GILIBERTI, Domenico (Domenico da Vespolate, Domenico da Vespolà)
Figlio di Arasmino, nacque intorno al 1445 a Vespolate, località nei pressi di Novara, al cui vescovo era stata infeudata pro tempore dagli Sforza. Nel 1463 il G. si separò dal padre per avviare un'attività autonoma: lavori in muratura e costruzione di fornaci.
Come sembrerebbe dalla supplica inoltrata tra il 1466 e il 1468 a Bianca Maria Visconti, duchessa di Milano, l'iniziativa ebbe scarso successo. Infatti, avendo costruito "uno fornaxono in Cilavegna", località poco distante da Vespolate, e dichiarandosi "inhabile a litigar", in quella supplica il G. chiedeva l'autorevole intervento della duchessa per ottenere dai committenti quanto di sua spettanza.
La presenza del G. a Milano risulta attestata per la prima volta il 10 maggio 1471, quando Galeazzo Maria Sforza, aderendo alla supplica inoltratagli dal "civis Novariensis Dominichus de Vespolate", gli concesse di stipulare contratti senza il consenso del padre, da cui viveva separato da otto anni, e gli permise di sposare liberamente Maddalena Zucconi. Quasi sicuramente lavorò presso qualche affermata tipografia cittadina, apprendendo la nuova arte tipografica e ottenendo così sufficiente credito dai primi committenti: il mercante Ambrogio Caimi e il libraio Giovanni da Legnano, che il 7 giugno 1475 gli affidarono la stampa di 412 esemplari dei Commentaria super Vergilium di Servio. Non disponendo di una propria officina e degli strumenti necessari per stampare, ottenne dal cartaio ducale Giovanni Squassi e dal padre di costui, Melchione, un locale - attiguo alla loro abitazione nella parrocchia di S. Protaso ad Monacos -, due torchi e 22.000 caratteri tipografici. Il 12 luglio si accordò con Bonino Mombrizio, cancelliere dei Maestri delle entrate straordinarie, per stampare 425 esemplari del De octo partibus orationis di Prisciano. Allo stato attuale delle conoscenze è questo l'unico documento in cui è scritto anche il cognome dello stampatore "Giliberti", generalmente menzionato solo con il nome e la località di provenienza. Probabilmente per difficoltà di ordine finanziario, il 20 settembre di quell'anno il G. cedette a Giovanni da Legnano, per la somma di 150 lire, i propri diritti sugli utili che sarebbero stati realizzati con la vendita degli esemplari del Servio. Fideiussore lo stesso Giovanni da Legnano, il G. ottenne anche un prestito di 212 lire, 17 soldi e 4 denari dal mercante di lana sottile Pietro Della Croce. La somma venne utilizzata dal G. per allestire una propria officina in un locale nella parrocchia di S. Protaso ad Monacos e per acquistare due torchi e 40.000 caratteri fabbricati da Giovanni Bono, agostiniano in S. Maria Incoronata, forse di origine tedesca. Il 10 novembre il G. si accordò con Ambrogio Caimi, associato al libraio Cristoforo da Sesto, per stampare in esclusiva per un anno le opere che costoro via via gli avrebbero indicato. Tuttavia il 14 novembre Giovanni da Legnano ritirò la fideiussione e subito (16 novembre) il mercante Pietro Della Croce chiese al G. di saldare il debito contratto nei suoi confronti. In alternativa il G. avrebbe dovuto stampare per Della Croce 240 copie (valutate complessivamente 120 lire) dei Fioretti con la Vita sancti Francisci e consegnargli, non appena pronti, 32 esemplari del Servio (stimati in tutto 92 lire, 17 soldi e 4 denari). Ultimata la stampa dei Fioretti, il mercante - occasionale editore - avrebbe corrisposto al G. 46 lire, 6 soldi e 8 denari per la carta e il salario degli operai.
Il volume del Servio uscì il 1° dicembre, privo di sottoscrizioni tipografiche ed editoriali, per cui venne attribuito dai bibliografi all'anonima "tip. del Servius H 14708" (Indice generale degli incunaboli… [IGI], 8946) analogamente al Prisciano (Hain, 13354) e ad altre due edizioni: l'Orazio del 1475 circa (Hain - Copinger, 8867) e i Sermones quadragesimales di Roberto Caracciolo, del 1478 (Gesamtkatalog der Wiegendrucke [GW], 6089). Manca tuttavia la necessaria documentazione per attribuire con certezza all'officina tipografica del G. anche queste due ultime edizioni.
Tra la fine del 1475 e le prime settimane dell'anno successivo il G. aderì a una società costituita dal mercante Bartolomeo Moresini e dal libraio Antonio Valera per stampare il Filocolo di G. Boccaccio. Nel frattempo erano sopraggiunte per lui nuove difficoltà economiche, dovute non solo al mancato avvio del programma di lavoro concordato con Ambrogio Caimi e Cristoforo da Sesto, ma anche al fatto che egli si trovò impossibilitato a restituire una certa somma avuta in prestito dal Mombrizio, cosicché costui non esitò a farlo imprigionare. La detenzione fu breve, avendo il G. ceduto al creditore in data 24 febbr. 1476 la propria quota degli utili che pensava di realizzare vendendo a 3 lire ciascuno gli esemplari del Filocolo. Il Mombrizio, quale nuovo socio, avrebbe finanziato l'impresa corrispondendo al G. un salario di sole 5 lire mensili e una ricompensa non definita per prete Arcangelo Ondegardi e per tale Francesco da Novara, correttori delle bozze sia del Filocolo, sia del Prisciano.
La splendida edizione in folio del Filocolo (Hain, 3297), stampata con il nitidissimo carattere romano fabbricato da Giovanni Bono, apparve il 14 giugno 1476 con la Vita di Boccaccio di Gerolamo Squarzafico e la presentazione del Mombrizio. Il 12 luglio uscirono senza indicazioni editoriali le Vite de' sancti Padri con il Prato di Giovanni Mosco (Hain, 8616). Quasi sicuramente nello stesso periodo (l'edizione è priva di data) venne ultimato anche il Prisciano. Infine, il 12 dicembre, vide la luce l'editio princeps del Vocabularium di Papias con la presentazione del Mombrizio, in folio e con l'impiego anche di caratteri greci (Hain, 12378).
Non disponiamo di notizie circa l'attività svolta dal G. nel 1477. Il 23 dicembre di quell'anno fu testimone nel processo celebrato dal giudice Antonio Cagarana, relativo alla vertenza insorta tra i cartai Squassi e Bonino Mombrizio. Quest'ultimo si rifiutava di pagare agli Squassi l'affitto di 12 lire mensili per la locazione dell'attrezzatura usata nella stampa del Prisciano, imputando loro la cattiva riuscita degli ultimi fascicoli di quell'edizione, dato che parecchi caratteri tipografici, come la "s" e la "f", erano consunti dall'uso e privi di grazie (Arch. di Stato di Milano, Not. Innocenzo Carate, filza 3033).
Nei primi mesi del 1478 il G. fu in società con Dionigi Parravicino (che aveva introdotto l'attività tipografica nel 1471 a Cremona e nel 1474 a Como) pubblicando l'8 aprile i Rudimenta grammatices di Niccolò Perotti (Hain, 12656). Furono invece cinque, nell'arco di sei mesi, le edizioni pubblicate con la collaborazione di un altro stampatore, Iacopo da Marliano. Quattro apparvero nel secondo semestre del 1478: Fiore novello estratto da la Bibia (GW, 9904); Terenzio (IGI, 9430); Summula logicae di Paolo Veneto (Hain, 4798); Confessionale di Bartolomeo Caimi (Hain, 2484); la Vita scholastica di Bonvesin da La Riva uscì il 27 genn. 1479 (GW, 4922). È questa l'ultima edizione conosciuta in cui appare la sottoscrizione del Giliberti.
Il 3 ag. 1479 il G. risulta abitare a Porta Romana nella parrocchia di S. Nazaro in Brolio, sposato in seconde nozze con Giovanna Moroni. Costei, considerata una delle "quinque pauperibus sponsis" della città, ricevette in tale data un sussidio di 5 fiorini da Damiano Ponte, esecutore testamentario di Melchione Della Strada. Dai patti intercorsi il 16 ott. 1482 con il mercante Pietro Della Croce risulta che il G. nel frattempo si era allontanato dal Ducato per sfuggire ai creditori. Si ignora l'attività svolta in quegli anni e il luogo dell'esilio. Per permettergli di estinguere un debito di 60 lire contratto nei suoi confronti, Della Croce aveva ottenuto dall'autorità competente un salvacondotto che consentiva al G. di ritornare impunemente in città. Costui, che risultava abitare a Porta Vercellina in parrocchia di S. Maria Segreta, il 16 ott. 1482 si impegnava a stampare entro dicembre 400 esemplari delle Epistulae heroidum di Ovidio (40 volumi entro quindici giorni e la parte residua per la metà di dicembre). Della Croce avrebbe fornito undici risme di carta "forme magne" (stimate 50 lire e 16 soldi) e consegnato al G. il solo sussidio di 6 lire per l'avvio del lavoro. Non si hanno però notizie del G. posteriormente alla data degli accordi, né si conoscono esemplari di quella edizione.
Non siamo a conoscenza né del luogo né della data di morte del Giliberti.
Il G. non fece uso di marche tipografiche. Oltre al carattere greco (brevi citazioni in Papias, Servio, Prisciano, 1476) e al gotico G 84 (Paolo Veneto, 1478), utilizzò due caratteri romani: il 108 R (di proprietà dei cartai Squassi) e il 105-106 R (fuso da Giovanni Bono).
Fonti e Bibl.: A. Ganda, Il "tipografo del Servius H 14708" ha un nome: D. G. da Vespolate, in La Bibliofilia, LXXXVII (1985), pp. 227-265 (in partic.: Annali tipografici, pp. 244-246; Documenti, pp. 247-265).