BUONINSEGNI, Domenico
Nacque a Firenze, molto probabilmente nel 1384, da Leonardo di Domenico e da Piera di Lapaccino del Toso; la sua era un'antica famiglia fiorentina, ricordata per la prima volta nel sec. XII, quando raggiunse una posizione eminente grazie ad attività commerciali e industriali. Abbastanza improbabile, per ragioni cronologiche, appare la tradizione secondo cui il B. avrebbe partecipato in gioventù alle discussioni che si tenevano nella cerchia di Coluccio Salutati durante la permanenza nella città del Crisolora; in ogni caso egli si legò di stretta amicizia con Niccolò Niccoli (più tardi uno dei suoi sedici esecutori testamentari), Roberto de' Rossi, Ermolao Barbaro e altri umanisti da cui probabilmente mutuò le inclinazioni verso la letteratura e la storia. Nel 1404 fu immatricolato nell'arte della lana, e per i successivi cinquant'anni si dedicò alle attività economiche e politiche. Ebbe cinque figli (Francesco, Niccolò, Caterina, Roberto e Piero) e dovette sposarsi due volte, per quanto non sembra che restino documenti del suo primo matrimonio; nel secondo, avvenuto nel 1425, si unì con una Piera di Filippo di messer Ruberto. Inizialmente possessore di un "fondaco", il B. fece poi investimenti anche nell'industria della seta. Dalle sue denunzie al catasto rileviamo però che, dopo il 1430, egli subì una serie di rovesci economici e che la sua posizione finanziaria fu seriamente danneggiata, quando invece nel 1427 era stato uno dei più ricchi abitanti del quartiere di S. Maria Novella, venendo tassato per una somma di più di cinquanta fiorini. Intorno al 1451 il B. aveva liquidato tutti i suoi investimenti commerciali, mantenendo solo alcuni possedimenti terrieri, tanto che venne tassato per soli sette fiorini e mezzo: Vespasiano da Bisticci ricorda che negli ultimi anni di vita il B. integrava le sue entrate con lezioni private e copiando codici geografici.
Partecipò attivamente alla vita politica del Comune ricoprendo numerose cariche nel governo della città prima e dopo il 1434: per quattro volte fece parte della Signoria (1417, 1435, 1441, 1451)e degli Otto di guardia (1431, 1443, 1449, 1456); per due dei Dieci di Balia (1437, 1450;per tre della Zecca (1433, 1437, 1450); per tre volte fu provveditore della Camera del Comune (1427, 1431, 1440), e ricoprì numerosi altri uffici, molti dei quali collegati con l'amministrazione fiscale del Comune. La misura del suo prestigio politico è fornita dal fatto che, nella borsa per il Priorato, preparata sulla base dello squittinio del 1449, egli ottenne quattro polizze per la carica di gonfaloniere di Giustizia, più di ogni altro abitante del suo quartiere.
Gli ultimi dieci anni della sua vita il B. li dedicò al completamento della sua Historia fiorentina; morì a Firenze nel marzo del 1466.
Al contrario di quanto comunemente si crede, Historia fiorentina non fu ideata come un'opera originale. Intrapresa in tarda età, era stata progettata, come il B. afferma nel proemio che non fu stampato nell'edizione dell'opera, come una compilazione di già esistenti cronache e storie della città. Il proemio dell'opera è stato rintracciato nei tre più antichi manoscritti dell'Historia, tutti appartenenti alla Bibl. naz. di Firenze, fondi Nazionale II.4. 41 (probabilmente l'originale) e Palatino 467 e 504, entrambe copie autorizzate dal figlio minore del B., Piero. In tutti e tre la redazione del proemio è identica e la sua autenticità, pertanto, è indiscutibile. In esso il B., dopo aver lodato il lavoro degli antichi epitomatori (viene invocata l'autorità di Giustino), prosegue affermando: "intendo in nella presente opera pigliare l'effecto sotto brevetà della cronica overo storia composta da Giovanni de' Villani, cittadino di Firenze, et de' suoi successori". Quindi egli afferma che nella sua "breve reductione" si occuperà soltanto della storia della sua città natale, tralasciando quella di "paesi strani e longinqui". Oltre alle cronache di Giovanni, Matteo e Filippo Villani, egli si basa in gran parte sulla Cronica volgare di Anonimo Fiorentino, già attribuita a P. Minerbetti (in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XXVII, 2) sul Priorista Fiorentino di Pietro Pietribuoni (Bibl. naz. di Firenze, cod. Conv. Soppr. C. 4 895) e sulle opere di L. Bruni, Historiarum Florentini populi libri XII e Rerum suo tempore gestarum commentarius (entrambe in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XIX, 3). La compilazione del B. servì come fonte a Zembino da Pistoia, conosciuto come Sozomeno, per il suo Chronicon universale (in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XVI, 1). I primi sette libri della Historia furono pubblicati da G. Marescotti a Firenze nel 1580 (attribuendo a torto la loro paternità al figlio Piero) e gli ultimi due da G. B. Landini a Firenze nel 1637.
Oltre all'Historia, alcuni epigrammi, rintracciati nel cod. Q II 18 (107) della Bibl. Roncioniana di Prato, sono stati attribuiti al B., come anche poche poesie contenute nel ms. 2796 della Bibl. Riccardiana di Firenze.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Carte dell'Ancisa, AA, ff. 370, 503; GG, ff. 248 ss.; KK, ff. 136, 356, 367; Ibid., Catasto, 77, ff. 377r-379v; 369, ff. 84r-357r; 464, ff. 320 r-322r; 709, ff. 360rv; 818, ff. 139r-140v. Per l'elenco degli uffici ricoperti dal B., Ibid., Tratte, 67, ff. 50, 81, passim; Vespasiano da Bisticci, Vite di uomini illustri del sec. XV, a cura di P. D'Ancona ed E. Aeschlimann, Milano 1951, pp. 530-532; D. Moreni, Bibliogr. storico-ragionata della Toscana, I, Firenze 1805, pp. 191 s.; E. Santini, L. Bruni Arerino e i suoi "Historiarum Fiorentini populi libri XII", in Annali della R. Scuola normale superiore di Pisa, XXII (1910), pp. 103 5.; V. Follini, Discorso sulla storia di D. di Lionardo B., in Collezione d'opuscoli scientifici e letterari XXI, Firenze 1816, pp. 43-57; L. Martines, The Social World of the Florentine Humanists, Princeton 1963, pp. 321 s.; A. Molho, D.di Leonardo B.'s Istoria Florentina, in Renaissance Quarterly, XXIII (1970), pp. 256-66.