FADIGA, Domenico
Figlio dello scultore Giuseppe, nacque a Verona in data non nota, ma comunque da collocare nel primo ventennio della seconda metà del XVIII secolo; apparteneva a una di quelle famiglie di lapicidi che alla fine del Settecento avevano bottega accanto alla Scuola della Carità.
Giuseppe, padre del F., "fioriva nel 1750" (Bartoli, 1793, p. 276) ed è probabilmente da identificare con quel Fadiga che nell'aprile del 1729 stipulava un contratto con i padri domenicani per intagliare alcuni capitelli della chiesa dei gesuati a Venezia che allora si andava costruendo (Niero, 1979). Attivo soprattutto a Rovigo, per la chiesa di S. Francesco eseguì due altari in marmi policromi di struttura tipicamente settecentesca: nella quarta cappella a destra quello dell'Immacolata (Bartoli, 1793, p. 59), databile presumibilmente attorno al 1759 (data del dipinto al centro con la Presentazione di Maria al tempio di P. A. Novelli), e il quinto altare a sinistra, con tabernacolo a pianta semiesagonale. Sempre a Rovigo, per la chiesa del Cristo, nella cappella centrale, "tutta rimodernata nel 1770" (Bartoli, 1793, p. 53), eseguì un altare di sagoma ancora barocca su progetto di M. Baseggio, autore degli affreschi della cupola. Nella chiesa di S. Giustina, abbattuta nel 1808, aveva eseguito "l'altare della Scuola della Dottrina cristiana" (Bartoli, 1793, p. 83).
Il F., dopo aver appreso dal padre i primi rudimenti della scultura, completò la sua formazione a Roma nello studio di A. Canova (anni '80), rimanendo tuttavia sempre non più che un diligente esecutore di progetti altrui. Fu attivo sopratutto a Venezia, dove realizzò parecchi altari, in particolare l'altare maggiore della chiesa di S. Giovanni Novo (in Oleo: oggi Museo Guidi), ristrutturata completamente all'inizio della seconda metà del secolo, perché, come annota F. Corner (Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia..., Padova1758, pp. 48 s.), minacciava "ruina".
Nella Gazzetta urbana di Venezia del 2 apr. 1788 (Cicogna, 1827) è commentata la recentissima esecuzione del manufatto da parte del Fadiga. Secondo Lewis (1967, p. 4), il disegno dell'altare, simile a quello della cappella maggiore di S. Bartolomeo, gli sarebbe stato fornito da G. Massari con la possibile revisione dello scolaro B. Maccaruzzi.
Nel 1801 aveva in affitto dal cugino Pietro la bottega accanto alla Scuola della Carità, la rilevò poi nel 1805 da certo Angelo Prosa, muratore, a cui Pietro l'aveva venduta.
Nel 1803 a Padova, nel cimitero degli Eremitani, distrutto durante la seconda guerra mondiale, collaborò al monumento a Ludovica Callemberg, d'ispirazione canoviana, progettato da G. A. Selva: il F. eseguì i sette candelabri sostenenti la catena che circondava il monumento, commissionati da sette amici della defunta e contrassegnati con il loro nome (Moschini, 1817).
A Venezia iniziò una piccola attività imprenditoriale contribuendo tra l'altro a lavori di restauro, soprattutto nella basilica di S. Marco. L'8 genn. 1813 si impegnava a restaurare l'archivolto del portale centrale intorno al mosaico, che di fatto rifece totalmente in breccia per lire 371, essendo impossibile "poter accompagnar tutti quei pezzi che sono ruinosi e logorati" (Venezia, Archivio stor. della Procuratoria di San Marco, arch. in riordino). Il 31 ag. 1813 restaurò per lire 650 i marmi dei due grandi nicchioni del coro, "che uno serve d'ingresso alla sagrestia e l'altro alla parte opposta" (Ibid.). Dal 22 luglio 1824 lavorò all'"occhio" del transetto sud della stessa basilica marciana (Ibid.). Nel frattempo nella chiesa di S. Maurizio, progettata da P. Zaguri, con l'apporto successivo di A. Diedo e di G.A. Selva, aveva eseguito alcuni motivi decorativi di ispirazione sansoviniana. Non gli appartengono invece gli angeli laterali dell'altar maggiore assegnatigli dal Moschini (1815, I, p. 604), che vengono oggi più giustamente attribuiti a G. Torretti (A. Niero, comunicazione orale). Nella chiesa dei Ss. Geremia e Lucia, su disegno di A. Mengozzi Colonna, aveva eseguito le sculture dell'altar maggiore (ma non sono sue le statue laterali raffiguranti i santi Pietro e Geremia, né quella centrale del Redentore, trasferita dalla vecchia chiesa: Moschini, 1815, II, p. 50).
Intorno al 1827 collaborò alla tomba dei Canova nella chiesa dei Frari, eseguendo la grande piramide (Kunstblatt, 1827, n. 93, p. 372). Non si hanno notizie del D. successive a questa data.
Il F. si rese benemerito donando alcuni pezzi di scultura, comprati alle aste e provenienti da enti religiosi soppressi o distrutti, al seminario annesso a S. Maria della Salute. Per suo tramite vi pervennero i due bassorilievi con le sante Caterina e Cecilia della certosa di S. Andrea (Guida..., 1912, p. 115), due fregi in bassorilievo (Moschini, 1842, p. 127) e due galeoni a bassorilievo in marmo greco (ibid., p. 139), provenienti dal monumento al doge Steno nella chiesa di S. Marina (comunicazione orale di A. Niero).
Un Vincenzo, appartenente alla stessa famiglia dei Fadiga, anch'egli attivo dal 1821 nella basilica Marciana, regalò al seminario di S. Maria della Salute L'Incoronazione della Vergine e angeli suonatori di Bartolomeo Bono, già nel portale della chiesa di S. Maria della Carità (Moschini, 1842, p. 42); ereditò da Domenico la bottega presso la Scuola della Carità (Venezia, Archivio d. Accademia di belle arti, arch. non ordinato). Probabilmente è lo stesso Vincenzo Fadiga di Domenico (quindi con molta probabilità figlio del F.) che risulta presente, fra i testimoni, alla ricognizione della salma di I. Sansovino nella chiesa di S. Geminiano a Venezia, il 2 giugno 1807 (E.A. Cicogna, Delle inscrizioni venez., IV, Venezia 1834, p. 28).
Fonti e Bibl.: F. Bartoli, Le pitt., scult. e architett. della città di Rovigo, Venezia 1793, pp. 53, 59, 68, 83, 276 (per Giuseppe); G. A. Moschini, Guida per la città di Venezia, Venezia 1815, I, pp. 129, 289, 604; II, p. 50; Id., Guida per la città di Padova, Venezia 1817, p. 99; P. Zani, Enciclopedia metodica ... delle belle arti, I, 8, Parma 1821, p. 175 (anche per Giuseppe); E. A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, II, Venezia 1827, p. 179; G. A. Moschini, La chiesa e il seminario di S. Maria della Salute, Venezia 1842, pp. 42, 57 s., 127, 139; Guida del visitatore artista attraverso il seminario patriarcale di Venezia, Venezia 1912, pp. 115 s., 127, 152; A. Cappellin, Rovigo nella storia e nell'arte Rovigo 1934, p. 110 (per Giuseppe); G. Hubert: La sculpture dans l'Italie napoléonienne, Paris 1964, pp. 260 s.; C. Semenzato, Guida di Rovigo, Vicenza 1966, pp. 127, 131, 135 (per Giuseppe); D. Lewis, Notes on XVIII century Venetian architecture, I, in Boll. dei Musei civici, XII (1967), 1-2, p. 4; II, ibid., 3, p. 23; A. Niero, Tre artisti per un tempio a S. Maria del Rosario. Gesuati. Venezia, Padova 1979, p. 18 (per Giuseppe); V. Sgarbi, Rovigo. Catal. dei beni artistici e storici. Le chiese, Venezia 1988, pp. 76, 88, 116, 118 ss. (per Giuseppe); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 183 (anche per Giuseppe).