FALIER, Domenico
Ultimo dei quattro figli maschi di Bernardino di Giovanni e di Angela Novello, figlia naturale del notaio Francesco, nacque a Venezia entro la prima metà del 1492.
La famiglia era di modeste risorse e gli esordi della carriera politica del F. avvennero, di conseguenza, abbastanza tardi e su livelli di basso profilo: giunto alla soglia dei trent'anni, dopo aver fallito la nomina ad ufficiale al Dazio del vino, il 25 ag. 1522 era eletto pagatore alla Camera dell'armamento, quindi mancò l'elezione a patron di fusta, ma nel '26 riuscì finalmente ad ottenere l'incarico al Dazio del vino. È di quest'anno (7 febbraio) una testimonianza del Sanuto che indica il F. come appartenente ad una compagnia "della calza" di giovani patrizi, la qualcosa potrebbe significare un miglioramento del suo status economico-sociale. "Si hanno vestiti a San Francesco della Vigna overo Santa Giustina a casa di sier Domenico Falier, dove tutti cenarono". Avvocato per le Corti nel '27, nello scorcio dell'anno seguente si recava conte ad Arbe.
Qui il F. si sarebbe trattenuto fino all'aprile 1532; la permanenza nell'isola non trascorse senza difficoltà: il F., infatti, dovette costantemente confrontarsi con le prevaricazioni della potente casata dei Frangipane e con le croniche angustie della Camera fiscale, come documenta un suo dispaccio del 20 marzo 1530 al Consiglio dei dieci, il quale lo aveva sollecitato "che immediate gli dovesse mandar tal danari, aliter di me farano tal provisione che sarà exemplo di tuti li altri rectori inobedienti, le qual lettere me hano penetrato le visare del cor, parendome esser innocentissimamente accusato".
Rimpatriato, fu giudice della Curia del pubblico dal 13 marzo '33 al 12 luglio 1 34, quindi savio alla Pace (20 giugno 1537-19 ott. '38) e provveditore ad Asola, nel Bresciano (10 marzo '38-9 luglio '39); rifiutò poi la nomina di provveditore alle Legne (novembre 1540), e di lì a poco, il 25 genn. '41, sposò Chiara Contarini di Luca di Alvise, dalla quale ebbe almeno sei figli maschi.
Il periodo che seguì fu contrassegnato da un positivo salto di qualità nell'esercizio della carriera politica, che conobbe elezioni a magistrature di un certo prestigio: provveditore alle Pompe dal 24 nov. '43 al 23 nov. '44, quindi ufficiale alle Rason Vecchie e savio alle Decime; infine, dopo alcuni anni trascorsi a Venezia, il 25 nov. 1548 era inviato a Belluno, in qualità di podestà e capitano.
Questo soggiorno montano si prolungò per quasi un anno e mezzo, nel corso del quale il F. si occupò soprattutto di boschi e miniere, le uniche risorse di un paese allora poverissimo e fondato su un'economia di pura sussistenza, come risulta da alcune lettere ai capi del Consiglio dei dieci e dalla relazione conclusiva, letta in Senato il 1° maggio 1550, quasi tutta dedicata alla tutela dei boschi dell'Alpago, "tolti sotto la protetion dell'Illustrissimo Consiglio di X per il bisogno di far remi per la Casa sua dell'Arsenal..., per esser essi boschi molto bellj, et degni de esser custoditi con ogni dilligentia"; donde la necessità "chel fusse concesso allj Magnifici Rettori che di tempo in tempo anderano al governo d'essa Città, poter menar sei boni fanti..., acciò con quelli in ogni bisogno, et occorrentia si pottesse ... servir in far ogni esecutione si nella città, come nel territorio". Un territorio abitato da popolazioni rese dure e diffidenti dalla miseria o, come nel caso del bacino minerario agordino, dalla presenza di maestranze tedesche, notoriamente "di animo poco fedele verso la Illustrissima Signoria nostra", nei confronti delle quali era pertanto necessario esercitare un continuo, attento controllo, anche per prevenire possibili contrasti con i responsabili delle Comunità locali.
Preoccupazioni di tutt'altra natura interessarono il F. durante il successivo reggimento di Salò e della Riviera gardesana, da lui sostenuto fra l'ottobre del 1554 ed il febbraio del '56.
Il territorio era infatti ricco di numerosi prodotti, quali il ferro, la carta, la seta, per cui la vicinanza del Trentino e del Mantovano, unitamente alla facilità delle comunicazioni, specie acquee, alimentavano un fiorente contrabbando. All'evasione fiscale, che così duramente colpiva il sistema daziario, si sommarono i guasti prodotti dalla cattiva amministrazione del cancelliere del F., Giuseppe Paci, che nel luglio del '55 fu trasferito alla Camera fiscale di Padova senza che egli avesse prima liquidato i conti di quella salodiana, "con non picciol danno della giustizia - così il F. in una lettera al Consiglio dei dieci -, mormoration di questi sudditi et gravissimo mio incommodo, per esser questa cancelleria di non picciol importantia; né mi è vagliuto dar di ciò avviso all'Illustrissimo Dominio".
Tanta esattezza fu evidentemente apprezzata dai concittadini, che elessero il F., dopo il rientro in patria, avogador fiscale, una magistratura straordinaria costituita da tre patrizi che per due anni erano tenuti ad indagare nelle Camere fiscali della Terraferma, per controllarne la puntualità della gestione.
Uscito di carica nel settembre 1558, tra il 10 febbr. '61 ed il 9 giugno '62 sostenne un'ultima magistratura, quella di giudice della Curia del procurator.
Morì a Venezia, nella sua casa posta nel sestiere di Castello, il 4 maggio 1564.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Misc. codd. I, Storia veneta 19, M. Barbaro-A. M. Tasca, Arbori de' patritii..., III, p. 454; Ibid., Avogaria di Comun. Indice di matrimoni con figli, sub voce; Ibid., Segretario alle Voci. Misti, reg. 7, c. 34r; Ibid., Elezioni del Maggior Consiglio, reg. 1, cc. 44, 68, 71, 124, 140; reg. 2, cc. 21, 27, 32, 120; reg. 3, cc. 21, 43, 127; Ibid., Capi del Consiglio dei dieci. Lettere di rettori, b. 274, n. 92 (Arbe); b. 153, nn.90-94, (Belluno); b. 60, nn. 65-67 (Salò); M. Sanuto, Diarii, XXX, XXXIII, XXXVIII, XL, XLIII, XLV, XLIX, Venezia 1891-1897, ad Indices; Relazioni dei rettori veneti in Terraferma, a cura dell'Istituto di storia economica dell'Università di Trieste, II, Podestaria e capitanato di Belluno. Podestaria e capitanato di Feltre, Milano 1974, pp. 5 s.