MANETTI, Domenico
Nacque a Siena, dove fu battezzato l'8 genn. 1609 (Rutilio Manetti, 1978, p. 56), figlio secondogenito di Lisabetta Panducci e di Rutilio, il più eccellente e quotato pittore fra quelli attivi a Siena nella prima metà del XVII secolo. Tutto l'iter formativo e la fase iniziale della carriera del M. si svolsero inevitabilmente sotto l'ala paterna. I mezzi tecnici limitati e la personalità poco spiccata, peraltro, non gli consentirono una piena e consapevole emancipazione artistica dai moduli stilistici di Rutilio nemmeno dopo la morte di questo, avvenuta il 22 luglio 1639.
Il ruolo del M. nella storia dell'arte senese del Seicento non può quindi superare quello di epigono, che rimase aderente per tutta la sua carriera ai canoni (progressivamente sempre più fuori moda) della maniera naturalista postcaravaggesca e impossibilitato a varcare con il suo stile attardato (e talora non immune da qualche sgrammaticatura) i confini della città natale. All'interno di essi, comunque, occorre rilevare che la carriera del M. si mantenne a un livello di costante decoro. E il pittore, impegnato in commissioni importanti, fu attivo a fianco dei migliori protagonisti della scena artistica locale.
D'accordo con le tappe obbligate della gavetta artistica, i primi documenti sul M. lo descrivono occupato, dallo scoccare del sedicesimo anno d'età, nella riscossione di pagamenti di opere dovute alla mano del padre. Fu così che il 30 ag. 1625 il M. ricevette a Pisa, per conto di Rutilio, il saldo relativo al dipinto raffigurante Elia sotto il ginepro risvegliato dall'angelo, eseguito per la tribuna del duomo locale. Analoga mansione il M. assolse il 15 marzo e il 9 apr. 1626, in occasione di due pagamenti effettuati dalla certosa di Maggiano per conto della certosa di Firenze, riferiti al S. Alessandro liberato dal carcere da un angelo dipinto da Rutilio per la chiesa di S. Giovanni Battista di Sant'Ansano in Greti.
Nel corso del quarto decennio il M. seppe progressivamente meritarsi il ruolo di principale aiuto del padre, com'è dato evincere da alcune opere nelle quali si riconosce un intervento della bottega che sembra logico ricondurre alla sua mano.
Tracce di un probabile contributo del M. in opere di responsabilità paterna si manifestano nella Visitazione e santi per la chiesa di S. Agostino a Massa Marittima e nel Rinaldo abbandona Armida (Siena, collezione privata: ripr. in Rutilio Manetti, 1978, p. 131). Un ruolo maggiore egli dovette svolgere nella Circoncisione eseguita nel 1635 per la chiesa di S. Romano a Lucca; e il suo peso divenne preponderante nel S. Tommaso da Villanova distribuisce elemosine della chiesa di S. Spirito a Firenze e nel Trionfo di David (Lucca, Museo nazionale di Villa Guinigi), eseguito per il granduca di Toscana nel 1637 (Baldinucci, p. 92). Inoltre, il M. contribuì con un esemplare alla serie di dodici incisioni di Storie di s. Bernardino realizzate da Bernardino Capitelli nel 1635. Per la serie - dedicata al nipote di Cassiano Dal Pozzo, Ferdinando, nato nel 1630 - fu fornita dalla bottega dei Manetti la gran parte dei bozzetti a olio su carta (nove, otto dei quali di mano di Rutilio, tutti oggi conservati nella Royal Collection di Windsor Castle).
Accanto all'impegno come principale aiuto di Rutilio, già nella prima metà degli anni Trenta, al M. venne delegata l'esecuzione di alcune opere pubbliche. La più antica di esse si dovrebbe forse ritenere la tela dell'Estasi di s. Gerolamo, singolarmente dinamica e affollata, per la chiesa senese dedicata al santo, che Romagnoli riferisce al 1630 (p. 618), ma che sembra preferibile collocare non prima della metà del quarto decennio. Il felice bozzetto preparatorio di questa tela, oggi nella Galleria degli Uffizi di Firenze, fu peraltro, con ogni probabilità, una premurosa fornitura del padre (Rutilio Manetti, 1978, p. 153). Di mano del M. sono anche due lunette con Episodi della vita di s. Bernardino (S. Bernardino conforta i giovani nella fede e I Senesi rendono omaggio alla salma del santo), parte del ciclo di affreschi dedicato al santo nell'oratorio senese a lui intitolato, che aveva già visto impegnati Rutilio e Ventura Salimbeni.
Il 21 apr. 1631, il M. entrò nella Compagnia laicale di S. Giovannino in Pantaneto, a Siena, istituzione della quale sarebbe divenuto vicario l'11 marzo 1639. Pochi mesi dopo la nomina a tale carica, il 26 giugno, il capitolo della Compagnia incaricò Rutilio di eseguire un Battista che indica Gesù alla folla. Mancato il padre di lì a meno di un mese, l'opera venne pressoché interamente dipinta dal figlio; questi, pochi anni più tardi, avrebbe realizzato per la stessa committenza una Nascita del Battista, ispirata alla Natività della Vergine, la celebrata pala d'altare che Rutilio aveva eseguito nel 1625 per la chiesa senese di S. Maria dei Servi.
La maggior parte delle opere più convincenti del M. è situata nel quinto decennio, allorquando la sua istintiva tendenza a mantenersi rigorosamente entro i confini degli stilemi paterni, tradotti in impianti compositivi statici e semplificati, non aveva ancora esaurito tutte le sue potenzialità espressive.
Nel 1643 il M. eseguì la Moltiplicazione dei pani e dei pesci per la chiesa senese di S. Giovanni dei Tredicini, dalla quale non dovrebbe essere molto distante cronologicamente L'abbraccio fra la Pace e la Giustizia, tela commissionata da Mattias de' Medici (governatore di Siena e fratello del granduca Ferdinando II) per il palazzo reale di Siena (oggi nella locale Pinacoteca nazionale). Nel 1644 realizzò la Consegna delle chiavi della chiesa di S. Pietro in Monsindoli, mentre l'anno successivo portò a termine la S. Caterina recita l'uffizio con Gesù per il palazzo pubblico di Siena. Nella seconda metà del decennio il M. dipinse due affreschi per la sede della Biccherna, nel palazzo pubblico: David e la donna di Thecua nel 1646 e Rebecca al pozzo nel 1649, donde si può ricavare qualche indizio di un interessamento per la maniera aggiornata in senso barocco di Raffaello Vanni. Nel 1649 si colloca anche la tela raffigurante la Madonna che mostra a due sante l'immagine di s. Domenico in Soriano, realizzata per la chiesa di S. Caterina al Paradiso; mentre l'anno seguente, ancora per il palazzo pubblico, il M. eseguì la tela raffigurante la Partenza delle milizie senesi per la Terra Santa. In questo stesso giro di anni a cavallo del decennio sono da situare alcuni dipinti conservati nella collezione Chigi Saracini di Siena: le due tele pendants raffiguranti La figlia del faraone con un'ancella e Mosè abbandonato sul Nilo, in cui si coglie un impegno volto a temperare in senso classicistico la sempre preponderante impronta caravaggesca, e l'Agar e Ismaele cacciati da Abramo, quadro non privo di una certa complessità strutturale che fu dipinto in concorrenza con Bernardino Mei e Raffaello Vanni.
Nel 1651 il M. contribuì con due lunette al ciclo di affreschi dedicati a Storie di Giobbe nella chiesa senese di S. Rocco alla Lupa; e sempre all'inizio del sesto decennio si può far risalire l'esecuzione della Carità romana (Siena, Monte dei Paschi). Nel 1655 fu nuovamente impegnato in palazzo pubblico, dove, sempre su commissione della Biccherna, realizzò l'ovale con Emilia Pannocchieschi d'Elci presenta il progetto per un monastero al vescovo di Siena.
Nel 1656 il M. partecipò con la Predica di s. Stefano al ciclo di tele dedicate al santo, che si stava compiendo nella chiesa di S. Stefano a Siena. Il ciclo impegnò alcuni dei principali pittori senesi, tra cui Mei e Raffaello Vanni, che vi diedero una brillante dimostrazione della direzione in cui s'era evoluta a quella data la pittura locale, implicitamente relegando la maniera del M., nonostante i suoi dignitosi tentativi di aggiornamento, a una mesta postazione di retroguardia.
La produzione estrema del M. segnò sempre più il passo, manifestando una decisa perdita di energia pittorica, di sicurezza e di controllo sulla materia di cui si direbbero testimonianza la fiacca Orazione nell'orto e l'eclettica S. Cristina rifiuta di adorare l'idolo (Siena, collezione Chigi Saracini).
Il M. morì a Siena il 17 genn. 1663.
Fonti e Bibl.: F. Baldinucci, Notizie de' professori del disegno, Firenze 1728, pp. 92 s.; E. Romagnoli, Biografia cronologica de' bellartisti senesi (1830 circa), X, Firenze 1976, cc. 613-632; C. Brandi, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, Leipzig 1930, p. 8; Id., Rutilio Manetti 1571-1639, Siena 1931, pp. 178-182; Rutilio Manetti 1571-1639 (catal., Siena), a cura di A. Bagnoli, Firenze 1978, ad ind.; C. Pallavicino, D. M., in Bernardino Mei e la pittura barocca a Siena (catal., Siena), a cura di F. Bisogni - M. Ciampolini, Firenze 1987, pp. 123-138; A. Bagnoli, in La sede storica del Monte dei Paschi di Siena, Siena 1988, pp. 421-427; M. Cesani, in La pittura in Italia. Il Seicento, II, Milano 1989, p. 798; B. Sani, Carte d'inventario. Ottavio Leoni e D. M., in La Diana, II (1996), pp. 66-84; V. Fallani, Artisti-collezionisti nella Siena del Seicento, in Proporzioni, I (2000), pp. 107-130.