DOMENICO di Auriotto
Fiorentino di nascita, forse figlio di Mariotto di Giovanni (Thieme-Becker), svolse dal 1489 attività di legnaiolo e maestro di tarsia a Pisa (Supino, 1893, p. 156).
II nome di questo maestro è stato tramandato da G. Vasari (1568), il quale riteneva che fosse pisano e che avesse appreso l'arte dell'intarsio da Giuliano da Maiano. Questi fu infatti incaricato nel 1470 di realizzare luna sedia del tipo coniposito a tre posti, per il sacerdote, il diacono e il suddiacono, da collocarsi nella primaziale di Pisa. Questa opera poté essere realizzata a Firenze, e vi poté forse partecipare anche D., la cui presenza a Pisa non è ancora documentata in questa data.
Non è possibile stabilire sulla base delle sue opere, che sono andate disperse, se vi comparisse traccia di un discepolato presso Giuliano da Maiano e se recassero in particolare lo spiccato interesse luministico che caratterizza i frammenti superstiti (raffiguranti Re David e due Profeti) del sedile del duomo di Pisa.
Indubbiamente quando D. giunse a Pisa era già pervenuto a una certa fama: fu infatti incaricato di opere di rilievo. Nel 1489 gli furono pagati il coro e una sedia per il Camposanto (Supino, 1893, p. 156). L'anno successivo iniziò la sua attività per la primaziale: fu incaricato di realizzare una sedia che doveva essere posta vicino al pergamo di Giovanni Pisano ed essere rivolta verso la porta Reale (ibid. p. 157). Nel 1492 lavorò ad una sedia che doveva essere collocataira le colonne del medesimo pergamo (ibid.; e Id., 1904, p. 162). Nel 1499 realizzò un'altra sedia, che doveva stare "tralle colonne in duomo". Per questa realizzazione i pittori Poggio Fiorentino e Mariano da Cremona avevano fornito un disegno ciascuno; non si sa tuttavia secondo quale disegno e come D. la realizzasse (Supino, 1893, p. 157).
J. Martini (Theatrum basilicae Pisanae, Romae 1728, p. 27) tramandò che D. aveva reàlizzato anche il coro per quella cattedrale, ma fu smentito dal Da Morrona (1812). In realtà a questa opera, che era stata iniziata nel 1481, D. partecipò con Guido del Seravallino (cfr. Vasari, 1568) e Lorenzo Spagnolo dal 1511 fino alla conclusione, nel 1513 (Supino, 1893; Tanfani, Centofanti, 1898; Supino, 1904). D. vi lavorò complessivamente 556 giornate e mezza, come appare dai registri di pagamento (Tanfani Centofanti, 1898, p. 384). Il frutto di tanta fatica, che costitui probabilmente l'ultima opera del maestro, e andato disperso durante l'incendio che nel 1595 si sviluppò nella primaziale. In tale circostanza il coro fu smontato in tutta fretta; nel 1616 Bartolomeo Atticciati ricompose, con i resti di questo e delle sedie intarsiate, le cassapanche, che si conservano ancora lungo le navate del duomo e accanto alle sacrestie. L'opera di D. risulta pertanto dispersa in queste cassapanche senza che alcun indizio possa indurre a riconoscerla.
D. morì a Pisa dopo il 1519 (Milanesi, in Vasari, p. 469, n. 2).
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite... (1568), a cura di G. Milanesi, II, Firenze 1878, p. 469; A. Da Morrona, Pisa illustrata nelle arti del disegno, I, Livorno 1812, p. 238; J. B. Supino, Maestri d'intaglio e di tarsia nella primaziale di Pisa, in Arch. stor. dell'arte, VI (1893), pp. 15 s ss.; L. Tanfani Centofanti, Notizie d'artisti tratte dai docum. pisani, Pisa 1898, pp. 296, 351, 384; J. B. Supino, Arte pisana, Firenze 1904, p. 162; Catalogo delle cose d'arte e d'antichità d'Italia, a cura di R. Papini, Roma 1912, p. 156; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, p. 406.