GIACOBAZZI, Domenico Maria
Nacque nel 1691 probabilmente a Pescarola di Prignano sulla Secchia, presso Sassuolo (Modena), dal funzionario ducale Onorio e da Antonia Pavarelli. Nel 1709 concluse gli studi in filosofia e fisica nel collegio S. Luigi di Bologna. Per volere del padre, allora governatore ducale del Frignano, studiò diritto nello Studio modenese e si addottorò nel 1711. Dal 1712 al 1715 esercitò presso lo studio dell'avvocato modenese Pietro Ripa. Nel 1715, alla morte dapprima del Ripa e poi del padre, il G. accettò l'incarico di capitano di ragione a Nonantola, nel Modenese, offertogli dal segretario ducale Carlo Barbieri, amico del padre.
Trasferitosi nel 1716 alla podesteria di Sassuolo grazie ai buoni uffici del Barbieri, ebbe l'occasione di conoscere il duca Rinaldo d'Este, che lì si recava con la corte a villeggiare.
Nel 1719 l'ambasciatore estense a Roma Borso Santagata ritornò a Milano, per poi prendere il posto del Barbieri nella carica di segretario ai memoriali. Il G. sostituì il Santagata, rimanendo a Roma, dove rimase dal maggio 1719 al febbraio 1731. Fra i numerosi e delicati incarichi che svolse per conto del duca va ricordata la trattativa per evitare l'espulsione dei cappuccini dallo Stato estense e per dar vita a una nuova provincia del loro ordine che raggruppasse tutti i conventi situati nel Ducato. Nel 1723 s'impegnò per sanare gli attriti fra il duca Rinaldo e papa Innocenzo XIII in merito alla competenza sulle nomine vescovili e fece rimpatriare il conte padovano Benedetto Salvatico, già maggiordomo maggiore del duca di Modena, fuggito a Roma con delicati documenti diplomatici. Riuscì a evitare che fosse attuato il progetto bolognese d'inalveare il Reno nel Po tramite il Panaro, nonostante il favore goduto dai Bolognesi presso il papa Benedetto XIII e ugualmente si attivò contro la crisi con Venezia, sino allora alleata degli Este.
La fuga di notizie sull'elezione di Clemente XII, organizzata dal principe ereditario Francesco d'Este a favore della corte sabauda grazie alle missive inviategli dal G. e le pressanti richieste di rimpatrio di quest'ultimo, dovettero essere all'origine di screzi col duca Rinaldo. Perciò, senza ricevere alcun segno della gratitudine ducale, nel maggio 1731 il G. fu inviato a Parma in aiuto di Enrichetta Maria d'Este, ufficialmente incinta e da poco vedova di Antonio Farnese.
In base al trattato di Londra del 1718 lo Stato di Parma e Piacenza sarebbe dovuto passare a Elisabetta Farnese, sposa di Filippo V di Borbone re di Spagna, con la clausola di cessione d'ogni suo dominio all'infante don Carlos; ciò spinse i Borbone a rifiutare di ammettere la veridicità della gravidanza di Enrichetta e la restituzione della dote, nonché di consegnarle la donazione prevista dal testamento del marito. Stilata la dichiarazione dell'inesistenza della gravidanza, nel marzo del 1732 il G. si recò alla corte dell'infante, a Firenze, per negoziare il vitalizio proposto alla duchessa dalla corte spagnola. L'accordo stilato coi Borbone fra gennaio e maggio del 1734 contemplò per la principessa estense l'aumento del vitalizio, l'uso di palazzo Madama in Piacenza e di quello di Borgo San Donnino, nonché la restituzione della dote.
Il G. fece ritorno a Modena il 30 giugno 1734, mentre era in pieno corso la guerra di successione polacca; fu subito inviato al campo degli invasori franco-piemontesi per rassicurarli sulla fedeltà del duca Rinaldo, che non aveva ceduto alle truppe asburgiche la cittadella di Modena. La capitale del Ducato si arrese all'esercito franco-piemontese il 20 luglio, dopo che il G. ne aveva trattato la resa; nell'ottobre 1735, la Francia e l'Impero firmarono i preliminari della pace con cui i ducati di Milano, Parma e Piacenza furono assegnati all'Impero.
In quell'anno il G. divenne abate e nel 1736 Rinaldo d'Este lo nominò segretario di Stato e consigliere di Segnatura. Nel 1737 il successore Francesco III istituì un nuovo Consiglio di Stato, chiamando il G. a farne parte e da allora non fu più impiegato in missioni diplomatiche; nel 1738 Francesco III ricostituì il Consiglio di segnatura e ne pose a capo B. Santagata. Da questa data, compito del Consiglio di Stato fu sovrintendere ai lavori dei Consigli di giustizia e di segnatura, oltre che della segreteria di gabinetto. In quell'anno il G. fu nuovamente nominato consigliere di Segnatura, qualificandosi così come uno degli uomini su cui faceva perno la politica riformistica del sovrano.
Alla prima fase delle riforme appartiene anche il Regolamento ed ordini di sua altezza serenissima da osservarsi dai Consigli, magistrati e tribunali di Modena per il buon governo politico, civile ed economico de' suoi dominii (30 dic. 1740, ma pubblicato nel 1741).
Tipico esempio di consolidazione e novellazione, ossia del recupero di norme precedenti con l'innesto di nuove, il Regolamento offre un quadro completo delle istituzioni estensi, poiché illustra il funzionamento delle strutture centrali e dei "partimenti" in cui era diviso il Ducato e chiarisce i compiti di giudici e notai; è inoltre una ricapitolazione del diritto processuale vigente, in particolar modo di quello civile. Solo le parti sull'uditore generale criminale furono in seguito abrogate, quando la carica fu soppressa, dalle Provvisioni, gride, ordini e decreti da osservarsi negli Stati di sua altezza serenissima (Modena 1755), la nuova compilazione legislativa in materia civile, penale ed ecclesiastica - della quale il G. fu autore insieme con l'avvocato Carlo Ricci - che costituisce il precedente più cospicuo del Codice Estense del 1771. Come già il Regolamento del 1740, le Provvisioni rispecchiano le vedute dell'entourage di L.A. Muratori in materia di giustizia, sia per quanto concerne l'unificazione e la razionalizzazione delle leggi vigenti sia in relazione alla limitazione dei privilegi ecclesiastici e alla distinzione delle aree di competenza di Chiesa e Stato.
Quando nel 1749 B. Santagata divenne prefetto del Buongoverno, il G. assunse la presidenza del Consiglio di segnatura. Pur essendo fra i consiglieri di Stato convocati dal duca nel biennio 1752-53 e nonostante avesse presenziato alle riunioni del Privato Consiglio di Stato nell'anno seguente, gli vennero di fatto sottratti i reali poteri all'interno della nuova giunta governativa, che dal 1754 riunì i Consigli di Stato e di segnatura. Estromesso dalla Segnatura, gli rimase solo il diritto di convocare la giunta in quanto consigliere di Stato più anziano. Ispirandosi al mediceo auditore delle riformagioni, nel 1754 Francesco III lo nominò inoltre suo auditore personale, col compito di presiedere alla pronta esecuzione dei propri ordini, specialmente in materia giudiziaria e di istruzione pubblica. Fu probabilmente allora che il G. ricevette di nuovo l'incarico di studiare la legislazione estense antica e nuova, al fine di preparare la stesura delle Provvisioni. Fu tuttavia allontanato dalla corte con la nomina a governatore di Correggio, comprensiva del diritto di successione alla carica per il figlio Onorio, avuto dalla moglie Giulia Nanni.
Il suo contributo al lavoro di consolidazione legislativa, che precedette l'elaborazione del Codice Estense, comprese anche l'impegno a rivedere tutta la normativa su feudi, manomorte e passaggi di beni da ecclesiastici a laici; sin dal 1749 Francesco III aveva appunto incaricato i Consigli di giustizia e di segnatura di riesaminare tale normativa, affidando contestualmente al prefetto del Buongoverno l'esame degli statuti locali, nonché delle leggi concernenti le Comunità e i rapporti fiscali con esse. Lo studio effettuato dal G. nei cinque anni in cui aveva presieduto la Segnatura fu poi messo a frutto nel suo ultimo incarico di rilievo, ossia la presidenza della congregazione per gli Affari ecclesiastici o misti, istituzione sostituita nel 1757 dal magistrato di Giurisdizione sovrana.
Quando, dal 1° giugno 1767, al magistrato successe il dipartimento di Giurisdizione sovrana, con competenze ampliate e con l'accentramento delle funzioni nelle mani del ministro Felice Antonio Bianchi, il G. rimase ai margini del dibattito giurisdizionalista. Egli propugnava infatti provvedimenti moderati, tesi a evitare fittizie cessioni di beni e a salvaguardare le prerogative sovrane, non miranti al completo controllo sulla vita e sui beni della Chiesa locale.
Governatore di Sassuolo, si adoperò nel 1763 per la riconciliazione tra il principe ereditario Ercole Rinaldo e il duca Francesco III, dopo i forti dissidi dovuti alla designazione del marito - l'arciduca Ferdinando d'Asburgo - di Maria Beatrice Ricciarda, figlia di Ercole. Fra l'ottobre 1763 e l'agosto 1764 il G. fu inoltre governatore di Castellarano.
Negli anni dell'ambasceria romana, il G. aveva recuperato per Ludovico Antonio Muratori il manoscritto della cronaca di Farfa dalle biblioteche Barberini e Casanatense (1724) e, insieme con il modenese generale dei gesuiti Fortunato Tamburini, ne aveva protetto in tre distinte occasioni i Rerum Italicarum Scriptores, la Vita di Lodovico Castelvetro e il De ingeniorum moderatione dai rigori del S. Uffizio e della congregazione dell'Indice. Ottenne poi nel 1748 - ancora con l'ausilio del Tamburini - che fosse resa pubblica una lettera inviata privatamente da Benedetto XIV al Muratori, a riconoscimento della sua attività intellettuale, dopo l'emanazione d'un breve che ne aveva condannato l'opera. Visti i suoi legami con Muratori, nel 1754 Francesco III gli commissionò la continuazione della propria biografia, lasciata incompiuta dal Muratori, morto quattro anni prima. Egli si limitò tuttavia ad aggiornarla agli anni 1739-43, lasciandola manoscritta; oggi l'opera non è più reperibile.
Il G. morì a Modena il 27 maggio 1770.
Fra gli scritti a stampa, si ricorda anche l'elogio latino di monsignor Giuliano Sabbatini vescovo titolare di Apollonia, poi pubblicato sugli Annali letterari d'Italia (II [1763], p. 500), e gli Scritti più importanti stampati in vari luoghi in occasione delle guerra austro-prussa tradotti dal francese e stampati a Leida nel 1759. Fra i manoscritti sono le Memorie storiche e numerose dissertazioni di argomento politico, diplomatico, economico, soprattutto sulle sue ambascerie; una breve autobiografia dal titolo Incominciamento della vita del fu segretario Giacobazzi scritta da lui medesimo, che copre tuttavia solo gli anni 1709-31 (Arch. di Stato di Modena, Archivio Giacobazzi-Fulcini, bb. 108-111) e i Motivi per cui il duca di Modena nella guerra del 1742 non aderì alla Spagna (Modena, Biblioteca Estense, ms. Campori 1766 [gamma T.4.19]).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Cancelleria, Carteggio ambasciatori, Roma, bb. 347-360; Firenze, b. 76; Mantova, b. 11; Parma, bb. 20-23, 25; Ibid., Chirografi ducali, Decreti e chirografi sciolti, bb. 11, 12; Ibid., Consigli, giunte, consulte e reggenze, b. 14; Ibid., Carteggio di referendari…, bb. 82a, 134; Ibid., Cariche e onori di corte, b. 2; Ibid., Carteggi dei rettori dello Stato, Correggio, b. 32; Castellarano, b. 1; Sassuolo, Commissari, bb. 23-24; Ibid., Giunta suprema di giurisdizione sovrana, bb. 2, 4, 6; Ibid., Arch. Giacobazzi Fulcini, 1-6, 67; Ibid., Arm. Direzione n. 8 (D.M. Giacobazzi, Memorie storiche); Modena, Bibl. Estense, Arch. Muratoriano, filza 66; Ibid., Mss. ital. 2709 (beta 41.14): Nuove accessioni ai manoscritti italiani e latini; Sassuolo, Bibl. N. Cionini, Arch. comunale di Sassuolo, Fondo antico, Carteggio generale, bb. 40/40, 42/42, 44/44; L.A. Muratori, Antichità estensi, II, Modena 1750, pp. 685 s., 712; N. Cionini, I podestà di Sassuolo, Pisa 1879-81, pp. 138-140; G. Salvioli, Miscellanea di legislazione estense, Palermo 1898, pp. 15-21; B. Donati, Il precedente legislativo del Codice Estense. Il Gridario del 1755 e l'opera dei giuristi modenesi D. G. e Carlo Ricci, in Atti e memorie dell'Accademia di scienze, lettere ed arti di Modena, s. 4, IV (1929), 2, pp. 3-33; L. di Vistarino Giacobazzi, Enrichetta d'Este duchessa di Parma, Milano 1939, passim; Id., Passioni, scandali e intrighi nel primo Settecento romano e alla corte d'Este, Milano 1959, passim; G. Orlandi, Le campagne modenesi tra Rivoluzione e Restaurazione (1790-1815), Modena 1967, pp. 17-24, 347-354; L. di Vistarino Giacobazzi, Il tramonto dell'Aquila bianca, Roma 1969, passim; A. Barbieri, G., D.M., in, Modena,vicende e protagonisti, a cura di G. Bertuzzi, III, Bologna 1978, p. 281; G. Santini, Lo Stato estense tra riforme e rivoluzione. Lezioni di storia del diritto italiano, Milano 1987, pp. 7 s., 52, 72-75, 89-91, 100, 112-116, 125, 132 s., 160, 165 s., 169, 175, 187-189, 217-232.