DOMENICO di Agostino
Abitante nel "popolo" di S. Quirico a Siena, era figlio di Agostino di Giovanni e Lagina di Nese e fratello di Giovanni di Agostino, scultore e architetto, impegnato come capomastro nella fabbrica del duomo di Orvieto e in quella del duomo di Siena; in quest'ultima carica alla sua morte, avvenuta probabilmente durante la peste del 1348, venne sostituito dal fratello D., anch'egli architetto e scultore, che sovraintese ai lavori a partire dal 1350 (Milanesi, 1854, p. 252).
Non conosciamo la data di nascita di D., tuttavia sappiamo che nel 1343 la sua attività artistica era già cominciata: in quell'anno e nel successivo il suo nome con l'appellativo di maestro è riportato, insieme con quello del fratello Giovanni e dei padre Agostino, in due documenti relativi ai contratti di vendita di un appezzamento di terra e di una casa (Borghesi-Banchi, 1898). La sua attività come architetto ci è testimoniata invece, per la prin.a volta, in un documento del 1347 (Romagnoli [1835], p. 663), nel quale risulta eletto, insieme a Landuccio di Maestro Marco, deputato alla fabbrica delle mura di Grosseto, carica nella quale lo troviamo ancora impegnato nel 1351 (Milanesi, 1854, pp. 252 s.). Sempre come architetto forniva nel 1348 il disegno dell'abside e della contigua cappella di S. Lucia per la chiesa di S. Agostino a Massa Marittima.
Il contratto, stipulato nel mese di novembre, tra Bona di Ventura e Bandino di Giunta da Massa, operai della chiesa degli eremitani di S. Agostino, e i maestri di pietra senesi Stefano di Meo, Gualtiero di Sozzo e Niccolò di Giacomo, prevedeva che il lavoro, pagato 2.150 libbre di denari senesi, dovesse svolgersi "cuin illis modis, tenoribus et formis, scriptis manu propria, ipsius magistri Dominici in quondani carta pecudina" (Petrocchi, 1900, p. 133).
L'impresa più importante alla quale fu chiamato D., come architetto, fu senza dubbio quella di capomastro dell'Opera del duomo di Siena, carica che egli rivesti fino alla morte per un arco di oltre dieci anni, in un momento particolarmente critico per le vicende costruttive della cattedrale senese.
La fabbrica del duomo nuovo, iniziata nel 1339, secondo l'ambizioso progetto del Maitani, in base al quale l'edificio già esistente doveva risultare il transetto della nuova chiesa, cominciò a palesare, dopo l'interruzione dei lavori, dovuta alla peste del 1348, gravi e irrimediabili deficienze di statica. Le grosse difficoltà di ordine tecnico che avrebbe comportato la prosecuzione dei lavori furono drasticamente denunciate dai capomastri D. e Niccolò di Cecco del Mercia che, rivolgendosi all'operaio e ai consiglieri dell'Opera di S. Maria, consigliarono di abbandonare definitivamente il grandioso disegno, avanzando la proposta di portare "a fine et a perfezione l'agionta, sopra la quale al presente si lavora, che viene sopra al San Giovanni, con quegli adorni che si richiegono alla detta chiesa" (Lusini, 1911, p. 187 n. 61).
Fallita così definitivamente l'impresa del duomo nuovo, D., riprendendo il più modesto e ragionevole progetto precedente, diresse i lavori concentrandoli sul prolungamento dell'edificio verso Valle Piatta, ottenuto allungando il braccio terminale (dove era il coro romanico a cinque absidi) mediante altissime costruzioni, nelle quali fu poi ricavato il battistero, e conservando l'antico corpo delle navate e del presbiterio.
Alle dipendenze di D., completamente assorbito nell'intenso lavoro costruttivo e decorativo del duomo, lavorò, a partire dal 1355, una vera e propria schiera di maestri di pietra, che giunse in breve tempo al compimento dell'edificio fino all'altezza delle vetrate nell'abside.
Alla morte di D., avvenuta probabilmente nel 1366, poiché da quell'anno non abbiamo più notizie che lo riguardano nei libri di entrata e di uscita dell'Opera del duomo (Lusini, 1911, p. 205), si continuarono tuttavia a portare avanti i lavori secondo il suo progetto; l'Opera del duomo acquistò da monna Giovanna, vedova dei maestro, nel 1369 e poi nel 1370, "carte disegnate e pietre intagliate" (ibid., p. 240 n. 23).
L'attività di D. come scultore, testimoniata da un documento del 1348, nel quale l'artista è definito "magister lapiduni" (Petrocchi, 1900, p. 133), da un pagamento corrispostogli nel 1357, per aver rifatto un'ala a un angelo in marmo (forse un S. Michele; cfr. Lusini, 1911, p. 191) nella cuspide di mezzo della facciata del duomo di Siena (ibid., p. 237 n. 1) e dalla presenza del suo nome nella "lista dei maestri di pietra" segnati nel Libro delle arti, compilato nel 1363 (Romagnoli [1835], p. 665), non è suffragata da nessuna opera certa.
La ricostruzione dell'attività scultorea dell'artista si deve al Carli che in contributi critici successivi alla pubblicazione della voce Agostino di Giovanni, redatto dallo stesso per questo Dizionario nel 1960 (1972, pp. 149-160; 1977; 1979, pp. 608), ha raggruppato intorno al nome di D. un gruppo di opere, dipendenti dallo stile del padre e legate in maniera sorprendente a quello del fratello Giovanni.
Le sculture del monumento fatto erigere dal Comune di Pistoia, per decreto del popolo, nel duomo della città al giurista e poeta Cino de' Sighibuldi costituiscono probabilmente l'inizio dell'attività dello scultore che cominciò sotto le direttive del padre. Il complesso, del quale si conosce l'anno e il giorno di commissione - 11 febbr. 1337 -, attribuito da A. Venturi (Storia dell'arte italiana, IV, Milano 1906, pp. 38 ss.) ad Agostino di Giovanni (attribuzione accettata in seguito da tutta la critica), mostra tuttavia una notevole differenza stilistica e qualitativa tra una parte delle sculture della cassa (nelle quali sarebbe da riconoscere effettivamente la mano del padre di D., Agostino di Giovanni) e le altre sculture, attribuite dal Carli a D.; si tratta più precisamente di uno dei discepoli posti sulla cassa, di un'Annunciata (un tempo forse a lato del monumento) e del gruppo, formato dalla Madonna con in braccio il Bambino, s. Zeno e s. Iacopo che raccomanda un devoto (forse lo stesso Cino genuflesso), posto entro il tabernacolo di coronamento. Le sculture di questo secondo gruppo, pur riflettendo il robusto e squadrato plasticismo di Agostino, rivelano una concezione e un'esecuzione molto più delicate e raffinate ma, per quanto vicine allo stile di Giovanni, non raggiungono tuttavia la leggerezza e l'eleganza proprie di quest'ultimo.
Sulla base dei legami stilistici con le parti spettanti a D. nel Monumento Sighibuldi, il Carli (1972, pp. 159 s.) propone di attribuireal percorso iniziale dello scultore anche una Madonna con Bambino, negli Staatliche Museen Preussischer Kulturbesitz di Berlino (Dahlem), una parte delle sculture del prospetto della cappella Petroni, datata 1336, nel chiostro della chiesa di S.Francesco a Siena e, con riserva, una Madonna conservata nella parrocchiale di Gavorrano.
L'attività scultorea di D., in un momento successivo, sarebbe ancora documentata, sempre secondo il Carli, da tre busti, posti nei trilobi delle finestre del battistero di S. Giovanni a Siena e rappresentanti il Redentore benedicente tra due schiere di cherubini, un Profeta (o santo) con cartiglio e una S. Apollonia. Tali sculture, come le altre, si rivelano, nello stile, molto simili a quelle a noi note di Giovanni di Agostino, al quale tuttavia non possono essere attribuite per la collocazione e per la cronologia (al momento della prosecuzione del duomo verso Valle Piatta, Giovanni era già morto e l'impresa era stata affidata a D.) e fanno luce sul ruolo svolto da D., anche in rapporto al padre e al fratello, suggerendo una probabile quanto stretta operosità fra i tre scultori all'interno di una stessa bottega.
Fonti e Bibl.: E. Romagnoli, Biografia cronol. di bell'artisti senesi [c. 1835], II, Firenze 1976, pp. 663 ss.; G. Milanesi, Documenti per la storia dell'arte senese, I, Siena 1854, pp. 246 s., 251 ss.; S. Borghesi-L. Banchi, Nuovi documenti per la storia dell'arte senese, Siena 1898, pp. 18 s.; L. Petrocchi, Massa Marittima-Arte e storia, Firenze 1900, pp. 129-133; F. Donati, Il palazzo del Comune di Siena, in Arte antica senese, I (1904), p. 348; V. Lusini, Il duomo di Siena, Siena 1911, pp. 181 s., 187, 189-192, 202-207, 225, 237, 240, 309; E. Carli, L'arte nella basilica di S. Francesco a Siena, Siena 1971, p. 16, figg. 45-53; Id., Scultori senesi a Pistoia, in Il Gotico a Pistoia nei suoi rapporti con l'arte gotica ital., Atti del II Convegno internazionale di studi.... Pistoia 1966, Roma 1972, pp. 149-160, figg. 5-10; Id., L'arte a Massa Marittima, Siena 1976, p. 27; Id., Sculture inedite senesi del Tre e Quattrocento, in Iacopo della Quercia tra Gotico e Rinascimento, Atti del Convegno..., Siena 1975, Firenze 1977, pp. 15 s., figg. 1-5; Id., Il duomo di Siena, Siena 1979, pp. 24, 26, 60 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, p. 403.