani di Lucca, oltre che ai cardinali lucchesi F. Calandrini e I. Ammannati, si erano rivolti, infatti, anche al B. per essere tenuti al corrente della nuova federazione degli Stati italiani che sembrava essere allora imminente e nella quale, naturalmente, desideravano che anche Lucca fosse inclusa (ibid., pp. 19 s., nn. 112-113, 116-117). Venuta meno, però, questa speranza, stando loro a cuore la tradizionale alleanza con Milano che costituiva un appoggio contro Firenze, alla morte di Galeazzo Maria Sforza (26 dic. 1476) inviarono nella capitale lombarda come oratore al nuovo duca Gian Galeazzo Maria ed alla reggente, la duchessa Bona di Savoia, lo stesso B. con l'incarico di porgere le condoglianze ed assicurare il nuovo sovrano dell'ossequio e fedeltà della Repubblica (ibid., p. 37, n. 222). C'è motivo di pensare che l'ambasceria del B. abbia raggiunto lo scopo se i duchi, il 29 gennaio successivo, ringraziavano la Repubblica per le condoglianze assicurando in pari tempo, i governanti lucchesi della propria benevolenza (ibid.,p. 37, n. 226). Nel 1479, durante la guerra combattuta per circa tre anni dalle leghe di Firenze, Milano e Venezia contro quella del pontefice e di Napoli, dopo la congiura de' Pazzi (26 aprile 1478), gli Anziani di Lucca inviarono ancora il B. come oratore alle due parti contendenti (ibid., pp. 66-69, nn. 378, 385, 392).
Nel novembre del 1482, trovandosi egli di nuovo a Roma, al B. venne affidato il compito di sollecitare presso la Curia alcuni provvedimenti in favore della città (ibid., pp.155-156, n. 828, 174, n. 920, 176, n. 928, 177, n. 932); nel giugno del 1483 venne inviato nel campo veneto, in Lunigiana ed a Pisa per chiarire i rapporti dei Lucchesi con i Fiorentini intenti a strappare ai Genovesi Sarzana e Pietrasanta (ibid., p. 206, n. 1078). Al B., di nuovo a Roma, si rivolsero il 26 genn. 1489 gli Anziani perché, insieme con l'altro segretario pontificio Gerolamo Balbani, facesse istanza al pontefice per ottenere al podestà di Lucca la facoltà di punire i rei o alla Repubblica l'autorità di esiliare coloro "qui nec vestes gerunt clericales, nec mores habent ullius bone religionis, sed ut dissoluti et scelerati… male vivunt in contemptum Dei et hominum" (ibid., p. 396, n. 1958). Ma il B. dovette far ben presto ritorno in patria giacché nel giugno di quell'anno con Nicolao Tegrimi era inviato a Ferrara per le controversie insorte per i confini tra Cascio e Perpoli e tra Castiglione e Pieve Fosciana (ibid., p. 404, n. 1997) e quindi nel luglio 1490, con Marco de' Medici, a Castelnuovo Garfagnana sempre per lo stesso motivo; prima s'era recato a Firenze per far valere le ragioni di libera affittanza, da parte del rettore dell'ospedale di S. Luca, del lago di Porta Beltrame o di Perotto, posto nel territorio di Pietrasanta, contro le pretese di Bernardo Altoviti, che era capitano fiorentino di quella città (ibid., p. 434, n. 2150).
Numerosi altri incarichi il B. ricoprì nei suoi ripetuti soggiorni in patria.
Il 24 ott. 1469, su proposta di Pietro Guidiccioni, Arrigo Sandei, Michele Diodati e Paolo Trenta, veniva eletto dal Consiglio generale commissario del Comune per il Bagno di Corsena, per la durata di un anno. Nel 1477,allorché si trattò, secondo il Bongi, di procedere in Lucca alla fondazione vera e propria dello Studio generale oppure, come pensa il Barsanti, di dar vita a quella riforma delle scuole lucchesi che, già decretata nell'ottobre del 1471 (Consiglio Generale, n. 19, cc. 158 r - 159 r), era, però, rimasta lettera morta, il B. fu chiamato fra i sei cittadini i quali, come si legge nella deliberazione, avessero per cinque anni "plenam et liberam potestatem erigendi et constituendi Studium universale circa omnes disciplinas, scientias et artes liberales" (ibid., n. 20, c. 86 v). Ancora, nel 1489,allorché si pensò di procedere anche in Lucca alla fondazione del Monte di Pietà (sollecitata da Bernardino da Feltre nella sua prima predicazione fatta in città nell'aprile e maggio dell'anno precedente) al "colloquio" dei più autorevoli cittadini della Repubblica tenuto il 18 maggio 1489 partecipava anche il B. (Colloqui, n. 1, c. 9), il quale poi fu anche tra i componenti del Consiglio di amministrazione dell'istituto dopo la sua definitiva istituzione (Consiglio Generale, n. 22, cc. 136 v, 138 v, 139 v, 140 r).Fu eletto anche operaro di S. Croce, per due anni, come risulta dalla sua stessa accettazione che è del 3 maggio 1484 (ibid., n. 21, cc. 81 v - 82 r), e poi riconfermato a più riprese negli anni successivi. Non sembra però che la sua amministrazione, che pure si svolse mentre il B. stava profondendo il proprio denaro per l'arricchimento di S. Martino, sia stata priva di censura e di volgari accuse, contro le quali protestò il vescovo Sandonnino in una lettera indirizzata agli Anziani il 29 nov. 1486 (R. Arch. Lucca, Regesti, V, pp. 340-341, n. 1685). Pare, comunque, che dovesse trattarsi di un semplice incidente e forse, più che la parola del vescovo, valsero, presso i governanti lucchesi, i denari profusi dal B. per la cattedrale, tant'è vero che il 15apr. 1488gli Anziani insieme coi consiglieri dell'opera stessa, udita l'esposizione dei B. e riconosciute le sue benemerenze (Consiglio Generale, n. 22, c. 81 v - 82 r), decretavano che, a decorrere da quello stesso giorno e per tutto il tempo che fosse rimasto in carica (luglio 1490), il B. dovesse avere come salario 60 fiorini d'oro. Egli fu ancora operaro di S. Croce nel 1495 (ibid., n. 23, c. 82 r e v) e nel 1497 (Archivio Notari, n. 916); il 19 febbr. 1504 i consiglieri dell'Opera gli lasciavano piena libertà di fare eseguire le tavole per gli altari laterali secondo un modello unico, come dice il Ridolfi; il 5 febbr. 1506, infine, poco prima della morte avvenuta il 23 marzo, con atto di ser Pietro Piscilla, nominava suo procuratore ser Iacopo del fu Bartolomeo de' Buiamonti per una permuta di beni dell'Opera (ibid., n. 1297, c. 76). Per i numerosi altri minori incarichi si vedano: Consiglio generale, n. 21, c. 154; n. 22, cc. 39, 153-156, 158, 174 v; n. 23, c. 22 r, 24 r e v, 168 v - 169 r.
Notevole fu l'opera di mecenate svolta dal B. che s'affidò specialmente a Matteo Civitali. A questo, egli nel 1473 commissionava la prima opera: l'altare del Santissimo in S. Martino del quale oggi restano solo i due angeli oranti; il ciborio è identificabile in quello del Museo di South Kensington di Londra. Insieme con Leonardo Totti, appoggiò in Consiglio la supplica del Civitali del 27 febbr. 1477 che richiedeva per cinque anni l'esenzione dalla gabella per l'introduzione nel territorio lucchese della carta da stampa e l'esportazione dei libri usciti dalla sua stamperia, ottenendogli, inoltre, il divieto per altri stampatori di esercitare l'arte "in civitate aut comitato lucano sine licentia dicti Mathei" per la durata sempre di cinque anni (Consiglio Generale, n. 20, cc. 84 v - 85 r).
Non era ancora cessato il pericolo della peste che dal 1476 al 1480 tenne in angustia i Lucchesi quando, nel 1479, il B. commissionava al Civitali il proprio monumento funebre che volle eretto in memoria anche della moglie Sveva, figlia di Filippo di maestro Iacopo de' Risaliti e di Chiara di Guglielmo de Portico (Sveva morì il 13 sett. 1508). La terza e di gran lunga la più importante opera del Civitali in S. Martino, per commissione ottenuta sempre dal B. nel febbraio del 1482, è il tempietto del Volto Santo. Fanno ancora parte del piano di decorazione dell'interno della cattedrale il pulpito e le due acquasantiere sistemate presso i due primi pilastri. Tra le opere minori ordinate dal B. al Civitali è la statua della Vergine, collocata sull'angolo destro della facciata di S. Michele in Foro, come attesta, appunto, lo stemma del committente, tra il 1476 ed il 1480. Perduto è il sepolcro di S. Romano commissionato al Civitali (1490).
Tra il 1484 ed il 1488, sempre per commissione del B., Cristoforo dei Canozzi da Lendinara aveva dotato la Sagrestia della Cattedrale di armadi per la conservazione dei sacri arredi, molti dei quali dovuti anche alla munificenza, davvero inesauribile, del B. come attesta, appunto, il lungo e minuzioso inventario iniziato nel 1492 dall'interior sacrista Ruberto Guinigi. Il 13 febbr. 1494, poi, il B. aveva ordinato a maestro Iacopo da Villa ed al genero di lui Masseo di Bertone Civitali, nipote dello scultore ed allievo del Lendinara, il coro della tribuna. Se di questo lavoro non resta traccia da quando fu rimosso, più fortunati i due artisti furono nella porta maggiore della stessa chiesa, commissionata loro dal B. nel 1497, ed in quelle laterali sulle quali, se manca il relativo documento, la critica è ormai unanime nell'attribuzione.
Secondo il Paoli-Puccetti si deve attribuire al mecenatismo dei B. anche la preziosa pala conservata in S. Iacopo di Gallicano, paese natale del committente che lo stesso avrebbe ordinato al suo coetaneo Luca della Robbia in epoca imprecisata, non essendo mai stato ritrovato il relativo documento. Nel 1486, come attesta l'iscrizione posta sulla porta principale, il B., per ordine di Innocenzo VIII, aveva fatto edificare, in Gallicano, l'attuale pieve di S. Giovanni, sulle rovine di un'antica pieve. La chiesa era ed è tuttora adiacente alla casa patema del Bertini.
La munificenza del B. non si esaurì in queste sole opere: dopo aver fondato e dotato in S. Martino tre cappefianie perpetue, quella del Corpo di Cristo, quella di S. Croce e l'ultima di S. Sebastiano; dopo aver fatto costruire, sempre secondo le fonti lucchesi, "il sopra cielo" nella basilica di S. Frediano ed altri lavori in S. Maria Corteorlandini, con il testamento rogato il 27 genn. 1501 e rimasto invariato nella parte sostanziale nonostante i numerosi codicilli, il B. nominò eredi del vistoso patrimonio le fanciulle povere dello Stato lucchese che andavano a marito o entravano in religione.
Il B. morì il 23 marzo 1506. Come premio delle sue benemerenze, il 7 gennaio 1461 dall'imperatore Federico III e il 31 genn. 1476 da Sisto IV aveva ricevuto rispettivamente il titolo di conte palatino e di conte del sacro palazzo lateranense (Archivio Notari, n. 739, cc. 156 r - 159 v).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Lucca, Biblioteca, ms. n. 124: B. Baroni, Famiglie lucchesi, c. 171; Ibid., ms. n. 20: Id., Alberi di famiglie, c. 152; Lucca, Bibl. Governativa, ms. n. 1505; G. V. Baroni, Notizie genealogiche delle famiglie lucchesi, cc. 713-763; Ibidem, ms. n. 2589: F. Bendinelli, Abbozzi di storia lucchese, cc. 208 ss.; Arch. di Stato di Lucca, Anziani al tempo della libertà, n. 766: Cronol. dei Signori della Eccellentissima Repubblica di Lucca dall'anno di N. S MCCCLXVIIII fino a tutto l'anno MDC, c. 266: Lucca, Bibl. Governativa, ms. n. 2599: A. Jova, Annali, cc.943 ss.; Arch. di Stato di Lucca, Biblioteca, ms. n. 175: Miscellanea lucchese; Pii Secundis Pontificis Max. Commentarii rerum Memorabilium, Francofurti 1615, pp. 298-792, lett. 497; Regio Arch. di Stato in Lucca, Regesti, Carteggio degli Anziani, IV, Lucca 1907; V, Pescia 1943; G. Tommasi, Sommario della storia di Lucca, in Arch. stor. ital., X(347), documenti, p. 225; A. Carina, Dei Bagni di Lucca. Notizie topogr. storiche e mediche, Firenze 1866, pp. 172-174; S. Bongi, Inventario dei r. Arch. di Stato in Lucca, I, Lucca 1872, p. 72; M. Ridolfi, Scritti d'arte e d'antichità, Firenze 1879, pp. 127-133; E. Ridolfi, L'arte in Lucca studiata nella sua cattedrale, Lucca 1882, pp. 125 ss.; C. Minutoli, Di alcune opere di belle arti della Metropolitana di Lucca…, in Atti d. R. Accad. lucchese di scienze, lett. ed arti, XXI(1882), pp. 48-83; G. Sforza, Papa Nicolò V, Lucca 1884, pp. 227-274; P. Barsanti, Il pubblico insegnamento in Lucca dal sec. XIV alla fine del sec. XVIII, Lucca 1905, pp. 86-88; I. Taurisano, I Domenicani in Lucca, Lucca 1914, pp. 7, 35; P. Guidi, La "Pietà" di Lammari e la "Pietà" di Segromigno, in Arte crist., III (1915), 3, pp. 66-78; P. Guidi-E. Pellegrinetti, Inventari del vescovato della cattedrale e di altre chiese di Lucca, in Studi e testi, n. 34, Roma 1921, pp. 256-272; G. Calamari, Il confidente di Pio II card. I. Ammannati - Piccolomini, Roma 1932, II, pp. 484 ss.; F. Meli, L'arte di Matteo Civitali, Lucca 1936, pp. 39, 40; S. Paoli-Puccetti, Di messer D. B. da Gallicano (1417-1506), Pescia 1936; E. Lazzareschi, Il beato Bernardino da Feltre, gli Ebrei e il Monte di Pietà in Lucca, in Boll. stor. lucchese, XIII,(1941), pp. 12-43; Id., Relazioni fra il Magnifico Lorenzo e la Signoria di Lucca, in La Rinascita, IV(1941), pp. 342 ss.; Id., Prototipografi lucchesi e germanici, in Studi e Ricerche sulla storia della stampa dei Quattrocento, Milano 1942, pp. 191-196.