DOMENICO di Vanni, detto D. dell'Acqua
Figlio di Vanni di Ugolino, fu scultore senese del "popolo" di S. Desiderio operoso nel sec. XIV. Ebbe come fratelli Francesca, Andrea, anch'egli maestro di pietra, e Giacomo.
Giacomo, ingegnere idraulico morto nel 1348, condusse l'acqua, attraverso una rete sotterranea di canali, i cosìddetti bottini, dalla periferia della città alla fonte della piazza del Campo. Per l'utilità e l'eccellenza di tale lavoro compiuto con tre interventi successivi nel 1334, nel 1337 e nel 1340, Giacomo ebbe dal Comune di Siena una rendita annua, di cui beneficiarono anche il figlio Giovanni e i nipoti (Arch. di Stato di Siena, Libro di Deliberazioni dal 3 luglio al 30 dic. 1366; Consiglio generale 179, ce. 42, 43), e l'attribuzione al suo nome della qualifica "dell'Acqua" che rimase alla famiglia.
L'attività di D. come scultore, testimoniata dalla presenza del suo nome nella lista dei maestri di pietra segnati nel Libro delle arti, compilato nel 1363 (Milanesi, 1854), non è purtroppo suffragata da sufficienti notizie documentarie. Nello spoglio dei Libri di Biccherna di Celso Cittadini (sec. XVII) lo scultore è citato nel 1337 e a quella data il Romagnoli (c.1835) fa risalire alcune prestazioni, non meglio precisate, per la Fabbrica del duomo di Siena, per la quale D. dovette evidentemente lavorare ancora in tempi successivi, se lo ritroviamo nel 1355, insieme con altri maestri di pietra, al comando di Domenico di Agostino capo dei maestri dell'Opera, "affaticato a lavorar marmi, ... cimase, ... cornici, beccatelli, scaloni civori e gargolle" (Lusini, 1911). Il nome di D. compare ancora nelle paghe del Libro delle maestranze dell'Opera del duomo dal 1373 al 1378; dal 10 giugno 1377 i pagamenti che lo riguardano vengono effettuati regolarmente ogni mese, segno questo che lo scultore lavorava in quel periodo senza interruzione per l'Opera del duomo, prestando la propria collaborazione per i "lavori di scultura che occorsero alla nuova facciata", sotto la guida del capomastro Giovanni di Cecco (Lusini, 1911).
Se l'attività di D. come scultore rimane, nella ricostruzione che ne possiamo fare oggi sui pochi testi documentari che ci sono pervenuti, evidentemente limitata e di scarso interesse dal punto di vista artistico, altrettanto non si può dire della sua attività civica molto più intensa, variata e ricca di documenti che non quella di scultore.
La sua vita politica, di cui ci rimangono numerose notizie, grazie soprattutto alle ricerche d'archivio compiute dal Bichi (1713), dal Romagnoli (c. 1835) e dal Milanesi (1854), cominciò nel 1356, anno in cui rivesti la carica di supremo magistrato della Repubblica, terzo priore di Camollia per il bimestre marzo-aprile, mentre era capitano Andrea Guidi; fu ancora dei Priori nel 1362 per i mesi di gennaio e febbraio, nel 1364 per il bimestre maggio-giugno, nel 1365 come quaito priore di Camollia nei mesi di novembre e dicembre, nel 1367 e nel 1371 come secondo priore di Camollia, e infine nel 1379 primo priore di Camollia per il bimestre novembre-dicembre. Nel 1359 era rettore dell'Opera del duomo, carica che rivesti ancora, anche se non continuativamente, dal 1361 al 1369, come è testimoniato oltre che dalle fonti da una serie di documenti.
In questi ultimi D. appare nelle sue funzioni di operaio e sagrestano della chiesa maggiore di Siena, stipulando per l'Opera di S. Maria contratti per l'acquisto di immobili, patti con il vescovo della città messer Azzolino e con i Signori dodici del Comune di Siena (Fattarini, 1727). Al 1362 risale la stipula del contratto tra D., rettore dell'Opera, e il maestro di legname Francesco del Tonghio, per l'affidamento a quest'ultimo dell'esecuzione del nuovo coro per la chiesa cattedrale di Siena (Milanesi, 1854).
Dopo essere stato capitano del Popolo nel 1363, l'impegno politico dello scultore nelle vicende storiche del Comune appare evidente da un fatto di tutto rilievo: quello che lo vede impegnato il 29 sett. 1369, insieme con altri maestri rappresentanti delle varie arti, come membro della Congrega dei centotredici decurioni che, in seguito ai tumulti popolari scoppiati a Siena in quell'anno, si uni con i Signori dodici per riformare il governo della città (Della Valle, 1785). Nel 1371, come si legge nella Cronaca senese di Agnolo di Tura del Grasso (sec. XV), D. era di nuovo impegnato nelle vicende politiche: prese parte infatti in quell'anno all'ufficio dei Riformatori insieme a Paolo di Sozzo Zondadajo, sostituendo con quest'ultimo nelle cariche Bartoli di Puccio da Firenze e Giovanni di Rondina.
I legami tra D. e l'Opera del duomo sono testimoniati anche da alcuni lasciti che lo scultore fece a quell'istituzione: nel 1371 egli donò infatti all'Opera di S. Maria il poggio del castello di Quercia Grossa con annessi il palazzo, le terre e i casamenti ad esso spettanti; l'anno dopo, nel 1372, donò ancora altri suoi possedimenti ubicati nel territorio di Larnano. Per ringraziarlo della sua munificenza, l'Opera concesse a donna Francesca, sua moglie, l'usufrutto, finché fosse stata in vita, di un appezzamento di terra con casa, vigna e orto presso il fiume Tressa (Fattarini, 1727; Milanesi, 1854).
Lo scultore morì il 16 ag. 1383 (Milanesi, 1854) e il suo testamento, che lasciava erede l'Opera metropolitana di Siena, è conservato tra le pergamene dell'Opera stessa (Della Valle, 1785).
Fonti e Bibl.: A. di Tura del Grasso, Cronaca maggiore attrib. a Agnolo di Tura del Grasso senese, in Rer. Italic. Script., 2 ed., XV, 6, a cura di A. Lisini-F. Iacometti, p. 222; Siena, Biblioteca comunale, ms. A. V. 20-22: C. Cittadini, Spogli e alberi di famiglie nobili (sec. XVII), I, c. 41; Ibid., ms. C. III. 11: U. Benvoglienti, Ruolo degli operai e dei pittori dello spedale e del duomo dall'anno 1299 al 1371 (sec. XVIII), c. 333t; Arch. di Stato di Siena, ms. V, 1713: G. Bichi, Risieduti di famiglie estinte nell'ordine del Popolo, c. 84; Ibid., ms. B. 39: A. Fattarini, Spoglio delle pergamene dell'Opera del duomo (1727), I, nn. 889, 917 s., 954, 959; G. Della Valle, Lettere sanesi, II, Roma 1785, pp. 43, 140; Siena, Bibl. comunale, ms. L. 11. 3: E. Romagnoli, Biografia cronologica de' bell'artisti senesi, III [c. 1835], pp. 529-43 (cfr. ediz. facsimile, Firenze 1976); G. Milanesi, Documenti per la storia dell'arte senese, I, Siena 1854, pp. 134, 248, 276 ss., 328 s., 353; III, ibid. 1856, p. 412; S. Borghesi-L. Banchi, Nuovi documenti per la storia dell'arte senese, I, Siena 1898, pp. 30 s.; V. Lusini, Il duomo di Siena, I, Siena 1911, pp. 202, 205 s., 224, 2655.