BOLLANI, Domenico
Figlio di Francesco, nacque a Venezia verso la metà del XV secolo. Laureatosi in legge, si distinse come oratore e come esperto giureconsulto, ricoprendo incarichi di una certa importanza nella vita pubblica veneziana. Fu ambasciatore presso i Turchi nel 1483, con l'incarico di dissuadere il sultano dal progettato accordo con il Regno di Napoli; savio di Terraferma nel 1487, duca a Candia nel 1496, membro del Consiglio dei Dieci nel giugno del 1497 ed in seguito avogador di Comun. Nel 1498 fu nominato luogotenente a Udine, in un momento di particolare tensione nella zona di confine attorno a Gorizia e a Cormons, a causa della pretesa imperiale di rendere esecutiva la concessione in feudo al duca di Sassonia di alcune località del Friuli e di interferire nell'elezione del patriarca di Aquileia. Il B. organizzò la difesa facendo erigere fortificazioni e ammassando truppe. Nel 1499 alla minaccia imperiale si aggiunse quella turca: nell'estate truppe ottomane attraversarono il Tagliamento, saccheggiando il paese e commettendo atrocità di ogni genere. Il B. riuscì però a contenere le infiltrazioni e costrinse i Turchi a ritirarsi.
Nel gennaio del 1500 il B. venne nominato provveditore in Lombardia, ma non assunse la carica perché contemporaneamente entrò in Collegio come consigliere. Rimase in carica un anno, durante il quale fu particolarmente attivo sia nel campo legislativo, sia nelle discussioni di politica estera. Spesso però, essendo per tradizione familiare un "papalista", cioè un fautore della Curia romana, veniva estromesso dai consigli, quando si doveva decidere su questioni di carattere religioso o giurisdizionale; per la stessa ragione venne escluso nel novembre del 1503 dallo scrutinio indetto per eleggere un ambasciatore da inviare al papa.
Nel biennio 1501-02 fu capitano a Cremona, città piuttosto turbolenta e insofferente del dominio veneziano. Nel maggio del 1501 fu scoperta una congiura; l'opera energica del B. valse a reprimere rapidamente il moto. I rivoltosi in parte fuggirono, in parte furono catturati. Per assicurarsi contro altri tentativi del genere il B. provvide a far fortificare il castello della città. Nell'agosto del 1501 fu nominato ambasciatore in Francia, ma rifiutò per dedicarsi all'opera di pacificazione di Cremona. Nel 1503 rientrò a Venezia e fu savio del Consiglio. Morì l'anno seguente e fu sepolto nella chiesa di S. Domenico di Castello in Venezia. Raffaele Regio gli dedicò la sua edizione delle Tusculanae Disputationes e Marsilio Ficino lo ricordò nel suo epistolario.
Fonti e Bibl.: Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, cod. Ital., cl. VII, 8304 (XV): G. A. Capellari Vivaro, Il CampidoglioVeneto, I, c. 166; Arch. di Stato di Venezia, M. Barbaro, Arbori de' patritii veneti, II, pp. 40; M. Sanuto, Diarii, I-VI e VIII, Venezia 1879-82, ad Indices; D. Malipiero, Annali veneti, in Arch. stor. italiano, II (1843), 1, p. 134; I libri commemorialidella Repubbl. di Venezia, a cura di R. Predelli, V, Venezia 1901, pp. 251, 306; E. A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, I, Venezia 1824, pp. 133 s.