MACANZONI, Domenico
MACANZONI, Domenico. – Nacque il 2 febbr. 1803 a Verona nella parrocchia di S. Silvestro da Chiara Ferrari (Romin Meneghello, p. 174) e Lodovico (il cui cognome originariamente era Mascalzoni), pittore prospettico e vedutista (nato a Verona nel 1770 e morto dopo il 1860: Romin Meneghello, pp. 150-152), del quale il M. seguì le orme distinguendosi nell’arte delle prospettive e del paesaggio, realizzati in buona parte ad affresco.
Difficile è tratteggiarne la personalità per la scarsa disponibilità di sue opere, a eccezione di quelle che talvolta lo impegnarono a fianco del genitore, da cui apprese i primi rudimenti del mestiere. Tuttavia alla formazione dello stile del M., soprattutto per l’uso del colore «sobrio, contenuto in poche meditazioni tonali, e pur ricercato per finezza e stile» (Tessari, p. 79), dovette concorrere anche la lezione di S. Dalla Rosa, nipote di G. Cignaroli, considerato l’iniziatore del nuovo corsoartistico veronese dopo lunghi decenni di stanco accademismo.
Il 30 sett. 1825 il M. si sposò con Cristina Molin da cui ebbe dieci figli (Brenzoni). Nel 1833 Lodovico e il M. furono chiamati a realizzare una serie di soggetti in palazzo Dionisi; mentre al solo padre spettò l’organizzazione del progetto, il M. s’incaricò della raffigurazione delle scene, che riscossero il plauso della cittadinanza.
Effettivamente il risultato coniuga la tradizione scaligera settecentesca del trompe-l’oeil, di cui era stato fecondo esponente il bolognese F. Maccari, con accenti di realismo pittorico tipicamente ottocentesco. Sulle pareti sono rappresentate Flora e fauna, un vero e proprio «catalogo» di piante e animali dipinti con estrema verosimiglianza, grazie a uno stile disegnativo preciso e netto, corroborato da una luce fredda. Ma la precisione scientifica capace di dispiegare una notevole varietà botanica – terrestre e palustre – si accompagna anche a incursioni aneddotiche, laddove un segugio acquattato si destreggia nel fogliame all’inseguimento di una lepre. Sulla parte alta delle pareti una serie di lunette alternate a ovali è composta secondo uno schema neo-cinquecentesco che ricorda le decorazioni a grottesche, sebbene il risultato sia molto più calligrafico ed enciclopedico. Sul soffitto, un’aquilasi libra entro una struttura in prospettiva.
Nel 1835 il M. partecipò all’esposizione di belle arti cittadina con una copia del Ponte di Castelvecchio di P. Ronzoni (Orti). Ma del quarto decennio (secondo la datazione accolta e, se si esclude la Veduta dell’Adigetto, in collezione privata veronese, genericamente firmata e datata «Macanzoni 1831») rimane soltanto l’olio su tela dal titolo Fuori di porta Nuova (Verona, Galleria d’arte moderna a Palazzo Forti).
È stata giustamente evidenziata la «vena narrativa, spigliata e iconograficamente interessante» (Tessari, p. 79) dell’autore, poiché il quadro – che si presenta come una palese rinuncia ai soggetti «da cavalletto» a favore di una pittura di documentazione – entro una ben bilanciata veduta in prospettiva e con un garbo non comune coglie tutti i dettagli dell’avvenimento, registrando persino «le nobildonne sfaccendate in cerca forse di evasioni sentimentali» (ibid., p. 20).
Nel 1841 al M. fu allogato un altro incarico, sempre accanto al padre: un enorme affresco nel cortile di casa Vela Sambonifacio, in cui l’artista fu forse impegnato soltanto «per pochi giorni», come riportano le fonti dell’epoca. La scena si offriva come un immenso paesaggio in prospettiva in cui apparivano «le nevose cime di Monte Baldo; più presso altri monti; quindi […] il poggio la Grolla, amena e agiata villa della stessa famiglia Vela; si presentano inoltre […] vallette, rupi, dossi e prati» conclusi da una piccola insenatura lacustre (Ferrari, p. 500). Nel 1843 il M. fu registrato tra i partecipanti dell’esposizione veronese con due paesaggi (Romin Meneghello, p. 174). Il 1846 fu per il M. un anno di intensa attività: decorò l’interno di palazzo Nogarola a S. Fermo, trattando nel cortile un soggetto a lui caro, il Ponte di Castelvecchio, assai lodato da G. Canella «la cui sola approvazione varrebbe l’elogio di molti» (Tonolli), e partecipò alla esposizione di pittura veronese con cinque dipinti, due temi storici (La partenza di Napoleone per l’isola d’Elba e Napoleone relegato a Sant’Elena), due paesaggi e una Testa di levriero. Del 1850 è il soffitto, firmato e datato, di un salone di villa Nogarola Segattini Degani a Castello con l’affresco delle Costellazioni, tratto dal soffitto della loggia del seminario di Verona di M. Marcola. Nel 1853 il M. a Verona dipinse nel cortile di palazzo Grigolati le Regaste S. Zeno (con il termine «regaste» si intendeva, nel dialetto locale, il tratto di riva dell’Adige soprelevata e protetta da muratura). Al 1867 risale la notizia secondo cui egli avrebbe donato a G. Garibaldi, appena giunto a Verona, un quadro raffigurante Villa Sega, allora residenza temporanea del condottiero. Parte della critica ritiene che il M. si sia dedicato alla copia (Marini, p. 890) e al restauro (Tessari, p. 79) dei dipinti antichi con particolare attenzione agli affreschi, per i quali avrebbe escogitato una nuova tecnica di intelaiatura dopo lo strappo, sebbene egli non ricorra nei repertori dedicati ai restauratori. Del M. si conoscono infine alcune incisioni, quali Lago di Garda. Toscolano (Reggio Emilia, Biblioteca Panizzi, Fondo A. Davoli, inv. 8542), realizzata all’acquatinta e all’acquaforte, e Villa Guerrieri a Bardolino, Villa Carlotti a Garda, Villa Benzoni a San Vigilio, Villa Nogarola a Castel d’Azzano, conservate presso la Sezione stampe della Biblioteca civica di Verona.
Il M. morì a Verona il 20 ag. 1873.
Fonti e Bibl.: G. Orti, Esposizione di belle arti nelle sale del teatro Filarmonico di Verona, in Il Poligrafo, VIII (1835), ottobre-novembre, p. 134; G. Ferrari, Varietà, in Il Foglio di Verona, 13 ott. 1841, p. 500; G. Tonolli, Pubblica esposizione nella Pinacoteca comunale, ibid., 25 sett. 1846, p. 462; La villa nel Veronese, a cura di G.F. Viviani, Verona 1975, pp. 319 s., 324, 331, 629; P. de Landerset Marchiori, Villa Nogarola, in Gli affreschi nelle ville venete: dal Seicento all’Ottocento, a cura di R. Pallucchini, I, Venezia 1978, p. 146; U.G. Tessari, Profilo storico della pittura veronese dell’Ottocento, in Dalla Verona austriaca alla Verona italiana 1830-1900 (catal.), Verona 1982, pp. 20, 79; L. Romin Meneghello, in La pittura a Verona dal primo Ottocento a metà Novecento, a cura di P. Brugnoli, I, Verona 1986, pp. 150-152, 174 s.; G. Marini, in La pittura in Italia. L’Ottocento, II, Milano 1991, pp. 889 s.; Ville venete: la provincia di Verona, a cura di S. Ferrari, Venezia 2003, pp. 93, 95; R. Brenzoni, Diz. di artisti veneti, Firenze 1972, p. 200.