BARONE, Domenico Luigi
Nacque a Liveri (Napoli) nel 1685.
Nel 1703 il suo nome compare tra quelli degli alunni del collegio dei gesuiti di Napoli che recitavano una Clitennestravi sosteneva la parte di Pilade. Qualche anno dopo formò e diresse una compagnia di filodrammatici a Liveri, che rappresentava sue commedie, ben presto divenute così famose da attirare un vasto pubblico composto soprattutto di nobili. Secondo P. Martorana, il commediografo venne segnalato al re Carlo III di Borbone, che lamentava le sconcezze con-tenute nel repertorio del Teatro San Carlo, dalla principessa di Belmonte, donna Anna Francesca Pinelli Sangro. Secondo il Villarosa, il sovrano ebbe occasione di assistere, a Nola, alla rappresentazione di una sua conunedia; dopodiché il B. fu invitato a scrivere per il Teatro del Real Palaizo, dove nel 1735 venne rappresentata La Contessa, che ottenne uno straordinario successo. In quella occasione l'Accademia degli Oziosi dedicò al B. una miscellanea poetica nella quale compare anche un sonetto di G. B. Vico: "Di guardar tu ne dai l'util piacere i de la vita privata i vari eventi".
Il B. divenne il commediografo ufficiale della corte napoletana; il re remunerò molto lautamente il poeta e la sua compagnia, lo fece marchese di Liveri e lo nominò ispettore dei Teatro San Carlo (1741-1747), dove ogni anno veniva rappresentata una sua nuova opera.
Morì a Napoli nel 1757.
Tutte le commedie del B. si avvalgono di trame inviluppate, romanzesche, prive di un motivo centrale e piuttosto svolte in una serie di elementi comici complementari che frenano l'Azione, secondo il modello del così detto teatro spagnolesco; prolisse, tanto che pare potessero richiedere anche sette ore di recitazione, e scritte in un italiano continuamente contaminato da spagnolismi e in un napoletano sempre in funzione buffonesca, le commedie del B. non presentano motivi di interesse letterario. Il loro successo era dovuto alla realistica e puntigliosa cura che l'Autore dedicava alla preparazione degli attori e alle trovate sceniche. F. Cerlone testimonia come egli pretendesse dagli attori un'accurata recitazione mimica, giacché il suo teatro non si affidava tanto a un particolare decoro letterario quanto alla traduzione espressiva di una data situazione. In questo senso il B. perpetuava, a suo modo, la tradizione dei comici dell'Arte, particolarmente viva a Napoli, ma la snaturava del suo carattere immediato assoggettandola alle nuove esigenze del suo pubblico aristocratico.
Il Napoli Signorelli mette in evidenza la capacità del B. di ordinare la scena in modo che vi si potessero "indicare a un tempo diverse azioni e più colloqui" presentando così "l'immagine parlante di una gran parte della città o di una gran casa"; questa tecnica fu imitata dal Goldoni nel Filosofo inglese.
Opere: La Contessa (Napoli 1735); Il cavaliere (ibid. 1736); Il Partenio (ibid. 1737); L'Abate (ibid. 1741); Il Governatore (ibid. 1742); Il Corsale (ibid. 1744), secondo il Mazzuchelli e poi il Croce, ma alla Biblioteca Nazionale di Roma è conservata una edizione napoletana del 1743): Il Gianfecondo (ibid. 1745); Claudia (ibid. 1745); Gli studenti (ibid. 1748); L'Alberico (ibid. 1753); Il solitario (ibid. 1756); La Sirena (ibid. 1758).
Bibl.: G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'italia, II, 1, Brescia 1758, p. 383; F. Cerlone, Commedie, XIV, Napoli 1778, Prefazione; p. Napoli Signorelli, Storia critica dei teatri antichi e moderni, VI, Napoli 1790, pp. 227-230; G. D'Afflitto, Memorie degli scrittori del Regno di Napoli, II, Napoli 1794, pp. 43 s.; C. A. Rosa di Villarosa, Opuscoli di G. B. Vico, III, Napoli 1810, pp. 217 s.; P. Martorana, Notizie biogr. e bibl. degli scrittori del dialetto napolitano, Napoli 1874, p. 19; B. Croce, I teatri di Napoli, Bari 1947, pp. 121, 174, 179-197, 206 s., 228; G. Natali, Il Settecento, II, Milano 1950, pp. 846 s.