DOMENICO di Benintendi di Guidone (Domenico da Firenze)
Non si hanno notizie sull'origine e sulla formazione di questo ingegnere, benché alcuni studiosi (Fasolo, 1927) lo dicano nato attorno alla metà del secolo XIV, in Firenze, città in cui è possibile si distinguesse per l'abilità tecnica conseguita e dimostrata in opere oggi ignorate, visto l'incondizionato favore di cui godette presso Gian Galeazzo Visconti, al cui servizio lo troviamo sul finire degli anni Ottanta di quel secolo.
Recenti scoperte di fonti documentarie, edite (Carlone, 1983; Fagnani, 1985) ed inedite (Genova, Archivio del conte Paolo Langosco, copia a stampa, autenticata, di un rogito del notaio A. Griffi, perduto), consentono di anticipare la data del suo arrivo in Lombardia almeno al 1388, essendo, nell'aprile del '90, già iniziata la fabbrica della rocca inferiore di Stradella, di cui D. aveva fornito il progetto, su incarico visconteo.
Dell'edificio, rimasto intatto sino al 1845-46, si conserva oggi, solo la torre, ma piante e disegni settecenteschi (Cantù, 1971; Fagnani, 1985) consentono di valutarne la struttura e di confrontarla con coevi o più tardi sistemi difensivi. Il compatto corpo di fabbrica, trapezoidale, tendeva a regolarizzare la pianta, pur adattando al terreno una serie di sporgenze e rientranze ad est, lato su cui prospettava anche la torre e che costituiva il punto più debole del sistema difensivo. Sia per la pianta sia per l'alzato, l'edificio è da considerare a metà tra le tipologie più antiche di rocche difensive e le più recenti rocchedimora di età signorile. Il coronamento slanciato degli alti beccatelli obliqui lo rende simile alla torre di Pandino nel Cremonese, del 1379, ed al castello parmense di Montechiarugolo.
Al fatto che D. collaborasse col Visconti, anche dopo che questi ebbe dichiarata guerra a Firenze ed alle città sue alleate, si deve la condanna a morte espressa contro di lui dalla madrepatria, il 17 apr. 1391 (Gaye, 1839)., provvedimento che presuppone un'accusa grave, forse di tradimento.
Le notizie riguardanti la rocca di Stradella, conclusa nello stesso 1391, ci informano che D. risiedeva a Pavia, a porta Pertusi, in parrocchia di S.Eufemia (Fagnani, 1985, p. 55) e confermano la sua presenza nella città lombarda nel momento in cui vi erano attivi i più importanti cantieri; si avvalora così la tesi che, nel 1396, al momento di veder tracciata la pianta della certosa, Gian Galeazzo si servisse tra gli altri del parere tecnico di D. (Magenta, 1897; Albertini Ottolenghi, 1968), la cui presenza sui lavori è documentata, a più riprese, nei mesi di agosto e settembre (Beltrami, 1896). Nel frattempo egli aveva compiuto viaggi per dirigere lavori in varie parti dei ducato: sempre nel 1391 fece scavare un fossato tra Adige e Tartaro (Sandri [1938], 1969, p. 407); nel 1392-93 forni la sua opera al trasporto di materiali da costruzione per il duomo di Milano (Annali, 1877). occupandosi delle vie d'acqua, in cui rivela competenze specifiche. Questa perizia viene pienamente espressa nel progetto di disalveazione del Mincio e nella successiva costruzione dell'imponente ponte-fortezza di Valeggio, avvenuta nel 1393-94, di cui danno notizia fonti e storiografie antiche, per le dispute originatesi tra Milano e Mantova, temendo i Gonzaga che il Visconti mirasse a colpire la loro città (Fasolo, 1927, pp. 148 s.; Fagnani, 1985, p. 56).
Senza attendere, forse, al compimento dell'opera, nel settembre del 1394, D. era di nuovo a Milano, a dirigere la costruzione del castello di porta Vercellina (Fagnani, 1985, p. 69). Nel 1397 partecipò alla guerra contro Mantova ed è sua, secondo le cronache, l'idea di distruggere il ponte di Borgoforte, sul Po, con barche cariche di materiale incendiario (Fasolo, 1927, p. 153; Promis, 1841). Il duca lo impiegò anche in opere di pace e lo pose, due anni dopo, a capo di una speciale commissione di ingegneri (Osio, 1864), delegata a studiare il taglio di un canale che collegasse Milano col Po e rendesse più accessibile la via di Venezia. Abbandonato il progetto per gli ostacoli frapposti dal Comune e per il costo ingente, troviamo, però, il nome di D., sempre con l'appellativo di "ingegnere ducale", ancora citato in parecchie circostanze, da cui si rileva che il suo parere era ascoltato e seguito, vuoi che si trattasse di riparare nel 1399 le chiuse di Bovareggio (Santoro, 1929; Fagnani, 1985, p. 61), vuoi che si decidesse nel 1400 di concedere ai carmelitani di Milano di trasferirsi dalla loro disagiata sede di Porta Giovia alle case presso S. Carpoforo (ibid.), luogo in cui un altro illustre collaboratore di Gian Galeazzo, Bernardo da Venezia, progetterà il nuovo Carmine.
Sembra verificarsi, a questo proposito, una originaria, anche se non irrevocabile prassi di diversificazione delle competenze, tecnico-statiche e tecnico-artistiche, nelle due singolari figure dell'architetto Bernardo da Venezia e dell'ingegnere e "magistri lignaminum" (Gaye, 1839) D., per due volte associati nel cantiere della certosa di Pavia e del Carmine di Milano. È certo che allo stato attuale delle ricerche non si conoscono progetti di edifici civili o religiosi di Domenico. Fino alla morte del duca (1402) e nel periodo immediatamente successivo continuò ad occuparsi delle difese dei confini orientali dello Stato (Fasolo, 1927, p. 154), pur avendo probabilmente in animo di andarsene da Milano: risale, infatti, al 1403 la richiesta di perdono inoltrata a Firenze. Ottenutolo (Gaye, 1839), si trattenne in patria assai poco; infatti movimentate vicende, studiate dal Fasolo, attraverso una nutrita serie di cronache e documenti (Fasolo, 1927, appendice documentaria), lo portarono già nel 1404 al servizio dei Carraresi nella difesa di Padova contro Venezia. Fatto prigioniero dai Veneziani, passò dalla loro parte, vi rimase fino al 1407 e grazie alla loro generosità poté riscattare la moglie e le nipoti, ancora in mano dei Padovani Cibid., p. 159). Né in questa né in altre occasioni si fa menzione di eventuali figli di D. (Campori, 1855). Con un improvviso voltafaccia, non insolito in D., si rifugiò di nuovo a Milano, il 31 ott. 1407 (Fagnani, 1985, p. 62), forse richiamato in questa città da passate consuetudini di vita, e fatto certo del salvacondotto che la sua intelligenza, la perizia nelle arti militari e la conoscenza dei principali sistemi difensivi dell'Italia centro-settentrionale gli fornivano presso ogni signore.
Chiamato dagli Estensi alla difesa di Reggio, morì per un colpo di bombarda durante l'assedio nell'estate del 1409 (FaSolo, 1927, p. 164; Fagnani, 1985, p. 62).
Fonti e Bibl.: G. Gaye, Carteggio inedito d'artisti, I, Firenze 1839, pp. 541 s.; C. Promis, Trattato di archit. civile e militare..., Torino 1841, p. 145; G. Campori, Gli artisti ital. e stranieri negli Stati Estensi, Modena 1855, p. 207; L. Osio, Documenti diplom. tratti dagli archivi milanesi, Milano 1864, I, pp. 346 s.; Annali della Fabbrica del duomo, I, Milano 1877, pp. 85, 97; L. Beltrami, La certosa di Pavia, Milano 1895, pp. 53 s.; Id., Storia documentata della certosa di Pavia, Milano 1896, pp. 183 ss.; C. Magenta, La certosa di Pavia, Milano 1897, p. 91; L. Stanghellini, Valeggio sul Mincio, Verona 1915; G. Fasolo, D. di B. da Firenze, ingegnere del sec. XIV, in Arch. veneto, I (1927), pp. 145-180; C. Santoro, Iregistri dell'Ufficio di Previsione e dell'Ufficio dei Sindaci sotto la dominazione viscontea, Milano 1929, I, pp. 96, 158 s.; G. Sandri, D. da Firenze, il ponte di Valeggio e la deviazione del Mincio (1393-1394) [1938], in Scritti di G. Sandri, Verona 1969, pp. 391-420; A.M. Romanini, L'architettura viscontea, in Storia di Milano, VI, Milano 1955, pp. 623, 625; Id., L'architettura gotica in Lombardia, Milano 1964, p. 476; M.G. Albertini Ottolenghi, L'architettura, in La certosa di Pavia, Milano 1968, p. 12; E. Cantù, La torre e la rocca inferiore di Stradella, Pavia 1971, ad Ind.; A. Cassi Ramelli, La diga-ponte di Valeggio sul Mincio, in Civiltà mantovana, XI (1977), 63-64, pp. 154, 166 ss.; B. Carlone, Il borgo di Stradella dalle origini alla fine del '500, Voghera 1983, pp. 125-128; F. Fagnani, Documenti ined. riguardanti la costruzione della rocca inferiore di Stradella..., in Bollett. della Soc. pavese di storia patria, XXXVII (1985), pp. 41-71.