FERUFFINI, Domenico
Figlio di Antonio detto lo Zoppo, nacque probabilmente ad Alessandria sul finire del secolo XIV.
La sua famiglia apparteneva al ceto nobiliare di origine feudale del territorio di Alessandria. Nel XIII secolo, infatti, i Feruffini risultano signori di Pozzolo Formigaro e di Marengo (Guasco, Dizionario, p. 192). Vengono ancora definiti "nobili di Sezze" (l'odierna Sezzadio) in un atto del 1439 in cui il duca Filippo Maria Visconti conferma, le immunità loro concesse dai suoi predecessori. Il padre Antonio appoggiò probabilmente i Visconti, e in cambio ottenne la cittadinanza milanese nel 1417 e l'ingresso nella corte viscontea per i figli maschi, i quali iniziarono una rapida e fortunata carriera. Non a caso, un altro fratello o nipote del F., Bartolomeo, ebbe "l'officio dela cancelleria" dei maestri delle Entrate ducali.
Le prime notizie che lo riguardano risalgono a un documento dell'11 apr. 1422, anno in cui il F. era impegnato in una causa ereditaria. La sua attività pubblica al servizio dei Visconti iniziò alcuni anni più tardi, nel 1425, quando il F. è ricordato nelle fonti come notaio nella Cancelleria segreta del duca Filippo Maria Visconti.
La considerazione di cui il F. godeva è evidenziata dalla concessione, avvenuta forse in quegli stessi anni, del "redditus notarie e vicariatus loci Gallarate, diocesis Mediolani", concessione che il F. si vide poi costretto a cedere, dietro pagamento di un fitto annuo, al notaio Gabriele "de Bullis", perché troppo impegnato nella sua attività di cancelliere segreto (Arch. di Stato di Milano, Famiglie, Feruffini, c. 70). Ancora nel 1443 egli ricevette dal duca Filippo Maria, secondo la formula della donazione "inter vivos", "prata et mollendina nostra Viglevani".
Il F. fu anche presente alla promessa del condottiero Francesco Sforza di tornare al servizio del duca di Milano, come risulta dall'atto del 19 maggio 1430, e nel 1438 fu nominato segretario del Consiglio segreto, mentre il fratello Giovanni otteneva di entrare a farne parte. Dal 1441 ricoprì l'incarico di segretario ducale.
Tra il 1446 e il 1447 il F. firmò alcuni atti di diversa natura ed emanati a Milano, Cusago, Abbiate, sul filo degli spostamenti della corte viscontea; nel 1447 sottoscrisse i capitoli dell'accordo fra il duca e Carlo Gonzaga.
Nelle sue mani passò buona parte della numerosa corrispondenza del Visconti, come quella indirizzata al conte di Anano, il 3 giugno 1447, circa la questione di Iesi e la condotta del Malatesta. Sempre nel 1447 il F. venne nominato esecutore testamentario da Filippo Maria Visconti, insieme con altri autorevoli personaggi della corte viscontea: Giovanni Matteo Bottigella e Francesco da Landriano. Un altro aspetto molto significativo in merito alla posizione raggiunta dal F. nella Cancelleria riguarda il diritto di usufruire di una "ziffra" propria per stendere lettere cifrate.
Il F. fu anche un attivo sostenitore degli studi umanistici e frequentò la ristretta cerchia di cortigiani e di funzionari della Cancelleria ducale che fecero di Milano e di Pavia due importanti centri culturali. Fu in particolare fautore di una ripresa degli studi sul teatro plautino, condividendo tale interesse con Marcolino Barbavara e Francesco Piccinino.
Alla morte del duca di Milano Filippo Maria avvenuta il 14 ag. 1447, per iniziativa di un gruppo di nobili e di esponenti del ceto di governo visconteo fu proclamata la Repubblica Ambrosiana. Il F., che aveva già dato prova di fedeltà nei confronti dello Sforza, non aderì al nuovo regime, benché entrassero a farne parte personalità del ceto dirigente visconteo e della stessa Cancelleria. Colpito da bando, il F. dovette allontanarsi da Milano perdendo anche i diritti sui beni che gli erano stati elargiti dal suo signore, come appunto i possessi in Vigevano. La possessione gli venne in seguito riconfermata con l'avvento al potere di Francesco Sforza, sempre nella formula della donazione "inter vivos". Poco dopo il F. ritornò nella città di Alessandria, dove si adoperò con ogni probabilità in favore del marchese del Monferrato Guglielmo, il quale nel 1448 donò al F. e a suo fratello Giovanni il castello della Spina, oltre a due feudi nell'Alessandrino dotati di ogni franchigia e con il mero e misto imperio e giurisdizione.
Si hanno poche notizie in merito ai rapporti avuti dal F. con lo Sforza, dopo che quest'ultimo, nel 1450, riconquistò il Ducato di Milano; né il F. figura in alcun modo negli elenchi della Cancelleria sforzesca. Tale assenza di dati induce a ritenere che il F. sia morto in quel torno di tempo.
Con ogni probabilità il F. non si era sposato, né aveva avuto figli: suoi eredi furono infatti i nipoti Filippo e Luchino, figli del fratello Giovanni.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Milano, Fondo Sforzesco, Carteggio avanti il principato, c. 36; Famiglie, Feruffini, c. 70; L. Osio, Doc. dipl. tratti dagli archivi milanesi, Milano 1864-1872,II, 2, p. 429; III, 2, pp. 234, 302, 551, 564; I registri dell'Ufficio di Provvisione, a cura di C. Santoro, Milano 1929, pp. 369, 398;G. Vittani, Gli atti cancellereschi viscontei, Milano 1937, pp. 156,175; E. Resti, Docc. per la storia della Repubblica Ambrosiana, in Arch. stor. lombardo, LXXXI (1954-55), p. 255; G. Giulini, Memorie spettanti alla storia, al governo e alla descrizione della città e campagna di Milano nei secoli bassi, VI, Milano 1857, p. 581; A. Colombo, Vigevano e la Repubblica Ambrosiana nella lotta contro Francesco Sforza, in Boll. della Società pavese di storia patria, III (1903), p. 362; G. Ghilini, Storia di Alessandria, I, Alessandria 1904, pp. 436, 478; I.F. Sanesi, La commedia, in Storia dei generi letterari, I, Milano 1944, p. 137; F. Cognasso, Istituzioni comunali e signorili di Milano sotto i Visconti, in Storia di Milano, VI, Milano 1955, pp. 492-495; N.Raponi, Barbavara, Francesco, in Dizionario biografico degli Italiani, VI, Roma 1964, p. 142; Id., Barbavara, Marcolino, ibid., p. 144; M. F. Baroni, I cancellieri di Giovanni Maria e di Filippo Maria Visconti, in Nuova Rivista storica, L (1966), pp. 367, 374, 419;F. Guasco, Diz. feudale degli antichi Stati sardi e della Lombardia [Pinerolo 1911], Bologna 1969, pp. 48, 192, 374, 510; F.Leverotti, Diplomazia e governo dello Stato. I "famigli cavalcanti" di Francesco Sforza (1450-1460), Pisa 1993, p. 57.