COSTANTINO, Domenico
Figlio di Pietro e di Maria La Barbera, nacque a Palermo il 20 ott. 1840. Precocissimo, dopo un primo apprendistato alla bottega di Gaetano Geraci, modesto decoratore palermitano, fu ammesso appena undicenne nello studio dello scultore Valerio Villareale. Sotto la sua guida il C. assimilò quel gusto neoclassico d'ispirazione aulica che caratterizzava l'opera del maestro e che tanto influì sulla formazione del suo linguaggio artistico. Morto il Villareale nel 1854, il C. studiò disegno presso Giovanni Patricolo e, dopo aver superato un esame, si iscrisse all'Accademia di belle arti di Palermo, seguendo le lezioni di nudo del pittore Salvatore Lo Forte.
Visse quasi sempre a Palermo, tranne brevi soggiorni di studio, nel corso degli anni giovanili, a Roma e a Firenze; fu appunto a Firenze che conobbe e strinse amicizia con G. Dupré, con il quale mantenne una lunga affettuosa corrispondenza, purtroppo dispersa. Questi contatti con il Dupré e con il suo realismo romantico, trascurati dalla critica, ebbero invece una importanza notevole nella vicenda artistica del C.: egli, infatti, nel corso della sua attività finì con l'adeguare il suo stile a quella formula che metteva insieme verismo e accademia, il "vero" con il "bello", teorizzata e così insistentemente praticata proprio dal Dupré.
Negli anni successivi al 1860 il C. aprì uno studio alla Gancia, nel cuore della vecchia Palermo, ed iniziò autonomamente la sua lunga carriera di scultore, subito accompagnata dal successo. Il primo lavoro, infatti, un busto di donna oggi perduto, gli valse il primo premio all'Esposizione provinciale (Alfano, 1909, p. 4). Da quel momento le commissioni pubbliche e private si moltiplicarono e sull'onda dominante del patriottismo, seguita alla proclamazione del Regno d'Italia, gli venivano richiesti soprattutto statue e busti di patrioti siciliani, e angeli e medaglioni per i monumenti funerari di nobili famiglie.
È impossibile seguire anno per anno la vastissima produzione del C., disseminata com'è in chiese, palazzi, istituti e cimiteri di Palermo e di altre città della Sicilia. Basterà ricordare, nella chiesa di S. Domenico a Palermo, il monumento a Ruggero Settimo (1865), dove scolpì un medaglione e una Testa d'angelo ritenuta il suo capolavoro (il bozzetto di quest'opera, di delicata fattura, si conserva nella Galleria d'arte moderna di Palermo); per la stessa chiesa di S. Domenico, Pantheon dei siciliani illustri, il C. eseguì, per incarico del comune di Palermo, il monumento a Emerico Amari (1875) con un bassorilievo raffigurante le Virtù teologali.
Un'altra commissione ufficiale importante fu il monumento a Carlo Cottone principe di Castelnuovo (1873), nella piazza Castelnuovo a Palermo, di fronte al Politeama.
Secondo i dettami romantici della celebrazione delle glorie patrie e dell'esaltazione delle virtù civiche, il patriota e statista siciliano è raffigurato in piedi, nel costume dell'epoca, con la fronte aggrottata e in atteggiamento di eroica fierezza.
Si devono inoltre al C. quattro grandi Aquile (1876), ad antefissa, in cemento ma stuccate ad imitazione del marmo, collocate in cima agli angoli del palazzo pretorio, e le due Sfingi egizie (1877), in marmo di Billiemi, ai lati della gradinata di piazza Pretoria, lavori eseguiti nel quadro degli interventi di riadattamento del palazzo comunale di Palermo dopo l'Unità. Nel 1884, per incarico del ministro della Pubblica Istruzione M. Coppino, il C. eseguì due grandi statue in marmo raffiguranti S. Francesco d'Assisi e S. Chiara, donate dal re Umberto I a uno dei santuari di Gerusalemme.
Fra i tanti busti marmorei del C., si ricordano a Palermo quelli di Domenico Peranni, sindaco di Palermo, e di Pietro Lanza, principe di Scordia, nella Sala gialla del palazzo pretorio; i busti di Domenico Scinà, di Giuseppe Gioeni, di Giuseppe Piazzi, di Nicolò Cacciatore, di Giordano Bruno, tutti nella sede centrale dell'università; il busto di Pietro Bonanno, sindaco di Palermo, nel giardino di villa Bonanno; il busto di Filippo Cordova, alla Società siciliana di storia patria, dove pure si conserva nell'attiguo Museo del Risorgimento (sala Meli), un vibrante bozzetto raffigurante il poeta Giovanni Meli.
Della prolifica produzione "funeraria" del C., quale decoratore di tombe e di cappelle gentilizie, tra le sue cose migliori vengono ricordati dai biografi (Alfano, 1909, p. 5; Diz. d. Siciliani illustri, 1939) gli Angeli della tomba Stabile e il medaglione della tomba di Giuseppina Turrisi nel cimitero di S. Maria di Gesù a Palermo, gli Angeli della tomba di Abele Damiani a Marsala e quelli della tomba di Salvatore Romano a Termini Imerese.
La Galleria d'arte moderna di Palermo conserva nei suoi depositi un nutrito gruppo di bozzetti, piccole statue marmoree e calchi in gesso del C., in larga parte non datati ma riferibili agli ultimi decenni dell'Ottocento e ai primi anni del Novecento. Due bronzetti, uno raffigurante Giuda e l'altro Beatrice di Savoia difende le mura di Torino, un piccolo marmo dal titolo Il pianto (1867) e la già citata Testa d'angelo (1865) provengono dalla collezione di Edoardo Alfano, biografo e grande estimatore del C., che ne fece dono al comune di Palermo nel 1918. Sono invece dono del C. un gruppo di calchi in gesso (Angelo inginocchiato con corona, La baronessa Riolo, S. Chiara, Mezzo busto di donna), molto danneggiati dagli eventi bellici del 1943.
Nessuna traccia è rimasta dell'attività di ceramista del C.; sappiamo che studiò a lungo la tecnica della ceramica e che fece costruire nel suo studio un forno adatto, con l'intento di incrementare la produzione di ceramiche siciliane della fabbrica del barone Malvica. Egli stesso modellò alcuni pezzi, oggi introvabili, imitando le celebri ceramiche dei Della Robbia e delle fabbriche di Gubbio e di Faenza.
Nell'ultimo decennio del secolo e fino alla morte l'attività del C. tese a inaridirsi e sclerotizzarsi in forme sempre più accademiche nella monotona ripetizione di cifre stilistiche convenzionali. Le commissioni cominciarono così a diradare) mentre a Palermo, nel campo della scultura, sorgevano i nuovi astri di Domenico Trentacoste, suo allievo prediletto, di Mario Rutelli e dello Ximenes. Oltre al celebre Trentacoste, da lui amato quasi come un figlio, ebbe fra i suoi numerosi allievi Giuseppe Inghilleri, Salvatore Profeta e Gaetano Geraci.
Il C. morì a Palermo l'11 agosto del 1915.
Fonti e Bibl.: P. S. Lanza di Trabia, La scultura in Sicilia nei secoli XVII, XVIII e XIX, in Nuove Effemeridi siciliane, s. 3, X (1880), p. 146; E. Alfano, D. C. scultore palermitano, Palermo 1909; S. Scozzari, Il cimitero di S. Maria di Gesù di Palermo, Palermo 1909, pp. 31 s.; M. Musso, Illustrazione del Pantheon sicil. nel tempio di S. Domenico in Palermo, Palermo 1910, pp. 45 ss., 116-19; Diz. d. Siciliani illustri, Palermo 1939, p. 137; P. Sgadari di Lo Monaco, Pittori e scultori sicil. dal Seicento al primo Ottocento. Palermo 1940, p. 35; G. Bellafiore, La civiltà artistica della Sicilia, Firenze 1963, p. 54; A. Barilaro, S. Domenico di Palermo, Palermo 1971, pp. 108 s., 136 s.; R. Collura, La Civica Gall. d'arte moderna "Empedocle Restivo", Palermo 1974, p. 108; F. Brancato, Il Museo del Risorgimento, Palermo 1975, p. 92; P. Gulotta, Il Palazzo delle Aquile, Palermo 1980, pp. 99 s., 116 s.; F. Grasso, Ottocento e Novecento in Sicilia, in Storia della Sicilia, X, Palermo 1981, p. 183.