Domenico Marotta
Erede di una tradizione, risalente a Stanislao Cannizzaro, che poneva la chimica al servizio del bene pubblico, Domenico Marotta dedicò tutta la sua attività scientifica alla vigilanza sui farmaci e sugli alimenti. La sua vicenda professionale si identifica soprattutto con l’organizzazione e il potenziamento dell’Istituto di sanità pubblica (oggi Istituto superiore di sanità), costituito nel 1934-35 e divenuto sotto la sua direzione una delle maggiori strutture di ricerca dell’Italia repubblicana.
Figlio di Ignazio, proprietario di una tipografia, e di Concetta Corteggiani, nacque a Palermo il 29 luglio 1886. Da ragazzo trascorreva molto tempo nella farmacia del nonno, e nel 1905-06 si iscrisse all’Università di Palermo, dove nel luglio 1910 conseguì la laurea in chimica e farmacia, con una tesi sperimentale svolta presso l’Istituto di chimica generale diretto da Giorgio Errera (1860-1933). Poco dopo la laurea sposò Vittoria Melograni, e nell’estate 1910 – durante l’epidemia di colera che aveva colpito Palermo – lavorò nel Laboratorio chimico municipale, come addetto al controllo delle acque potabili e delle sostanze alimentari. Nel 1911 si trasferì a Roma, dove insegnò chimica nell’Istituto tecnico Leonardo da Vinci e collaborò con Emanuele Paternò (1847-1936) presso l’Istituto chimico dell’Università. Nominato nel giugno 1915 ispettore del servizio farmaceutico nella Direzione generale della sanità, allora dipendente dal ministero dell’Interno, nel 1916 conseguì la libera docenza e nel 1919 fu con Paternò tra i fondatori dell’Associazione italiana di chimica generale e applicata (oggi Società chimica italiana).
La libera docenza gli valse l’insegnamento di chimica bromatologica nell’Università di Roma, che tenne fino al 1933, quando fu chiamato alla cattedra di chimica analitica e merceologia di Firenze. Fin dall’istituzione nel 1923 del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), Marotta fu segretario del Comitato nazionale di chimica, presieduto da Nicola Parravano. Dopo la riforma del CNR nel 1927, continuò a far parte del comitato chimico come rappresentante del Laboratorio chimico della sanità; inoltre entrò a far parte del Comitato per la medicina, insediato nel 1928 e presieduto (dal 1929) da Dante De Blasi (1873-1956).
Nel gennaio 1934 i laboratori della Direzione generale di sanità furono riuniti nell’Istituto di sanità pubblica (ISP). Marotta rinunciò alla cattedra fiorentina, e fu nominato direttore del Laboratorio chimico della sanità nel maggio 1934, per divenire nel luglio 1935 direttore dell’ISP. Dopo le leggi razziali del 1938 avviò un cauto distacco dal regime, come mostra la collaborazione discreta ma efficace data a Enrico Fermi in partenza dall’Italia, e dopo la liberazione di Roma nel giugno 1944 poté evitare l’epurazione, rimanendo alla guida dell’Istituto. Nel dopoguerra indirizzò decisamente l’attività di quest’ultimo verso i nuovi farmaci antibiotici e verso la chimica terapeutica, chiamandovi Ernst Boris Chain (1906-1979, premio Nobel 1945) e Daniel Bovet (premio Nobel 1957). Nel 1948 fu eletto corrispondente dell’Accademia dei Lincei, di cui divenne socio nazionale nel 1961. In quello stesso anno diventò anche socio della Pontificia Accademia delle scienze. Dopo il collocamento a riposo fu coinvolto in una complessa vicenda giudiziaria relativa alla gestione amministrativa dell’Istituto che, nonostante la solidarietà della comunità scientifica, amareggiò i suoi ultimi anni. Morì a Roma il 20 marzo 1974.
Nel 1860, i patrioti palermitani che preparavano lo sbarco dei Mille si riunivano nella farmacia del nonno di Marotta, che Domenico avrebbe poi frequentato da giovanissimo. Il racconto familiare influenzò certamente il suo patriottismo, e risvegliò il suo interesse per il ruolo svolto dagli scienziati nel Risorgimento e nella costruzione dello Stato unitario. Ancora studente, aderì alla Società Dante Alighieri, animando un sottocomitato studentesco che collaborò alla preparazione del congresso del 1905. Fu attivo nei comitati della Dante Alighieri fino al 1933, e quando i numerosi incarichi istituzionali gli imposero di abbandonare questo impegno, ne rimase consigliere emerito.
In occasione del Secondo congresso dell’Associazione di chimica generale e applicata, che si svolse a Palermo nel 1926, organizzò le celebrazioni solenni per il centenario della nascita di Cannizzaro, curando la pubblicazione dei suoi scritti e di molte lettere inedite, e ottenendo il consenso della famiglia per traslare la salma da Roma al Pantheon cittadino di Palermo, nella chiesa di San Domenico. Nel 1932 raccolse poi in volume (Lavori scientifici e scritti vari) gli scritti del maestro di Cannizzaro, Raffaele Piria (1813-1865), per documentarne il ruolo nelle vicende risorgimentali. Il tema fu poi al centro della sua attività nella Società dei XL, di cui fu eletto socio nel 1939, segretario nel 1942, e presidente nel 1962. Proseguendo un’opera iniziata da Paternò, Marotta coltivò l’interesse del sodalizio per lo studio del contributo italiano allo sviluppo della scienza: negli anni recuperò l’archivio istituzionale dei XL e acquisì gli archivi personali di Cannizzaro e dello stesso Paternò, di cui curò un’edizione di scritti e corrispondenze (1943). Promosse poi il cambiamento del nome in Accademia nazionale delle scienze, detta dei XL, e ospitò il sodalizio presso l’Istituto.
Fin dagli esordi, il prevalente interesse scientifico di Marotta riguardò la chimica analitica. Da studente curò gli appunti delle lezioni di chimica docimastica impartite da Eugenio Manzella nella Scuola di applicazione per gli ingegneri di Palermo (1908-09). Tradusse poi dal tedesco i due trattati di chimica analitica di Wilhelm Autenrieth: il primo (Analisi chimica qualitativa) fu stampato nel 1914, mentre il secondo (Analisi chimica quantitativa) dovette attendere per la pubblicazione fino al gennaio 1943. A questo settore si riferivano anche le pubblicazioni presentate per la libera docenza: su di esse la commissione (presieduta da Pietro Blaserna, e di cui facevano parte – oltre a Parravano e Paternò – Alberto Peratoner e Umberto Sborgi) espresse giudizio favorevole, sottolineando il valore scientifico e l’accuratezza sperimentale dei lavori, e segnalando le modifiche e gli aggiornamenti introdotti nella traduzione di Autenrieth, da cui poco dopo Marotta trasse le Nozioni elementari di analisi chimica qualitativa ad uso degli istituti tecnici (1917).
Nel 1917 fu nominato nella Commissione per la macinazione del grano e la panificazione, di cui continuò a occuparsi per circa un ventennio. Alla manipolazione delle sostanze alimentari, e in particolare dei cereali, fu dedicata gran parte dei lavori da lui pubblicati nei «Rendiconti dell’Istituto di sanità pubblica» fra il 1938 e il 1942. Nel dicembre 1927 Parravano, presidente della Commissione per la quinta edizione della Farmacopea ufficiale, lo designò per la delicata funzione di segretario della sottocommissione incaricata di selezionare le proposte di revisione. Marotta continuò a far parte della Commissione nelle edizioni successive della Farmacopea, e ne fu presidente dal 1958 al 1961. L’eco del suo pensiero sul ruolo che lo Stato doveva avere nella tutela della salute dei cittadini si coglie nella premessa alla traduzione (del 1937) della Nuova Atlantide di Francis Bacon:
La lettura […] meraviglia per il numero di provvedimenti statali che sono immaginati nel 1622 e che in gran parte possono esser suggeriti tutt’ora […], così moderna ne è l’ispirazione (p. VIII).
Dopo la fondazione dell’Associazione italiana di chimica generale e applicata, Marotta fu designato dal consiglio direttivo alla carica di segretario generale, e direttore dei due periodici professionali di cui il sodalizio curava la pubblicazione: la «Gazzetta chimica italiana» (fondata da Cannizzaro nel 1870) e gli «Annali di chimica applicata». Iniziava così il suo impegno nelle attività culturali, professionali e sindacali dei chimici. Con Francesco Giordani e Angelo Coppadoro curò la preparazione della riunione della International union of pure and applied chemistry (IUPAC), che ebbe luogo a Roma dal 22 al 25 giugno 1920, e le successive visite dei delegati stranieri agli impianti industriali di Napoli e Cengio (26 e 29 giugno). Dal 3 al 6 giugno 1923 organizzò, in occasione del settantacinquesimo compleanno di Paternò, il Primo congresso nazionale di chimica pura e applicata, di cui curò anche gli atti (1923).
Organizzò poi i successivi congressi della Società, quello già menzionato del 1926 (Palermo), poi quelli del 1929 (Firenze), 1932 (Roma) e 1935 (Cagliari e Sassari). Nel 1936 fece parte della delegazione italiana alla XII riunione IUPAC di Lucerna, e nel 1938 del comitato organizzatore del congresso della IUPAC a Roma, tenuto dal 15 al 22 maggio sotto la presidenza di Parravano. Nel 1947 l’Associazione divenne Società chimica italiana, della quale Marotta fu eletto presidente nel 1960.
Accanto a ricerche attinenti ai problemi farmacologici e nutrizionali (come quelle sulla caseina, sui metodi spettroscopici per il riconoscimento della colorazione artificiale dei vini, sull’influenza dei fosfolipidi vegetali nella nutrizione, sulla composizione degli oli, sull’analisi termica di alcuni sistemi di solfati), si deve a lui il definitivo chiarimento della struttura dell’urotropina; lavorò inoltre alla sintesi di una serie di derivati alchilici dell’acido barbiturico, soggetto sul quale continuò a indagare anche nei primi anni di direzione dell’ISP (Bovet 1975). La sua attività personale come ricercatore cessò di fatto negli anni Quaranta, quando gli impegni istituzionali e di politica scientifica finirono per assorbirlo totalmente. Insignito di numerosi riconoscimenti e membro di molte accademie, il 24 ottobre 1963 l’Università di Roma gli conferì la laurea honoris causa in scienze biologiche.
La vicenda storica dell’Istituto è legata, nella sua prima fase, alla lotta contro la malaria. A partire dal 1924, infatti, fu questa l’occasione per la collaborazione fra il governo Mussolini e l’International health board della Fondazione Rockefeller (Donelli, Serinaldi 2003). Tra il 1928 e il 1930 prese forma l’idea di costituire in Italia un istituto di sanità pubblica capace di rappresentare un modello avanzato per iniziative analoghe in altre nazioni. Il finanziamento della Rockefeller fu utilizzato per la costruzione dell’edificio e per la sua attrezzatura scientifica: Marotta fece parte della commissione tecnica che ne elaborò il progetto. Lo Stato italiano fornì invece il terreno, nell’ambito di un intervento urbanistico per lo sviluppo di un polo scientifico a Roma, nell’area compresa tra il Policlinico umbertino-giolittiano e il quartiere di San Lorenzo: tra il 1930 e il 1937 vi furono costruiti, oltre all’ISP, la nuova città universitaria, la sede del Consiglio nazionale delle ricerche, il ministero dell’Aeronautica e l’Ospedale Eastman.
L’edificio fu completato e inaugurato nell’aprile del 1934; nel gennaio precedente era stato ufficialmente costituito con decreto legge l’ISP, nel quale erano riuniti i laboratori scientifici della Direzione generale della sanità (batteriologico, chimico, fisico, malariologico). L’8 maggio 1934 Marotta fu nominato direttore del Laboratorio chimico, il più grande fra quelli che costituivano il nucleo iniziale dell’Istituto. All’inizio del 1935, presentando alla Camera dei fasci e delle corporazioni il bilancio di previsione del ministero dell’Interno, il chimico milanese Giuseppe Bruni (1873-1946) si soffermò a lungo sull’inaugurazione dell’ISP e sui suoi compiti, enfatizzando il ruolo del Laboratorio chimico e del suo capo. Il 28 febbraio 1935 un decreto legge stabilì che l’Istituto, in precedenza retto dal direttore generale della Sanità, da cui dipendevano direttamente i capi dei laboratori, doveva avere un proprio direttore, e il 1° marzo 1935 fu nominato De Blasi, accademico d’Italia, ordinario di igiene nell’Università di Roma, presidente del Comitato per la medicina del CNR, dell’Associazione fascista per l’igiene, e del Consiglio superiore della sanità; il successivo 25 luglio De Blasi lasciò la direzione a Marotta, che mantenne anche la direzione del Laboratorio chimico (G. Paoloni 2007).
Il biennio 1934-36 fu occupato dal trasferimento dei Laboratori nella nuova sede: il primo a prendervi posto fu il Laboratorio di batteriologia, seguito poco dopo da quello di malariologia; nel 1935 fu la volta del Laboratorio fisico, mentre quello chimico fu l’ultimo ad arrivare, nel 1936. Il 1° luglio 1937 fu emanato un nuovo regolamento, che poneva l’Istituto alle dirette dipendenze del ministro dell’Interno, attribuendo al direttore autonomia amministrativa. Nel 1941, infine, l’Istituto fu completamente riordinato, attribuendo al direttore il grado di direttore generale, cambiando la denominazione in Istituto superiore di sanità (ISS), e portando a sette il numero dei Laboratori. Il senso di questo percorso era piuttosto chiaro: pur mantenendo all’Istituto le sue competenze nell’ambito dell’organizzazione della sanità italiana, il suo legame con l’amministrazione sanitaria veniva reso molto elastico, mentre veniva reso più stretto quello – già molto forte – con il sistema della ricerca e in particolare con l’Università di Roma e con il CNR. La dotazione di attrezzature dell’ISS, del resto, non aveva paragoni in nessun’altra istituzione scientifica italiana, e il numero di ricercatori in organico superava largamente anche le dimensioni della facoltà di Scienze dell’Università di Roma, situata nella città universitaria dall’altra parte della strada.
Nel 1945 fu istituito l’Alto commissariato per l’igiene e la sanità, che preludeva, nelle intenzioni del legislatore, alla creazione di un vero e proprio ministero della Sanità, che si sarebbe peraltro realizzato soltanto nel 1958. L’ISS passò quindi alle dipendenze dell’Alto commissariato. Superate senza troppe conseguenze la guerra e il cambiamento di regime, Marotta ne rimase direttore, indirizzandone l’attività soprattutto verso le tecniche di produzione dei nuovi antibiotici, verso le malattie virali e i vaccini, e verso i nuovi sviluppi della chimica terapeutica: in questa prospettiva alla fine degli anni Quaranta vi giunsero Chain e Bovet. Gli anni Cinquanta furono per l’ISS un periodo di forte crescita istituzionale e scientifica, con l’avvio di un impianto per la produzione della penicillina (Cozzoli, Capocci 2011), e di nuovi laboratori e centri di studio (Bovet 1975; G. Paoloni 2007; L. Paoloni 2007). Nel 1961, raggiunta l’età della pensione, Marotta lasciò la direzione.
Tra il 1963 e il 1964, in un complesso periodo di ridefinizione istituzionale del sistema della ricerca nella fase di avvio dell’alleanza di centrosinistra fra Partito socialista italiano e Democrazia cristiana, la comunità scientifica italiana fu scossa da una serie di indagini giudiziarie che evidenziavano l’inadeguatezza italiana in materia di politica e amministrazione della ricerca stessa. A farne le spese furono in primo luogo il Comitato nazionale per l’energia nucleare e l’ISS, due istituzioni nelle quali, per ragioni diverse, vi erano situazioni di conflittualità interna. Nel caso dell’ISS, gli attriti erano legati soprattutto alle scelte del governo per la successione di Marotta. L’8 aprile 1964 l’ex direttore fu arrestato nell’ambito di un’indagine, originata dalle accuse di un impiegato amministrativo, in cui era imputato per peculato, falso ideologico e violazione di varie norme sulla contabilità di Stato.
Rimesso in libertà il 15 aprile, rifiutò di presentarsi in aula, dichiarando che una persona della sua età, che aveva reso importanti servigi al proprio Paese, non meritava di essere trattata in quel modo. Giudicato in contumacia, in primo grado fu condannato a sei anni e sei mesi di reclusione. La comunità scientifica fu ampiamente solidale, in Italia e all’estero. L’Accademia dei XL respinse le dimissioni da presidente da lui subito presentate. Chain espresse giudizi molto critici sul procedimento, pubblicati dalla rivista «Science», che portarono alla sua incriminazione per oltraggio alla corte. Nel giugno 1969 la sentenza d’appello escluse finalità di profitto personale nella condotta di Marotta, e ridusse la pena a due anni e undici mesi; nel 1971, infine, la Cassazione, pur confermando alcune imputazioni, dichiarò la condanna di Marotta estinta in seguito all’amnistia emanata nel 1966, per il ventennale della Repubblica.
Nozioni elementari di analisi chimica qualitativa ad uso degli istituti tecnici, Palermo 1917, 19202.
Premessa a F. Bacone, La nuova Atlantide, traduzione libera di D. Marotta, prefazione di G. Gentile, Terni 1937.
Piero Ginori Conti. Necrologio, «La chimica e l’industria», 1939, 21, pp. 651-55.
Stanislao Cannizzaro, in Celebrazioni siciliane 25 settembre-25 ottobre 1939, 1° vol., Urbino 1940, pp. 247-83.
Aspetti dell’organizzazione sanitaria italiana, Conferenza tenuta a Timisoara, Bucarest e Brasow, maggio 1942, «Rendiconti dell’Istituto superiore di sanità», 1943, 6, pp. 315-38.
Emanuele Paternò, «Memorie della Società italiana delle scienze detta dei XL», 1943, 25, pp. 75-82.
I fondatori della scuola italiana di chimica, «Memorie della Società italiana delle scienze detta dei XL», 1943, 25, pp. 35-61.
Primati italiani nella chimica, «Rendiconti dell’Istituto superiore di sanità», 1943, 6, pp. 339-61.
Stanislao Cannizzaro 1826-1910, in Great chemists, ed. E. Farber, New York-London 1961, pp. 661-74.
Francesco Redi. Biologo e poeta, Roma 1967.
D. Bovet, Domenico Marotta, Discorso pronunciato in occasione della commemorazione organizzata congiuntamente dall’Accademia nazionale dei Lincei e dall’Accademia nazionale delle scienze, detta dei XL, il 12 aprile 1975, Roma 1975.
La chimica per la tutela della salute pubblica, Atti del Convegno per la Celebrazione del centenario della nascita di Domenico Marotta, Roma (14-15 dicembre 1987), «Rendiconti dell’Accademia nazionale delle scienze detta dei XL. Memorie di scienze fisiche e naturali», 1990, 14, parte II, t. 1, pp. 57-161 (in partic. G.B. Marini Bettòlo, Domenico Marotta e la sua opera per la tutela della salute pubblica, pp. 57-61; G. Sleiter, Domenico Marotta e la Società chimica italiana, pp. 63-64).
Atti del Convegno in onore di Domenico Marotta nel 25° anniversario della morte, Roma, Istituto superiore di sanità (9 luglio 1999), a cura di G. Benagiano, G.T. Scarascia Mugnozza, «Rendiconti dell’Accademia nazionale delle scienze detta dei XL. Memorie di scienze fisiche e naturali», 1999, 33, parte II, t. 1, pp. 79-247 (in partic. L. Cerruti, Domenico Marotta dai Laboratori di Sanità pubblica alla fondazione dell’Istituto, pp. 91-133; A. Ballio, Domenico Marotta e l’Accademia dei XL, pp. 225-37).
Per una storia del Consiglio nazionale delle ricerche, a cura di R. Simili, G. Paoloni, 2 voll., Roma-Bari 2001 (in partic. R. Simili, La presidenza Volterra, 1° vol., pp. 72-127; L. Cerruti, La chimica, 1° vol., pp. 406-47; S. Canali, La medicina, 1° vol., pp. 549-90; Documenti, a cura di M. Martelli, 1° vol., pp. 600-39; L. Cerruti, La chimica, 2° vol., pp. 192-250).
G. Donelli, E. Serinaldi, Dalla lotta alla malaria alla nascita dell’Istituto di sanità pubblica. Il ruolo della Rockefeller foundation in Italia: 1922-1934, Roma-Bari 2003 (con fonti archivistiche e bibl. prec.).
G. Paoloni, Il caso Marotta: la scienza in tribunale, «Le scienze», 2004, 431, pp. 88-93.
G. Paoloni, Il Laboratorio chimico della sanità, dall’Istituto di igiene dell’Università di Roma all’Istituto superiore di sanità, in Microanalisi elementare organica. Collezione di strumenti, a cura di A. Farina, C. Bedetti, Roma 2007, pp. 25-46 (con bibl. prec.).
L. Paoloni, Marotta Domenico, in Dizionario biografico degli Italiani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 70° vol., Roma 2007, ad vocem (con fonti archivistiche e bibl. prec.).
D. Cozzoli, M. Capocci, Making biomedicine in twentieth-century Italy: Domenico Marotta (1886-1974) and the Italian higher institute of health, in «The British journal for the history of science», 2011, 4, pp. 549-74 (con fonti archivistiche e bibl. prec.).