BRESOLIN, Domenico
Figlio di Domenico, muratore, nacque a Padova nel 1813. Dapprima fece il decoratore; nel 1841 si iscrisse all'Accademia di Venezia ed ebbe maestri l'architetto F. Lazzari, i pittori G. Bagnara e T. Orsi, lo scultore L. Zandomeneghi (1842-43). Verso il 1845 andò a Firenze per studiare con Kardis Markó, paesaggista ungherese, il quale fu tra i primi artisti che preferirono lavorare all'aperto anziché nello studio, come, fino allora, era consuetudine anche per i pittori di paesaggio. Nello stesso periodo soggiornò a Roma dove espose con successo i paesaggi eseguiti a Firenze; espose poi a Milano quelli dipinti a Roma e, tornato a Venezia, i quadri rimasti invenduti e altri di soggetto veneziano. Per passione e per incrementare i guadagni, cominciò a interessarsi anche di fotografia, novità che, in quel tempo, pareva dovesse far diminuire il lavoro dei pittori paesaggisti: praticava la tecnica della talbotipia, che consisteva nel fissare le immagini della camera oscura sulla carta o sul vetro (così chiamata dal nome dell'inventore W. H. F. Talbot); tale tecnica avrebbe soppiantato la dagherrotipia, che faceva fissare le immagini sulla lamina argentea. Nel 1854 il B. era indicato tra i soci dell'Accademia con la qualifica di "pittore paesista e fotografo". Nel 1864 ottenne la cattedra di paesaggio dell'Accademia, che era stata fino al 1852 di G. Bagnara.
Il B. volle che i suoi allievi lavorassero all'aperto e riuscì a farsi dare i fondi per portarli anche in terraferma, affinché si familiarizzassero con ambienti diversi da quello eccezionale di Venezia, dove erano indotti a divenire epigoni del Canaletto e dei Guardi. Le sue convinzioni erano considerate rivoluzionarie nelle altre accademie. La sua scuola era frequentata anche da molti stranieri; fra gli allievi veneti raggiunsero fama duratura G. Ciardi, G. Favretto, L. Nono, A. Milesi, E. Tito.
Il B. morì a Venezia nel 1899.
Il suo modo di dipingere non era rifinito secondo il gusto più diffùso nel tempo, ma era piuttosto a forte chiaroscuro, a pennelIate disfatte, quasi ad impressione, con luci di tramonto e riflessi suggestivi. Aveva perciò iniziato tecniche pittoriche assai affini a quelle adottate più tardi dai macchiaioli. Ciò nonostante il suo nome fu presto dimenticato: molti suoi dipinti, nel commercio e nelle collezioni, sono attribuiti a G. Ciardi. Ma il grande sviluppo assunto dallo studio del paesaggio, nel Veneto, alla fine del sec. XIX e all'inizio del XX, è dovuto anche alla passione che il B., modesto e tenace, seppe infondere nella scuola.
Suoi dipinti si trovano ad Este (raccolte Tasinato e Giarretta), a Padova (Banca cooperativa popolare), a Venezia (Galleria d'arte moderna).
Fonti e Bibl.: N. Pietrucci, Biografia degli artisti Padovani Padova 1859, p. 45; N. De Gubernatis, Dizionario degli artisti italiani viventi, Firenze 1889, p. 76; Catalogo della mostra tenuta a cura del Comune di Este, Este 1948; E. Bassi, L'Accademia di Belle arti nel suo bicentenario (catal.), Venezia 1950, pp. 73-75 (cfr.recens. di U. Apollonio, in Arte veneta, IV [1950], pp. 171-73 [passim]);E. Lavagnino, L'arte moderna, Torino 1956, pp. 426 s.; U. Thieme-F. Becker, Küstlerlexikon, IV, p. 76.