CORBELLINI, Domenico
Figlio di Antonio e di una Aurelia, nacque a Pellio Superiore (prov. di Como) intorno al 17 16; architetto, ingegnere, perito, capomastro, a seconda delle circostanze e delle richieste, rappresenta molto bene la figura del tecnico dai poliedrici interessi quale veniva richiesto in quei tempi; fa parte della nutrita famiglia di capimastri architetti originari del Comasco ed operanti a Brescia e nel Bresciano.
Inizialmente forse collaboratore del padre per la costruzione del campanile di Capriano del Colle, fu impegnato negli anni 1742-41, insieme a Girolamo Bedesco alla realizzazione di un altare nella parrocchiale di S. Paolo ad Esine, come risulta da una bolla di pagamento per uno suo viaggio (Esine, Arch. parrocchiale). Tra il 1743 e il 1746 potrebbero essergli riferite la chiesa di S. Rocco ad Isco, l'oratorio Bonaldi a Castenedolo e l'oratorio Inselvini a Bornato, secondo l'ipotesi di S. Guerrini (1981); dal 1747 (negli anni precedenti compare come garzone e poi come architetto) subentrò al padre nella costruzione della parrocchiale dì Coccaglio, mentre nel 1748 progettò la parrocchiale di Pontoglio, la sua prima grande opera. In questa, più che nella restante produzione, si avvertono il possibile influsso della contemporanea chiesa della Pace in Brescia, opera di G. Massari, ed i legami del C. con i padri della Pace già allacciati ai tempi della costruzione dell'altare di Esine.
La parrocchiale di Pontoglio presenta uno schema planimetrico notevolmente rigido, organizzato su una successione ripetuta di moduli alternati, come nell'opera paterna di Coccaglio, uno stretto ed uno largo con cupola mistilinca oblunga, fino alla calibrata terminazione presbiteriale. All'intemo colonne addossate al muro ed in esso inserite per un quarto ed il solito repertorio di lesene che emergono anche all'estemo a definire, in concorso con quattro colonne, le due centrali più avanzate, il risalto della facciata.
Negli anni successivi il C. lavorò probabilmente alla parrocchiale di San Felice sul Benaco ed alla parrocchiale di Collio (non realizzata però secondo l'impianto originario: cfr. il disegno presso l'Archivio vescovile di Brescia).
Nel 1751 il C. realizzò la sua opera maggiore, la chiesa di S. Lorenzo di Brescia.
Forse la non concorde attribuzione della realizzazione della chiesa, assegnata al fratello del C., Carlo, da vari autori sulla scorta del Fè d'Ostiani (1927) ed al C. da molti autori derivati da P. Guerrini (1940), è stata alimentata da una certa imprecisione nelle parole dell'allora prevosto Dolfin riportate dal Guerrini: "1751, 1 Aprile. Ho accordato il sig. Domenico Corbellini per Capo mistro: ogni anno dovrò fare allo stesso una ricognizione, la quale è rimessa a me ed io doverò aver riguardo alle utilità apportate da esso alla Fabbrica ed à suoi incommodi. Esso poi mi fa la carità di riconoscere questa Fabrica come sua e fedelmente mi darà in debito circa le giomate solo quelle che da lui sarà accordato".
Ma ancora maggiori incertezze sono state alimentate dalla differenza tra la pianta originale, fino a poco tempo fa non rinvenuta e conosciuta solo attraverso una riproduzione pubblicata dal Guerrini (1940), ma ora rintracciata nell'Arch. vescovile di Brescia, e la pianta della chiesa effettivamente realizzata. La prima, di impostazione molto chiara e lineare, denunciante un volume omogeneo all'estemo ed invece molto differenziato all'interno, si articola in tre zone: quella presbiteriale, quella centrale più ampia e la navata antistante artificialmente ridotta in larghezza da due grandi vani fiancheggianti fino a pareggiare lo spessore della. fabbrica. La facciata, avanzata e separata con due pilastri quadrati dalla testa della navata, quasi sorta di nartece, è poi dilatata da due cappelle laterali per lato comunicanti tra di loro. Tutto l'organismo e giocato su iemplici lesene e semicolonne addossate.
La costruzione realizzata presenta, invece, una pianta notevolmente più complessa, articolata in una successione di spazi di dimensioni sempre variate e tale da accentuare quella tematica della pianta centrale allungata, ricerca dominante nelle chiese tardobarocche, anche bresciane. Diversità quindi fondamentale di concezione architettonica ed anche di partito decorativo: la costruzione è organizzata con un linguaggio molto più maturo ed un lessico più ricco, dove un maggiore movimento plastico si avvale anche dell'inserimento di colonne a tutto tondo oltre che di una maggiote elaborazione della grammatica tradizionale.
La facciata di S. Lorenzo raffigurata nell'incisione di D. Cagnoni riportata in G. P. Dolfin (Il tempio di Dio o sia la giustificazione dell'uomo simboleggiata nella fabbrica d'un tempio materiale..., Brescia 1760) presenta la parte centrale più alta, corrispondente alla navata, omata da comicioni, timpani triangolari altemati a timpani curvi, fiancheggiata da due bassi corpiccioli balaustrati e sormontati da statue. La cupola è racchiusa in un alto tamburo coperto a tetto, rinfiancato da robuste lesene che gli conferiscono un andamento mistilineo fatto di concavità e di convessità secondo i più celebri modelli barocchi romani, ma in realtà molto esaltato rispetto alla sua effettiva realizzazione.
La parrocchiale di Castrezzato (1751), l'altare della Provvidenza per la parrocchiale di Manerbio (1755), il progetto per la parrocchiale di Manerba (1760), l'oratorio Brozzoni a Caino (1760), la SS. Trinità a Gambara (1766) e S. Rocco ad Isorella (1774) gli vengono attribuiti da S. Guerrini (iggi), che scarta, per quest'ultima, la già avanzata proposta di attribuzione all'architetto lonatese Paolo Soratini. Un'ultima opera attribuitagli è la parrocchiale di Gargnano (1785).
La restante attività vede l'artista impegnato in costruzioni provvisorie (un tempio di Minerva) per ifesteggiamenti in occasione dell'ingresso in Brescia del cardinale G. A. Archetti (1785) ed in una preziosa opera di rilevazione di numerosi conventi bresciani in collaborazione con Carlo Merlini, svolta tra il 1769 ed il 1770, tuttora conservata parte presso l'Archivio di Stato di Brescia (Fondo Architetti), parte presso l'Archivio di Stato di Venezia (Fondo Provveditori Aggiunti sopra i Monasteri). I disegni, in genere piante e planimetrie, riguardano conventi sia della città che del territorio.
Un altro suo importante contributo è la rilevazione dei palazzo del Broletto di Brescia (Brescia, Biblioteca Queriniana, Archivio storico civico, b. 1441), che fa parte di quella attività di tipo ingegneresco svolta dal C. a seguito dell'incarico avuto nel 1763 relativo alla manutenzione di tutte le pubbliche fabbriche della Serenissima, del castello, dei ponti levatoi, delle porte cittadine (Ibid., b. 1321, fasc. 45).
L'incendio di Bagolino fornì l'ultima, occasione di lavoro al C., che si impegnò nella ricostruzione del paese con una perizia (1780) inviata a Venezia (Archivio di Stato di Venezia, Senato, Terra, filza 2710, allegato IV). Il C. visse ed operò in un primo tempo con il resto della famiglia, ed autonomamente da un certo periodo in poi; ne fanno fede le ininterrotte ed ingiuriose liti giudiziarie con il fratello Carlo a proposito di lasciti ereditari durate per circa un ventennio e documentate tra il 1773 ed il 1786 (Archivio di Stato di Brescia, Assistenza Pretoria, Processi civili, b. 263. fasc. 105).
Autore versatile, capace di slanci creativi e solidamente impostato nelle pratiche dell'architettura, il C. risentì dell'ambiente nel quale visse, a margine dei grandi movimenti di cultura, e non riuscì a liberarsi da certi schematismi che dalla consuetudine artigianale, desunta semplilicata dalla trattatistica, travalica, senza impennate e ripensamenti, direttamente nel clima classicistico dell'ultimo Settecento.
Il C. morì a Brescia il 21 maggio 1790 (Arch. di Stato di Brescia, Ass. Pretoria, Cedole testamentarie, b. 448, fasc. 77).
Fonti e Bibl.: Bologna, Accad. di belle arti, Atti dell'Accademia Clementina [ms. 1762], I, cc. 313, 315 (aggregaz. come accademico d'onore, 18 apr. 1762, e Sua accettaz.); Cronaca Dionisi [sec. XVIII], in P. Guerrini, Cronache bresciane ined., III, Brescia 1929, p. 322; S. Fenaroli, Diz. d. artisti bresciani, Brescia 1887, p. 103; L. F. Fè d'Ostiani, Storia, tradizione ed arte per le vie diBrescia [1927], Brescia 1971, p. 66; P. Guerrini, La parrocchia di S. Pietro di Castrezzato, in Memorie stor. d. diocesi di Brescia, XII (1934), pp. 270-273; Id., La chiesa prepos. di S. Lorenzo in Brescig., ibid., XVIII (1940), p. 39; A. Sina, Esine; storia di una terra camuna, Brescia 1946, p. 330 s.; U. Vaglia, La demolita chiesa di S. Silvestro in Comero, in Mem. stor. d. dioc. di Brescia, XXX (1963), pp. 4 ss.; G. Cappelletto, L'architettura dei secc. XVII e XVIII, in Storia di Brescia, III, Brescia 1964, p. 374; S. Guerrini, Progetti di chiese bresc. dei secc. XVII e XVIII. Due progetti ined. di Antonio e D. Corbellini in Brixia sacra, XIII (1978), pp. 144-48; L. Dionisi, L'incendio di Bagolino, Brescia 1979. p. 174 s.; Il volto storico di Brescia, III, Brescia 1980, pp. 166 s.; S. Guerrini, Chiese bresciane dei sec. XVII e XVIII, Brescia 1981, pp. 33-37; Società e cultura nella Brescia del Settecento, R. Boschi, Le alternative del Barocco, Brescia 1981, p. 100; A. Rapaggi, in Le alternative del barocco... Architetti, chiese e Palazzi (catal.), a cura di R. Boschi, Brescia 1981, p. 119; R. Boschi-R. Morrone, P. Soratini architetto lonatese, Brescia 1982, p. 47.