GABRIELLI (Gabrieli), Domenico
Nato a Bologna il 19 ott. 1659, è anche conosciuto con l'appellativo di "Minghin [Minghino, Domenichino] dal viulunzaal", soprannome riferito alle speciali doti esecutive che in breve tempo lo resero famoso. Allievo di G. Legrenzi, a Venezia, per la composizione, si dedicò nella città natale allo studio del violoncello, sotto la guida di P. Franceschini. Il 23 apr. 1676, a soli diciassette anni, divenne membro dell'Accademia filarmonica di Bologna, assumendone nel 1683 la carica di presidente. Frattanto, alla morte del Franceschini, prese parte al concorso per un posto di violoncellista presso la Cappella di S. Petronio. Eletto con due voti di maggioranza sul suo competitore G.P. Simonini, il G. venne assunto a tale impiego il 20 dic. 1680, con lo stipendio mensile di 12 lire, aumentato in seguito di 3 lire "a riguardo della virtù e merito" (Vatielli, 1927, p. 135). Negli stessi anni intraprese la carriera di compositore come autore di musica teatrale; esordì al teatro Formagliari di Bologna con Il Gige in Lidia (libretto di G.B. Neri, 1683) cui fece seguito Il Cleobulo (libretto di Neri, 1683) poi replicata il 10 febbr. 1684 nel più antico teatro della Sala. In questo periodo non trascurò la produzione di musica strumentale, come dimostra la raccolta Balletti, gighe, correnti, alemande e sarabande (1684). L'anno seguente, a Venezia, fece rappresentare Rodoaldo, re d'Italia (libretto di T. Stanzani, teatro S. Moisé, 10 gennaio 1685) e Clearco in Negroponte (libretto di A. Arcoleo, ibid., 1685) poi ripetuta nel medesimo teatro, senza alcuna mutazione, a un anno di distanza. La quinta opera del G., Teodora Augusta (libretto di A. Morselli, teatro S. Salvatore, 1685), venne ripresa al teatro Malvezzi di Bologna nel 1687, secondo la nuova versione letteraria di G.M. Rapparini e la rielaborazione musicale di G.A. Perti. Ancora a Venezia fece eseguire Le generose gare tra Cesare e Pompeo (libretto di R. Cialli, teatro S. Salvatore, 1686) e IlMauritio (libretto di Morselli, ibid., 26 febbr. 1687); quest'ultimo lavoro assume particolare importanza nella storia dell'opera, in quanto si tratta del primo melodramma rappresentato a Padova (teatro dello Stallone, 1691).
A causa dell'intensa attività compositiva, il G. trascurò i propri obblighi presso la Cappella di S. Petronio: avendo tralasciato di suonare alla festività patronale venne allontanato dall'incarico il 14 ott. 1687, temporaneamente sostituito da Angelo Borri; il provvedimento venne revocato tuttavia il 23 marzo 1688, quando il G. fu riammesso tra i componenti della cappella. Frattanto si dedicò alla composizione di due oratori, il primo dei quali, S. Sigismondo, re di Borgogna (libretto di D. Bernardoni, Bologna 1687), venne eseguito presso la sala della Confraternita di S. Filippo Neri, sede prescelta per la rappresentazione di musica sacra; il secondo, Elia sacrificante (poesia di P.P. Seta, chiesa di S. Benedetto de' padri di S. Francesco di Paola, ibid. 1688), fu particolarmente apprezzato e introdotto successivamente negli esami di laurea dell'Università di Bologna, secondo una consuetudine del tutto originale.
I numerosi impegni nel centro emiliano non gli impedirono di far rappresentare, ancora a Venezia, Il Gordiano (libretto di Morselli, teatro S. Salvatore, 1688) e Carlo il Grande (libretto di Morselli, teatro S. Giovanni Grisostomo, 1688), opere con le quali concluse la propria attività teatrale nella città veneta.
Nello stesso anno si stabilì a Modena, dietro invito del duca Francesco II d'Este, grande estimatore della sua arte. Nella città estense fece eseguire Flavio Cuniberto (libretto di M. Noris, teatro Fontanelli, 1688), interpreti principali il sopranista G.F. Grossi, detto Siface, e Clarice Beni Venturini, per la scenografia di P.T. Bezzi, detto Stochini. Ancora a Modena venne replicata Il Mauritio (ibid., 20 ottobre 1689) cui presero parte, tra gli altri, il sopranista D. Cecchi, detto il Cortona, e lo stesso Grossi; l'opera fu rappresentata per l'intero mese di novembre, a dimostrazione dell'ottima fama raggiunta dal compositore. Nello stesso anno il pubblico modenese ebbe modo di apprezzarlo quale autore di oratori, avendo ivi fatto eseguire Il martirio di s. Felicita (libretto di F. Sacrati, 1689). In questo periodo, recatosi a Torino, curò l'allestimento di Silvio, re degli Albani (libretto di P. Averara, teatro Ducale, 1689) che, rappresentata in occasione del carnevale, fu tra le ultime opere da lui stesso dirette col proprio accompagnamento al cembalo. Successivamente le precarie condizioni di salute gli impedirono di continuare la permanenza nella città sabauda; nell'agosto 1689 inviava una lettera al duca di Modena affinché intercedesse per lui presso Vittorio Amedeo II, duca di Savoia, per un prossimo proscioglimento dagli impegni precedentemente presi. Tornato a Bologna venne assistito dal medico estense G.G. Manzi, il quale, ivi inviato da Francesco II per riferire sulle condizioni di salute del G., l'11 maggio 1690 annotava di aver diagnosticato il grave stato dell'infermo. Presumibilmente il G. morì a Bologna il 10 luglio 1690, data in cui ne viene segnalato il decesso (Vatielli, 1927, p. 136).
Sebbene l'attività teatrale occupi una parte rilevante nella produzione del G., la figura del musicista è legata soprattutto alla storia del violoncello, del quale, come virtuoso e compositore, seppe valorizzare le peculiari possibilità espressive. Esponente di rilievo della scuola emiliana, condivise con i suoi contemporanei G. Bononcini, G.B. Borri, G.B. Degli Antonii e P. Franceschini, il tentativo di liberare lo strumento dalle generiche funzioni di accompagnamento, conferendogli il ruolo di voce solista. Questo aspetto innovativo è presente sia nella produzione operistica sia in quella vocale da camera, sebbene risulti più evidente in alcuni lavori strumentali; tra questi, le 2 Sonate per violoncello e continuo (Archivio di S. Petronio; Mainz 1930, New York 1965), si distinguono, secondo il Vatielli, per la bellezza e la genialità dell'invenzione; alla purezza della melodia si unisce il vivace gioco dinamico, determinato dall'impiego anomalo dello strumento, tale da mettere in evidenza "tanto la dolce e brillante vibrazione delle posizioni alte quanto i robusti suoni delle corde basse" (Albini). La stessa chiarezza melodica si ritrova nel Canone a 2 violoncelli, in Ricercari per violoncello solo, con un Canone a 2 violoncelli, et alcuni Ricercari per violoncello e continuo (1689, Archivio di S. Petronio; New York 1965), dove i temi, trattati con notevole grazia contrappuntistica, rivelano una spontaneità espressiva ancora inedita nella musica strumentale dell'epoca. La rimanente produzione da camera, fortemente influenzata dal semplice stile della scuola emiliana, presenta una minore originalità nell'uso del violoncello; si ricordano in particolare: la raccolta Balletti, gighe, correnti, alemande e sarabande a violino e violone con il secondo violino a beneplacito Op. I (Bologna 1684), che, unica strumentale a stampa pervenutaci, comprende 12 coppie di danze, ammirevoli per l'estrema eleganza della struttura formale; le 6 Sonate a 4 e 5 con tromba e archi (Bologna, Archivio di S. Petronio) dove il carattere concertante di violoncello e tromba, di notevole interesse, è presente tuttavia in un solo movimento; la Sonata IV in fa maggiore, in Sonate a tre di vari autori (Bologna 1700?, Biblioteca del Civico Museo bibliogr. musicale di Bologna); le 2 Sonate per violinoin parti (una di A. Caldara, London 1704); il Concerto a 4 violini e le 7 Sonate per istromenti, entrambe conservate manoscritte nell'Archivio di S. Petronio a Bologna. Anche nella produzione di musica vocale il G. seppe valorizzare le specifiche potenzialità virtuosistiche degli strumenti, posti con la voce in un rapporto di reciproca autonomia stilistica. Di notevole importanza le 2 Arie con violoncello obbligato dove "l'istrumento comincia a produrre sonorità conformi al suo carattere emancipandosi dall'imitare la voce umana" (Albini); la prima, per soprano, è tratta dall'opera Flavio Cuniberto e, con alcune varianti, fu poi inserita in Silvio, re degli Albani; la seconda appartiene al Clearco in Negroponte e, insieme alla precedente, è conservata manoscritta presso la Biblioteca Estense di Modena. L'abile gioco strumentale contribuisce a incentivare il senso drammatico della vicenda, come nell'oratorio S. Sigismondo (Bibl. Estense di Modena; Bibl. del Civico Museo bibliogr. musicale di Bologna) dove le arie di Gondemaro (tenore) e di Inomenia (soprano) vengono rese con un concertato di grande efficacia espressiva. Assai noto presso i contemporanei come autore di melodrammi, il G. ne evidenziò con successo l'elemento drammatico introducendo un recitativo ad andamento arioso, più morbido rispetto a quello secco, e ricorrendo inoltre al già menzionato impiego di arie concertate. Della produzione teatrale, oltre alle opere già citate (gran parte delle quali sono conservate manoscritte presso le biblioteche di Modena e Bologna) si ricorda ancora Tiberio in Bisanzio, rappresentata postuma a Lucca nel 1694. Tra le composizioni vocali di genere minore, si distinguono le cantate che il G. trattò con relativa disinvoltura nell'organizzazione di recitativi, arie e ariosi. Conservata nella Biblioteca del Civico Museo bibliogr. musicale di Bologna, la raccolta Cantate a voce sola (Bologna 1691) alterna forme strofiche a brani col da capo, in una gamma espressiva variante dallo stile semplice a quello fiorito; quest'opera è dedicata al cardinale Benedetto Pamphili, "legato a latere di Bologna". La rimanente produzione vocale comprende i manoscritti dei seguenti lavori: Ave Maria Stella a 4 voci con strum. (Bibl. Estense di Modena); Chirie et Gloria a 5 voci concertate con strum. (1683, ibid.); 2 Confitebor a 3 voci con strum. (1687; 1689, ibid.); Domine ad adiuvandum a 5 voci con strum. (1685, ibid. e Archivio di S. Petronio); Iste confessor a 2 voci con strum. (Bibl. Estense, 1681); Laudate pueri a 3 voci con strum. (1688, ibid. e Archivio di S. Petronio); Accurrite Tartarei spiritus a 2 voci con cori e strum. (Bibl. Estense); Nisi Dominus a 3 voci con strum.; Ariette (39) a voci diverse e duettino con basso continuo (Lucca 1687); 2 Ariette a voce sola e basso continuo. Inserite in raccolte di autori diversi si ricordano ancora: Stanco di più soffrirti, cantata in Melpomene coronata da Felsina (Bologna 1685) e Vexillum pacis, in Motetti sagri a voce sola con istrumenti (Bologna), entrambe conservate nella Biblioteca del Civico Museo bibliogr. musicale di Bologna.
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