MERLINI, Domenico
MERLINI, Domenico. – Nacque a Castello (Valsolda), sopra il lago di Lugano, il 22 febbr. 1730, da Francesco e da Anna Maria Fontana.
I Fontana formavano nella Valsolda una famiglia piuttosto numerosa i cui destini si erano legati all’esodo, iniziato già nel Cinquecento, degli abitanti della valle verso la Polonia. È assai probabile che a favorire il trasferimento e la successiva affermazione professionale del M. nella capitale polacca siano stati proprio alcuni membri della famiglia Fontana, di cui Jakub (Iacopo), unanimemente riconosciuto come il maggiore architetto di Varsavia al momento dell’arrivo del M., fu l’esponente più in vista e accreditato.
Non si hanno notizie intorno alla sua formazione in patria, ma sembra che le difficili condizioni di vita in Valsolda non consentissero ai giovani di intraprendere studi regolari o di imparare un mestiere. È possibile ipotizzare che il M., come molti suoi predecessori, sia partito alla volta di Varsavia poco più che ventenne, senza avere compiuto veri e propri studi di architettura né avere svolto un periodo di praticantato alle dipendenze di un maestro.
L’assenza di ogni riferimento al suo nome nell’elenco censuario degli abitanti della Valsolda del 1756 confermerebbe questa ipotesi (Kozakiewicz). D’altro canto, le testimonianze più remote sulla presenza del M. in Polonia risalgono al 1759, quando, oltre a risultare già proprietario di un immobile nella capitale, il M. avrebbe acquistato da Giuseppe Antonio Affaitati (o Affaita), compaesano e nipote dell’architetto del re Isidoro Affaitati, una fabbrica di mattoni a Mokótow, presso Varsavia (Tatarkiewicz, 1969, p. 75).
Stabilitosi a Varsavia, non più tardi del 1750, il M. non fece mai più ritorno in Italia. Si adoperò, invece, per fare trasferire il resto della sua famiglia in Polonia riuscendovi, però, solo in parte. Nel 1764 sposò Marianna Kiemzer, di estrazione borghese, da cui ebbe dodici figli, tutti sopravvissuti a eccezione di uno, morto appena nato.
L’affermazione come architetto fu piuttosto rapida. Lo attesta un atto ufficiale del 15 giugno 1761, con il quale, per volontà del re Augusto III il Sassone, il M. fu nominato «architectoratus et secretarius aulicus» (ibid.).
Fu, tuttavia, sotto il successivo regno di Stanislao Augusto II Poniatowski (1764-95) che il M. avviò i lavori destinati a procurargli fama e ricchezza. La sua posizione a corte, consolidatasi con l’accesso al titolo nobiliare nel 1768, si rafforzò ulteriormente nel 1773 quando, subentrando a Fontana, morto improvvisamente nell’aprile dello stesso anno, assunse il titolo di architetto di Stato, conservando, inoltre, la nomina precedentemente acquisita di architetto del re.
I due alti stipendi, percepiti rispettivamente dal Tesoro e dalla Corona, e le provvigioni incassate dalla numerosa clientela privata consentirono al M. di fare importanti investimenti, per lo più in campo immobiliare. Proprietario di una lussuosa abitazione presso la porta di Cracovia a Varsavia, consentì a sé e alla sua famiglia di condurre una vita molto agiata.
Della sua attività come architetto regio alle dipendenze di Augusto III non si sa quasi nulla; molto documentata, invece, è la sua produzione sotto Stanislao Augusto Poniatowski.
A eccezione di alcuni interventi minori, ideati ed eseguiti in luoghi anche molto distanti dalla capitale (palazzo Miaczynski a Peniaki, del 1777, o palazzo Stecki, a Miedzyrzecz Korecki, del 1789, oggi in territorio ucraino), la maggiore parte dei suoi lavori migliori fu realizzata nel centro e nei dintorni di Varsavia. Si tratta, in molti casi, di interventi di trasformazione radicale di edifici preesistenti di cui il M. conservò spesso solo le strutture murarie, alterando significativamente forme e caratteri originari, soprattutto degli spazi interni. Spiccano, in questo campo, le trasformazioni di palazzo Jabłonowski (dal 1760), della «Casa Rossa», riadibita a sede dell’ambasciata di Turchia (1787) e di palazzo Brühl (1787-88). Su disegno del M. furono costruite, a fundamentis, diverse case signorili, come il palazzetto a Jabłonna, presso Varsavia, per Michał Jerzy Poniatowski, primate di Polonia (1775-79); il palazzo Borch in via Miodowa nel centro della capitale, che divenne la residenza del metropolita ruteno (1781-84); il palazzo a Królikarnia, nelle vicinanze di Varsavia, commissionato dal ciambellano di corte, Karol Tomatis (1786-89).
Non mancò, tuttavia, di affrontare anche temi diversi, come la progettazione (sia rifacimenti e ristrutturazioni di fabbriche e complessi preesistenti, sia progetti ex novo) di edifici pubblici statali, edifici per spettacoli, scuole e biblioteche, sedi di istituti culturali e di ricerca scientifica, edifici sacri, porte urbiche, manufatti tecnici e strutture utilitarie, residenze rurali.
Tra i progetti di edifici pubblici destinati all’amministrazione dello Stato si segnalano la trasformazione del palazzo del re Giovanni II Casimiro Vasa in scuola cadetti (1765); il progetto non realizzato per il nuovo municipio di Varsavia (1776); il rifacimento del palazzo del tribunale di Lublino (1781-87); la ricostruzione, seguita all’incendio del 1782, del municipio di Piotrków.
Diversi furono i teatri e le sale da ballo, realizzati solo in parte, che il M. concepì all’interno o a ridosso di palazzi pubblici, grandi residenze private, castelli nobiliari e parchi della capitale. Diverse sono le fonti, sia testuali sia iconografiche, sulle sale teatrali realizzate all’interno di palazzo Sułkowski (1767-68), del castello reale di residenza estiva di Ujazdów (1774-78), del castello reale di residenza invernale (1776-85), del nuovo municipio (1776) e di palazzo Krasiński (1778). Molto noti e documentati sono, tuttavia, i progetti per un piccolo teatro (1781) e per il teatro dell’Aranciera nel parco Łazienki (1786-88).
Per ciò che attiene all’architettura religiosa, il M. progettò e, in certi casi, seguì anche i lavori di rifacimento di diverse cappelle (quella del Gesù, nella chiesa di S. Giovanni a Varsavia, 1782; S. Croce, nella cattedrale di Wawel a Cracovia, 1767; cappella nel palazzo Łazienki, 1788) e facciate di cattedrali (Wawel a Cracovia, 1776; duomo a Płock, 1787). Produsse pure diversi studi di chiese destinati a rimanere sulla carta (chiesa a Ujazdów, del 1781, e due progetti facenti parte della raccolta di disegni di Stanislao II Augusto Poniatowski, oggi nella sala delle Stampe della Biblioteca dell’Università di Varsavia). L’unico edificio religioso realizzato secondo i suoi intendimenti fu la chiesa dei basiliani a Varsavia, tempio cattolico di rito orientale realizzato nel triennio 1781-84, distrutto nel 1944 e successivamente ricostruito.
Le opere progettate dal M., pur essendo state numerose, hanno avuto scarsa fortuna. La maggiore parte di esse è andata distrutta nel corso dell’ultima guerra mondiale e solo alcune sono state ricostruite. Le rimanenti sono state demolite o ampiamente rimaneggiate nel corso dell’Ottocento.
Interprete mirabile dello stile «Stanislao Augusto», così chiamato perché formatosi alla corte del re e da questo ispirato, il M. produsse a Varsavia i lavori destinati a procurargli fama e ricchezza. Nei vicini sobborghi della capitale, tuttavia, progettò opere di notevole valenza tecnica e artistica, come il palazzetto di Jabłonna e il palazzo di Królikarnia. Del primo è stato detto che «insieme con i padiglioni delle Łazienki [costituisce] il monumento principale dell’architettura merliniana dopo il 1770» (Tatarkiewicz, 1969, p. 130), mentre del secondo che «insieme con il palazzo sull’Isola nel parco delle Łazienki [rappresenta] il saggio più importante dell’arte matura di Merlini dopo il 1780» (ibid., p. 132).
I lavori che meglio descrivono l’evoluzione artistica del M. (dal classicismo accademico con reminiscenze rococò del periodo 1764-80, alle forme classiche del Rinascimento italiano, che contraddistinguono la produzione degli ultimi diciassette anni della sua vita) sono sicuramente i progetti per il castello reale e quelli per il complesso di nuove fabbriche nel parco Łazienki a Varsavia.
Con l’elezione al trono di Stanislao Augusto II Poniatowski, il problema di dare avvio alla ricostruzione del castello reale di Varsavia, risalente nelle parti più antiche al XIV secolo, si impose con particolare urgenza. Con una risoluzione votata in Parlamento, Fontana ricevette l’incarico di seguire i lavori di adattamento e decorazione degli ambienti interni e di sviluppare, al contempo, un progetto di ampliamento e ristrutturazione dell’intero complesso. A Fontana, direttore generale dei lavori dal 1764 al 1773, anno della sua scomparsa, subentrò il M. che, nel corso di un intero quindicennio, produsse numerosi progetti di cui sei relativi all’intero complesso.
Nella prima di queste versioni, recante l’iscrizione: «Idée de Merlini pour le Château depuis la mort de Fontana», facente parte della collezione reale di disegni oggi conservata nella sala delle Stampe (già Gabinetto dei disegni) della Biblioteca dell’Università di Varsavia (Lorentz - Rottermund, p. 13), il M. conservò, dell’impianto esistente, solo la forma pentagonale della pianta. Per il resto enfatizzò le ali del fronte occidentale, anteponendo dei colonnati, e introdusse, parallelamente al lato sud del castello e sull’area parzialmente occupata dalla chiesa delle suore bernardine, un lungo corpo di fabbrica destinato a ospitare una sala teatrale. Nei dodici anni successivi il M. cercò di pervenire a una soluzione più convincente, elaborando altre cinque versioni nessuna delle quali, tuttavia, fu realizzata.
La seconda fase di lavori di ricostruzione degli interni del castello si svolse tra il 1774 e il 1777. Nel corso del triennio il M. allestì la sala «Canaletto», la camera di ricevimento, la camera da letto, la stanza guardaroba, lo studio del re e la piccola cappella reale, a navata unica con terminazione presbiteriale a rotonda, giudicata «uno dei migliori interni del primo periodo dello stile Stanislao» (ibid., p. 21).
Nel periodo 1777-81 il M., in collaborazione con Jan Chrystian Kamsetzer, si occupò del rifacimento della sala delle assemblee, destinata ai concerti, ai balli e, in generale, ai grandi incontri sociali, mentre tra il 1780 e il 1786 fu responsabile della ricostruzione dell’ala della biblioteca, della sala dei cavalieri, del gabinetto delle udienze private del re e della sala del trono. Con l’ultimazione di quest’ultima sala i lavori furono sospesi, nonostante il gran numero di progetti prodotti da artisti e architetti nel corso di un ventennio.
Il M. fu attivo nella tenuta di Ujazdów, nelle immediate vicinanze di Varsavia, che Stanislao Augusto acquistò dalla famiglia Lubomirski poco prima della sua incoronazione, facendone il luogo di residenza privata e, con il tempo, l’esemplificazione del suo più ampio programma di rinnovamento artistico della capitale.
Questo vasto possedimento era imperniato sul blocco compatto di un castello costruito, all’epoca di Sigismondo III Vasa, sulle rovine di una più antica fortezza dei duchi di Masovia (ante XIII secolo). Nell’ultimo quarto del XVII secolo Stanisław Herakliusz Lubomirski, gran maresciallo della Corona e nuovo proprietario del maniero, aveva sottoposto gli interni a una prima importante ristrutturazione e aveva fatto erigere, ai piedi del castello, su progetto di Tylman van Gameren, due nuovi padiglioni, il Bagno (Łazienka) e l’Ermitage. Stanislao Augusto, deciso ad ammodernare tutti e tre gli edifici, incaricò Fontana e il M. del progetto architettonico, Augustus Moszynski degli apparati decorativi. Il M. lavorò alla ricostruzione del castello di Ujazdów nel quinquennio 1766-71, negli stessi anni in cui Fontana allestì i primi ambienti del castello reale adottando uno stile fatto di linee e decori classici, per lo più filtrati dall’opera di A. Palladio, e composizioni di tipo rococò. I lavori cominciarono nel castello e proseguirono con la demolizione e successiva ricostruzione delle dipendenze esterne.
Limitatamente ai primi anni del regno di Stanislao Augusto, si tratta della sola opera architettonica di carattere monumentale che riflette appieno le idee e le aspirazioni del sovrano (ibid., p. 23). A ciò contribuirono soprattutto gli interventi merliniani, come il portico a colonne e, in misura maggiore, la semplicità di linee e la raffinata serie di motivi decorativi ispirati all’arte classica delle dipendenze laterali. Ma la felicità delle soluzioni architettoniche non fu sufficiente a decretare il successo dell’intervento. Negli ambienti vicini alla corte, infatti, il trattamento bianco-oro della pannellatura di rivestimento delle pareti e dei pilastri e colonne di molte sale, la decorazione a stucco rosa della biblioteca e l’impiego, in generale, di motivi ornamentali giudicati stravaganti, attirarono critiche feroci e perfino caricature. I lavori furono interrotti nel 1772 e, dopo dodici anni di progressivo abbandono e deterioramento delle strutture, il re donò il castello con l’area di stretta pertinenza alla Municipalità di Varsavia, che lo reimpiegò come caserma.
Il progetto del M. per la BiaŁi Dom («Casa Bianca»), costruita tra il 1774 e il 1775 nel parco di Ujazdów, circa 400 metri a sud del castello, rappresentò una prima risposta a questo obiettivo. Fu, tuttavia, nel nuovo padiglione di Myślewice che il M. mise a punto le soluzioni più convincenti. Il palazzetto si compone di un monumentale volume cubico, articolato su tre livelli e sormontato da un tetto a padiglione di gusto rococò, che costituisce il corpo centrale, e da due ali più basse, due esedre a quinto di cerchio che servono da invito all’ingresso e che, con il tratto rettilineo del nucleo mediano, creano un’unica esedra a pianta semiellittica. In facciata, un’ampia nicchia a tutt’altezza, dietro cui si cela il vano scala, produce uno scavo profondo nella massa compatta del corpo centrale, enfatizzando l’assialità della composizione, molto più di quanto sia dato riscontrare sia nella «Casa Bianca» sia nell’Ermitage.
Questi tre padiglioni rappresentano altrettante fasi della ricerca artistica merliniana e, in generale, dell’evoluzione dello stile «Stanislao Augusto», dalle forme oramai logore dello stile «Luigi XVI» (accademico con tratti rococò), a quelle classiche, veicolate dall’opera di L.B. Alberti e di Palladio.
La trasformazione del padiglione barocco del Bagno in elegante villa suburbana, immersa nel verde della tenuta di Ujazdów, costituisce un unicum, nella produzione merliniana della maturità. «La storia di questa ricostruzione può essere divisa in due fasi, che corrispondono alle divisioni più generali dell’architettura dell’illuminismo sotto Stanislao Augusto» (Dmochowski, p. 345).
Nella prima fase, corrispondente al periodo 1775-77, il M., in qualità di progettista e direttore dei lavori, curò il riadattamento dei locali esistenti, l’applicazione di nuovi elementi decorativi su strutture, murarie e di copertura, in gran parte conservate e, infine, la trasformazione delle superfici mansardate sui lati est, ovest e sud della fabbrica, in un vero e proprio piano abitabile.
Dopo una pausa di sei anni (durante i quali il M., come gli altri artisti alle dipendenze del re, fu incaricato della progettazione ed esecuzione di diverse opere, per lo più interne al parco Łazienki) prese avvio nel 1784 la seconda e più importante fase di trasformazione del padiglione che, a partire da questa data, fu ribattezzato con diversi nomi: palazzo sull’Isola, palazzo sull’Acqua o, semplicemente, palazzo Łazienki. Le linee guida dell’intervento furono tracciate dal M., Marcello Bacciarelli e dallo stesso Stanislao Augusto, con la collaborazione di Jan Chrystian Kamsetzer e Jan Bogumił Plersch. Con l’«Ordre laissé à M. Bacciarelli le 26 Août» (ibid., p. 347), il re definiva con estrema chiarezza gli obiettivi dell’azione progettuale, allegando lettere esplicative e disegni eseguiti di proprio pugno.
Il fronte meridionale fu avanzato di circa 3,60m dalla linea della precedente facciata di Tylman van Gameren e fu dotato, al centro, di un monumentale portico d’ingresso tetrastilo a colonne corinzie e, ai due lati, di un doppio ordine di bucature risultante dalla combinazione di un’alta porta-finestra lunettata al pianterreno, con un balcone munito di ringhiera in ferro al piano superiore. Mescolando motivi barocchi con elementi classici, il M. adottò un coronamento tripartito d’ascendenza classica, sormontato da una balaustrata munita di statue. All’interno operò nel pieno rispetto dei preesistenti apparati decorativi a eccezione dei soffitti, rimodellati a stucco secondo il nuovo stile.
Nell’ottobre dello stesso anno, su proposta del M., fu aggiunto un piano al corpo di fabbrica settentrionale, fu estesa a tutto il perimetro la soluzione di coronamento messa a punto sul fronte sud e, dopo vari studi accompagnati dalle relative stime dei costi, fu sostituita la lanterna barocca posta a copertura della hall centrale con un semplice belvedere, sormontato da un parapetto balaustrato. Il M. addossò alla nuova facciata settentrionale, molto più ampia e uniforme della precedente, un portico a colonne coronato da un frontone triangolare. Tra il 1792 e il 1793 furono intrapresi gli ultimi lavori: la superficie coperta fu pressoché raddoppiata, mentre le due ali laterali furono prolungate inserendo due gallerie a colonne costruite su due ponti che, oltrepassando il canale, terminavano in due bassi padiglioni.
Gli ultimi anni della vita del M. furono molto difficili a causa di una lunga malattia che, tra il 1789 e il 1792, gli impedì di adempiere ai propri obblighi professionali. Le inevitabili conseguenze furono la perdita delle commesse private, il sopraggiungere dei debiti e le penose richieste d’aiuto a Stanislao Augusto.
Il M. morì il 20 febbr. 1797 a Varsavia, sua città elettiva, ancora in attività. La sua salma fu tumulata nel cimitero cattolico di Powazki.
Fonti e Bibl.: S. Ciampi, Notizie
di medici, maestri di musica e cantori, pittori, architetti… italiani in Polonia e polacchi in Italia, Lucca 1830, pp. 90 s.; Id., Viaggio in Polonia… nella state del 1830, Firenze 1831, pp. 56, 60, 190; F.M. Sobieszczański, Wiadomości historyczne o sztukach pięknych w dawnej Polsce… (Notizie storiche sulle belle arti nella Polonia dei tempi passati), II, Warszawa 1848, pp. 216 s.; Z. Batowski, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, Leipzig 1930, pp. 418 s.; S. Kozakiewicz, Valsolda i architekci z niej pochodzący w Polsce (La Valsolda e i suoi architetti in Polonia), in Biuletyn Historji Sztuki (Bollettino di storia dell’arte), IX (1947), pp. 306-321; W. Tatarkiewicz, Dominik M., Warszawa 1955; Z. Dmochowski, The architecture of Poland, London 1956, ad ind.; W. Tatarkiewicz, Wiadomosci o życiu i prachach Dominika Merliniego (Notizie sulla vita e sulle opere di D. M.), in Rocznik Historji Sztuki (Rivista di storia dell’arte), I (1956), pp. 369-423; Id., Łazienki Warszawskie (Il parco Łazienki a Varsavia), Warszawa 1957, ad ind.; Id., D. M., in Quaderni dell’Istituto di storia dell’architettura, XVI (1969), 91-96, pp. 67-151; Polonia: arte e cultura dal Medioevo all’illuminismo (catal.), Firenze 1975, pp. 3-7, 9-16, 119-121, 138 s., 154 s., 158-162, 166 s., 172-175; S. Lorentz - A. Rottermund, Neoclassicism in Poland, Warsaw 1986, ad ind.; A. Rottermund, in The Dictionary of art, XXI, London-New York 1996, p. 158 (s.v.); Id., ibid., XXXII, London-New York 1996, pp. 879-881 (s.v. Warsaw); A. Buccaro et al., Topocronologia dell’architettura europea: luoghi autori opere dal XV al XX secolo, Bologna 1999, p. 499; Enciclopedia universale dell’arte, IX, col. 864 (s.v. Neoclassico).
G. Doti