GNOLI, Domenico
Poeta e critico, nato il 6 novembre 1838 a Roma, dove morì il 12 aprile 1915. Abbandonò per tempo la professione legale per darsi all'insegnamento, dapprima a Roma, poi (1880-81) all'università di Torino. Nel 1882 fu nominato direttore della Biblioteca Vittorio Emanuele di Roma, che resse per un venticinquennio, passando poi alla Lancisiana e quindi all'Angelica della stessa città. Viva nella sua famiglia la tradizione poetica; poetesse le sorelle Teresa ed Elena, di cui la prima (1833-1886) godé fama soprattutto come improvvisatrice. Lo Gnoli esordi con un volumetto di Versi (Imola 1871), pubblicati con lo pseudonimo di Dario Gaddi, che non si discostano molto da quelli degli altri scrittori della cosiddetta scuola romana. Seguirono, col vero nome dell'autore, le Odi tiberine (Roma e Torino 1879) e le Nuove odi tiberine (Roma 1885, ristampate in parte, con l'aggiunta di nuove poesie, in Vecchie e nuove odi tiberine, Bologna 1898). In seguito lo Gn. si trasformò in una poetessa, Gina D'Arco; ma il volumetto di versi pubblicati in tale veste (Eros, Roma 1896) mostra che non fu trasformazione felice. Felicissima invece quella in Giulio Orsini, le cui poesie (Fra terra ed astri, Roma-Torino 1903: due saggi erano apparsi a Roma già nel 1901) suscitarono grande scalpore. Critici anche illustri credettero veramente giovane l'autore di quei versi, che sotto molti aspetti sono effettivamente nuovi e precorrono molti dei motivi caratteristici della poesia del Novecento. Lo Gn. era stato tratto al travestimento - svelato solo tardi - da ragioni di convenienza pratica: ma il caso di quest'uomo più che sessantenne che può operare in sé stesso una radicale trasformazione (l'amore veramente giovanile per Vittoria Aganoor, che gl'ispira questi versi, è un aspetto e non la causa della trasformazione stessa) è forse unico nella letteratura italiana. I versi posteriori (raccolti in Poesie edite e inedite, Roma-Torino 1907, volume che comprende il poemetto Iacovella, del 1905; cfr. inoltre i postumi Canti del Palatino, Milano 1923) rappresentano un tentativo da parte del nuovo Gnoli di allargare sempre più la sfera della propria poesia. Lo Gn. è in comunione fantastica con la natura, il suo dolore è il dolore di tutte le cose che lo circondano: sorta di panteismo pessimistico non privo di originalità e di vigore.
Non è senza importanza per la comprensione dello Gn. poeta la sua opera di critico e di commosso rievocatore della vecchia Roma, specie del Cinquecento e del Seicento. I numerosi studî dello Gn. - che hanno importanza anche per sé stessi - sono sparsi nella Nuova Antologia, da lui diretta per molti anni, nell'Arch storico dell'arte, da lui fondato nel 1888, e in parte riassunti nel volume Have Roma (Roma 1909). Cfr. anche gli Studi letterari (Bologna 1883).
Bibl.: L'introduzione che lo Gn. premise alla sua antologia, I poeti della scuola romana, Bari 1913, ha valore anche autobiografico. Cfr. inoltre: A. Graf, in Nuova Antol., 1° aprile 1904; C. Calcaterra, in Studi critici, Asti 1911; B. Croce, La lett. d. nuova Italia, IV, 3ª ed., Bari 1929, pp. 157-166; M. De Camillis, D.G., Napoli s.a.