DELLA ROVERE, Domenico
Nacque in Piemonte nel 1442 da Giovanni dei signori di Vinovo e da Anna Del Pozzo. Non si sa se abbia avuto una preparazione universitaria, ma senza dubbio seguì le orme del fratello Cristoforo, protonotario apostolico. Tra il 1465 e il 1466 si trasferì a Roma, dove godeva della protezione del cardinale Francesco Della Rovere, il futuro Sisto IV, che dichiara in una lettera del 18 maggio 1468 a Cristoforo Della Rovere, fratello del D., di considerare quest'ultimo alla pari di un figlio. L'inizio della sua carriera ecclesiastica fu un lento procurarsi modesti benefici situati negli Stati sabaudi.
Sappiamo che il 7 febbr. 1465 ottenne, in cambio della parrocchia di S. Desiderio di Vinovo, la cappella di S. Maria in Tivoletto, che poi fece restaurare. Ma è da quando sali al pontificato Sisto IV, il quale mirava per mezzo dei benefici ad avvalorare un legame di parentela, in realtà inesistente, tra la propria famiglia e quella dei gentiluomini piemontesi, che le acquisizioni si fanno più rilevanti. Il D. ottenne canonicati ad Ivrea e a Losanna, le prepositure di S. Maria della Scala di Moncalieri e dei Ss. Antonio e Dalmazzo di Torino; un canonicato a Torino con la dignità di primicerio e la chiesa parrocchiale di Notre-Dame a Yverdon nella diocesi di Losanna nel febbraio 1472, la prepositura della cattedrale di Torino (aprile 1472) e un canonicato a Mondovi. Il 12 genn. 1474 ottenne il priorato di Villetta; il 4 aprile la prepositura di S. Maria della Stella a Rivoli. Vennero poi la commenda dell'abbazia di S. Mauro in Pulcherada, la prepositura di S. Pietro in Manzano a Cherasco (18 ag. 1475) e la chiesa di Carignano (16 luglio 1476).
Furono d'altronde piuttosto modesti i suoi progressi a Roma nella carriera ecclesiastica: protonotario apostolico il 29 dic. 1472 e poi cameriere segreto il 16 marzo seguente, dovette attendere la morte del fratello Cristoforo (1° febbr. 1478) per trovarsi improvvisamente innalzato ai massimi onori. Sisto IV gli trasferì infatti la maggior parte di quegli uffici e benefici che aveva concentrato nella persona di Cristoforo: il 10 febbr. 1478 il D. fu nominato cardinale del titolo di S. Vitale e il 21 dello stesso mese arcivescovo di Tarantasia. Fino al 24 novembre conservò la carica di castellano di Castel Sant'Angelo, esclusivamente allo scopo di chiudere la gestione di Cristoforo: comunque delegò i suoi poteri a un parente, Antonio Della Rovere.
Questa folgorante ascesa non mancò di sorprendere i contemporanei; questo spiega il ritratto poco lusinghiero lasciatoci di lui dal Gherardi, che non riusciva a spiegarsi come un semplice protonotario, senza doti particolari sebbene gradito a tutti, potesse così rapidamente entrare a far parte del Sacro Collegio. La nuova dignità fu per il D. un ulteriore stimolo alla caccia di benefici che gli consentissero di mantenersi all'altezza del suo rango: il vescovato di Corneto e Montefiascone (24 ag. 1478), il trasferimento al titolo cardinalizio di S. Clemente (13 ag. 1479), il vescovato di Ginevra (19 luglio 1482), che egli scambiò immediatamente - il 24 - con quello di Torino, non senza aver prima rinunciato a quello di Tarantasia. Il suo ruolo negli affari pontifici sembra pressoché inesistente: l'unica cosa degna di nota è che durante il pontificato di Sisto IV il D. era una delle "chiavi d'accesso" al papa, senza però che questo gli procurasse un qualche potere particolare. Comunque egli godeva ormai stabilmente del favore del pontefice, tanto che questi lo difese con fermezza quando il 5 apr. 1483 il re di Francia e il duca di Savoia gli scrissero per esprimere sorpresa per l'attribuzione al D. di alcuni benefici appartenenti all'Ordine di S. Antonio.
Il 20 giugno dello stesso anno il D. venne inviato come legato pontificio negli Stati sabaudi. Si ignorano le ragioni precise di questa missione, avvenuta mentre Sisto IV e il duca Carlo I erano in conflitto a proposito della designazione del titolare dell'episcopato di Ginevra. In questa situazione la singolare posizione del D., suddito del duca e legato pontificio, diede argomenti ad ambedue le parti, come si può dedurre da una lettera pontificia del 23 luglio 1483, quando il D. era ormai partito per il Piemonte (Arch. segr. Vaticano, Arm. XXXIX., t. 15, f. 344).
Il papa riconosce il favore che Carlo I gli ha reso autorizzando il D. ad avere dei benefici nei suoi Stati, ma allo stesso tempo fa notare al duca che deve ritenersi soddisfatto di avere un cardinale originario dei suoi Stati, cosa che non si verificava da molto tempo. Tuttavia il papa ricevette presto delle delusioni da parte del suo legato. All'inizio dell'agosto 1483 egli venne infatti a sapere che il D. aveva tolto un interdetto (non si sa bene quale ma doveva trattarsi di una questione piemontese, non di Ginevra) senza averne l'autorità. Egli inoltre aveva spinto il suo zelo al punto da far distruggere il castello e tagliare le vigne di Pietro di Piossasco, difensore dei diritti della S. Sede, di certo per accattivarsi le simpatie della corte sabauda. Il 4 agosto Sisto IV scrisse al D. una lettera durissima, in cui gli imponeva di ristabilire l'interdetto e di pagare a Pietro di Piossasco un'indennità, pena la perdita della legazione. Tutto venne risolto senza altri incidenti. Non sappiamo però come il D. abbia fatto fronte alla richiesta che Sisto IV gli aveva rivolto già l'i i luglio 1483, di indagare sul progetto del duca di Savoia di aumentare il pedaggio imposto ai pellegrini per l'uso dei ponti, allo scopo di assicurarne una migliore manutenzione.
Il 3 maggio 1484 il D. rientrò a Roma. In seguito, sotto il pontificato di Innocenzo VIII continuò ad accumulare benefici: la conunenda dell'abbazia di S. Cristina nella diocesi di Milano nel gennaio 1485, con rinuncia datata il 23 marzo a favore di Ottavio Arcimboldi; quella di Fossanova (17 nov. 1485); quella di Grammont nella diocesi di Cambrai (3 giugno 1489); di S. Cristoforo di Vercelli (8 giugno 1489); il priorato di, S. Andrea sempre a Vercelli (1° febbr. 1491). Il D. restò sempre il tramite obbligato per le'relazioni tra la corte sabauda e quella pontificia: a questo titolo assistette, il 25 febbr. 1485 in S. Pietro, alla cerimonia solenne in cui Carlotta di Lusignano cedette ai Savoia i suoi diritti sul Regno di Cipro. Durante il conclave che terminò con l'elezione di Alessandro VI, il D. non sarebbe rimasto indifferente alle promesse del card. Borgia.
Il 10 febbr. 1496 il D. venne nominato amministratore della diocesi di Ginevra in nome del minore Filippo di Savoia, amministratore perpetuo, ma delegò i suoi poteri a Jean de Loriol e in seguito (22 maggio 1497) si dimise, su richiesta del duca di Savoia, per lasciare il posto al vescovo di Losanna, Aymon de Montfaucon. Ottenne in seguito anche l'abbazia dei Ss. Pietro e Andrea di Rivalta (24 febbr. 1500) e quella di S. Michele a Pisa (10 nov. 1500).
Nella situazione di rischiosa incertezza derivante dalle relazioni tra Alessandro VI e il re di Francia Carlo VIII, sempre caratterizzate da un reciproco sospetto, il D. seguì il papa quando questi si ritirò a Orvieto, durante il passaggio frettoloso per Roma del re, diretto in Francia. Per due giorni (il 1° e il 2 giugno del 1495) Carlo VIII alloggiò nel palazzo del D. a Borgo, rifiutando l'ospitalità che il legato papale gli offriva in Vaticano: tuttavia il nome del D. non viene mai menzionato nei negoziati.
Si ha notizia del D. ancora nel febbraio 1501, quando il papa lo nominò depositario (insieme con gli altri cardinali capi d'ordine Carafa e Todeschini Piccolomini) delle somme raccolte per la crociata. Nell'anno precedente egli stesso era stato tassato sulla base di un reddito annuale di 10.000 ducati, mentre il cardinale Borgia lo era stato per 20.000, Giuliano Della Rovere per 5.000 e Alessandro Farnese per 2.000 ducati di rendita.
Sebbene avesse ottenuto, già il 24 genn. 1498, la facoltà di testare, il D. stese la redazione definitiva del testamento solo la mattina del giorno in cui morì, il 23 apr. 1501 a Roma.
A parte le disposizioni che riguardavano la sua salma (doveva essere portata a Torino, mentre il cuore sarebbe rimasto a Roma accanto al fratello Cristoforo), e oltre a diversi legati in favore di chiese e di feudi della sua famiglia, e alla restituzione di alcuni libri, presi a prestito dall'abbazia di Fossanova, egli dichiarava che l'acquisto dei castelli e dei granai che lasciava alla famiglia era stato possibile grazie ai notevoli profitti da lui realizzati attraverso il, commercio del bestiame ed altre attività lucrative non meglio specificate. Questo è uno dei dati più interessanti della personalità del D. e forse può in parte aiutarci a spiegare il suo scarso interesse per gli affari pubblici.
Solo alla morte del suo successore sul seggio episcopale di Torino il corpo del D. venne trasferito nella città piemontese e sepolto in cattedrale, nella cappella del Crocifisso che egli stesso aveva fatto costruire. Dopo essere state collocate altrove nel 1584, le spoglie mortali del D. nel 1830 furono deposte nella cripta.
Più che per la sua attività politica - di rilievo ben modesto - il D. è noto come committente di opere d'arte, in cui è evidente il nascente gusto per l'antico che caratterizza la produzione italiana del primo Rinascimento. La sua residenza di Borgo, odierno palazzo dei Penitenzieri nell'antica piazza Scossacavalli (dove oggi è via della Conciliazione), fu fatta da lui costruire sul modello di palazzo Venezia: secondo il Vasari, l'autore dei disegni sarebbe stato Baccio Pontelli, ma la critica moderna vi vede piuttosto la mano di Meo dei Caprina o di Giacomo da Pietrasanta. L'edificio, cominciato verso il 1480, era già terminato prima che il D. morisse. Il Pinturicchio, con l'aiuto del Pastura, lavorò alla decorazione a fresco di cui restano frammenti in quattro sale dell'edificio. Nel palazzo, come pure in altre costruzioni da lui commissionate e sulle rilegature dei manoscritti da lui posseduti, si possono notare le sue armi, che si distinguono da quelle della famiglia di Sisto IV per l'aggiunta delle lettere SI), iniziali del suo motto SoliDeo. A S. Maria del Popolo, in Roma, il D. intorno agli anni 1488-90 fece eseguire dal Pinturicchio la decorazione a fresco della cappella di S. Girolamo dove riposava il fratello Cristoforo. Ad Andrea Bregno si attribuisce tradizionalmente il progetto architettonico del complesso, compreso il monumento funebre di Cristoforo con la statua del defunto, per cui si valse della collaborazione di Mino da Fiesole, al quale si attribuisce la scultura della Madonna nella lunetta del sepolcro, un motivo caratteristico, destinato a godere di grande fortuna nei monumenti funebri costruiti in seguito. Intorno al 1477 i due fratelli, Cristoforo e il D., avevano comperato ciascuno una cappella nella chiesa di S. Maria del Popolo, che Sisto IV stava facendo ricostruire da cima a fondo: il 16 dic. 1488 il D. rivendette quella di S. Caterina al cardinale di Portogallo Giorgio Costa, al prezzo di 200 ducati d'oro di Camera.
Non si ha ricordo di migliorie apportate dal D. alla cattedrale di Moûtiers, sua prima sede vescovile. Per altro egli fece ricostruire la cattedrale di Torino e diede inizio al restauro di quella di Montefiascone. I disegni della cattedrale di Torino furono senza dubbio realizzati da Meo del Caprina; il 22 luglio 1491, alla presenza della duchessa Bianca di Monferrato, fu posta la prima pietra, mentre la dedicazione avvenne nel 1498 e solo il 20 sett. 1505 il successore del D. a Torino, suo cugino Gianluigi, consacrò la nuova cattedrale. In questa città il D. cominciò anche la costruzione del collegio della Sapienza che la morte gli impedì di portare a compimento.
Delle altre opere commissionate dal D. non conserviamo oggi che il ricordo. Egli intervenne senza dubbio nel castello di famiglia a Vinovo, ma anche in quelli che aveva acquistato: uno nelle terre del duca di Savoia, a Rivalba vicino a Torino, e l'altro non lontano, a Cinzano, nelle terre del marchese di Monferrato. Raffaello Brandolini, autore dell'orazione funebre in suo onore, menziona, nei dintorni di Roma, una casa a Formello, un convento a Rignano e una casa e un convento nell'isola Martana sul lago di Bolsena. Le fonti contemporanee segnalano inoltre una villa alla confluenza tra Tevere e Aniene, ma la sua ubicazione esatta non è stata identificata.
All'attività di committente di opere d'arte fece riscontro un certo interesse per il movimento culturale umanistico, sempre tenendo conto dei limiti del personaggio. Tra il 1482 e il 1485 egli figura come protector della "Sodalitas Viminalis", vale a dire l'Accademia romana di Pomponio Leto ricostruita in base a nuovi statuti. Le testimonianze relative a contatti tra il D. e gli ambienti intellettuali romano e piemontese sono estremamente rare e il più delle volte convenzionali. Per un caso fortunato ci è stata conservata una sezione consistente (novantanove volumi) della sua biblioteca. Dall'esame approfondito che ne è stato fatto è risultato. che il D. entrò in possesso di numerosi manoscritti quando si trovò ad essere esecutore testamentario di cardinali defunti. Se da un lato questa notazione tradisce l'origine quanto mai occasionale di tali acquisti, il contenuto della biblioteca rivela nel D. la presenza di taluni interessi, secondo un certo ordine gerarchico: il diritto e la teologia precedono di pochissimo la liturgia; viene poi l'esegesi medievale alla quale seguono, a grande distanza, la letteratura greca e latina e la filosofia classica.
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