MOMBELLI, Domenico
MOMBELLI (Mombello), Domenico. – Nacque a Villanova Monferrato il 3 genn. 1755 da Francesco e da Francesca Ubertis.
L’anno di nascita attestato dal registro parrocchiale è dunque diverso da quello del 1751, erroneamente accolto dalla letteratura a far data dal dizionario del Fétis (1878).
Una biografia anonima, pubblicata nel 1925 (D. Mombello: celebre musico; cfr. D. M., cantante e compositore, passim), riferisce che grazie ai buoni uffici di certo canonico Tua, il giovane M. si trasferì a Casale per ricevervi formazione musicale da Michele Alberto Ottone, maestro di cappella del duomo. Il M. – a quel tempo soprannominato «Righino» – dovette applicarsi agli studi assai profittevolmente perché sin dal 26 ott. 1770 il Capitolo del duomo gli conferiva l’incarico di suonare l’organo nelle funzioni quotidiane della cappella, con retribuzione annua di 60 lire. Quasi contemporaneamente fu associato presso la medesima istituzione come cantante soprannumerario, incarico da cui fu sollevato un anno più tardi in seguito alla muta di voce.
Il 15 sett. 1775 il municipio di Crescentino, fiorente borgo nelle vicinanze di Casale, deliberò di assumerlo per un triennio in qualità di organista, con decorrenza dal successivo mese di febbraio e una paga annua di 350 lire. Il M., tuttavia, manifestò preferenza per un contratto meno duraturo, tale da consentirgli periodiche interruzioni del servizio. Ciò verosimilmente per eventuali impegni teatrali che gli si fossero presentati: sin dal 1774 il M. aveva infatti principiato l’attività di cantante debuttando in ruoli minori di due melodrammi giocosi al teatro Sacchi di Casale. La primavera successiva si esibì a Vercelli e nel 1775 nuovamente a Casale. Nel 1776, a Crescentino, attese all’allestimento di una Didone che l’anonimo biografo dice di sua intonazione. Nella stagione di carnevale del 1777 cantò in opere giocose a Piacenza.
Mancano notizie per i due anni successivi ma già nel 1780 il M., venticinquenne tenore, calcava con successo scene teatrali prestigiose: nella stagione di carnevale a Modena; in primavera a Venezia, dove era protagonista con le celebri sorelle Caterina e Francesca Gabrielli della Nitteti di P. Anfossi nel teatro primario di S. Benedetto; in autunno alla Pergola di Firenze.
Nei due anni successivi cantò a Roma, Palermo e Lucca, con L. Marchesi, e nel carnevale del 1783 nuovamente al S. Benedetto di Venezia, dove interpretò con G. Rubinelli e Brigida Banti opere di G. Sarti e G. Sertor. Il 30 maggio dello stesso anno esordì al S. Carlo di Napoli, teatro in cui rimase ininterrottamente attivo fino al carnevale del 1786 sostenendo ruoli primari in opere di F. Alessandri, D. Cimarosa, P. Guglielmi, G. Paisiello, G. Pugnani, A. Sacchini, G. Sarti, ovvero i più eminenti e apprezzati compositori del tempo. In quel periodo diede anche alle stampe, per i tipi dell’editore napoletano Marescalchi, una propria composizione, il rondò Tu mi sprezzi, tu non m’ami, che, a giudicare dai numerosi esemplari superstiti, dovette conoscere un significativo successo.
Lasciata Napoli, approdò a Vienna, dove sotto Giuseppe II l’opera italiana conosceva una nuova e fulgida stagione. Al Burgtheater fu nuovamente interprete di opere di Cimarosa e Paisiello ma anche di Anfossi, V. Martin y Soler, W.A. Mozart, A. Salieri.
Nella compagnia di canto là ingaggiata vi era la fiorentina Luisa Laschi che, dopo aver cantato in importanti teatri italiani, aveva debuttato a Vienna nell’autunno 1784. La fama della cantante è soprattutto legata al fatto che Mozart scrisse per lei la parte della Contessa ne Le nozze di Figaro, opera che esordì al Burgtheater il 1° maggio 1786. Il 1° agosto cantava per la prima volta con il M. ne I finti eredi di Sarti. Appena due mesi più tardi i due cantanti convolavano a nozze, suscitando il faceto commento dell’imperatore, che in una lettera indirizzata il 29 settembre da Praga a F.X. Rosenberg scriveva: «Le mariage de Mombelli avec la Laschi peut s’exécuter sans attendre mon retour, et je vous cède à ce sujet le droit de Seigneur» (Joseph II. als Theaterdirektor, p. 70).
Uniti anche sulla scena, i Mombelli furono negli anni successivi gli elementi di punta della compagnia, come peraltro dimostrato dagli elevati compensi percepiti (Pirani, p. 802). Da Vienna si congedarono al termine della stagione di Carnevale 1789, che li ebbe interpreti de L’ape musicale, opera su libretto di L. Da Ponte per le musiche di autori diversi, tra cui Mozart e lo stesso M., che scrisse un’aria per la Laschi e un duetto. Nel medesimo anno i coniugi cantarono l’ultima volta insieme a Reggio nell’Emilia, in Enea e Lavinia di Guglielmi: in data non nota ma di poco successiva, la giovane cantante morì.
Nella stagione di carnevale del 1790 il M. fu interprete di opere di A. Tarchi e V. Federici al teatro Regio di Torino e da quel tempo cominciò anche a percepire emolumenti in qualità di cantante da camera della corte sabauda (Moffa, p. 123); fu quindi a Padova e Livorno e nel 1791 cantò in tempo di Carnevale al S. Samuele di Venezia.
I balli, che di tradizione inframmezzavano gli atti delle opere serie, erano eseguiti in quella stagione dalla compagnia di Onorato Viganò, celebre danzatore e coreografo e sposo di Maria Ester Boccherini, sorella del compositore Luigi. I figli Salvatore e Giulio, iniziati alla danza dal padre e alla composizione dallo zio, erano gli autori delle musiche e le loro sorelle Celestina e Vincenza danzavano.
Il M. dovette essere folgorato da Vincenza, a quel tempo ventunenne, perché nello stesso anno la sposò. Dal matrimonio nasceranno dodici figli.
Poco prima delle nozze il M. raggiunse Napoli, città natale della sposa, dove fu intensamente attivo al teatro S. Carlo dall’estate di quell’anno al carnevale 1794. Nella primavera seguente fu ancora a Venezia e poi a Vienna, scritturato per un intero biennio al Burgtheater, dove erano in cartellone opere di Anfossi, Cimarosa, F. Paër, Paisiello, Piccinni, M.A. Portugal, Salieri, Sarti.
Nuovamente in Italia, dal 1796 al 1800 cantò in diverse città e soprattutto a Venezia, spesso in stagioni cui era associata la compagnia Viganò. Così al S. Benedetto, nell’autunno 1797, dove danzava anche Vincenza benché alla vigilia del suo quarto puerperio. Nel 1792 era infatti nata Ester, nel 1795 Anna e nel 1796 Alessandro: tutti e tre destinati a importanti carriere di cantanti d’opera.
Nuovamente ingaggiato al S. Carlo di Napoli dall’estate del 1801 al Carnevale del 1803, il M. fu interprete, sempre in ruoli primari, di opere di G. Andreozzi, D. Cercia, Guglielmi, Piccinni, L.A. Tottola, G.D. Tritto. L’ultima esibizione napoletana di questo periodo avvenne in Quaresima nell’oratorio La distruzione di Gerusalemme di Guglielmi al teatro del Fondo di separazione.
Dopodiché il M. si mosse alla volta di più lontana meta: nel 1804 e 1805 fu infatti a Lisbona, interprete al San Carlos con Angelica Catalani di opere di Portugal, divenuto direttore del teatro, e di V. Fioravanti. Cantò inoltre in oratori di Andreozzi e Guglielmi. Dopo un ritorno a Vienna e Napoli nel 1806, nella Quaresima del 1807 era nuovamente a Lisbona, dove fu probabilmente attivo anche nei primi mesi dell’anno successivo.
Tornato definitivamente in Italia si stabilì a Bologna, proseguendo l’attività artistica in importanti città anche con le figlie Ester, soprano, e Anna, contralto. Il 29 ott. 1808 fu ammesso alla prestigiosa Accademia filarmonica bolognese.
Fu in quel tempo che il M. incontrò il giovane G. Rossini, al quale chiese di intonare l’opera seria Demetrio e Polibio su libretto verseggiato dalla moglie Vincenza. Intonazione compiuta nel 1809, come già riconosciuto da Stendhal e Silvestri (p. 83), e non nel 1806, come dichiarato da Rossini a F. Hiller, per cattiva memoria o per rendere più eclatante la precocità del proprio esordio (cfr. Radiciotti, p. 32).
Secondo quanto riportato da un giornale del tempo, due arie del tenore e una del contralto sarebbero composizioni dello stesso M. (ibid. p. 34) e così una seconda sinfonia introduttiva la cui partitura si conserva presso la Biblioteca del conservatorio di Milano. L’opera restò tuttavia ineseguita fino al 18 maggio 1812 quando, complice la notorietà nel frattempo acquisita da Rossini, il M. poté allestirla al teatro Valle di Roma.
L’anno successivo fu replicata al teatro Carcano di Milano e, come nella prima esecuzione, cantarono con il padre Ester e Anna. Una recensione dello spettacolo definiva il M. «tenore d’alta portata, la di cui voce non invecchia giammai» (Corriere delle dame, 10 luglio 1813, p. 221) e non diverso pensiero espresse V. Berchet (Silvestri, p. 86). Del resto la partitura dimostra che nelle agilità la voce superava ancora l’estensione di due ottave (La1-Do4). Qualche segno di stanchezza dovette tuttavia di lì a poco essere avvertito perché l’ultima esibizione teatrale documentata del M. è dell’autunno 1815, al teatro Re di Milano. Ciò nonostante, in una lettera del 14 febbr. 1816 intesa a procurargli una scrittura romana, l’agente bolognese A. Bentivoglio diceva di lui: «[…] è senza dubbio il primo di tutti considerato in ogni rapporto, essendo sommo attore, gran professore e vero artista conservando sempre la forza della sua voce; per le parti forti e vibrate non ha alcuno che lo superi» (Celani). È pertanto possibile che, sia pure in teatri meno importanti, la carriera avesse ancora seguito.
Nel 1814 a Torino, al termine del quindicennale esilio della corte sabauda, erano riaggregati i membri della cappella e della camera. Tra questi ultimi figurava il M. con il ragguardevole compenso annuo di 1000 lire. Da tale posizione decadde il 25 genn. 1822 conservando il diritto a una pensione (Moffa, pp. 121, 254).
Scomparsa nel 1814 Vincenza, il M. si sposò per la terza volta, il 15 sett. 1819, con la torinese Paola Imola (in altra fonte Palma Dalmus: cfr. D. M., cantante e compositore, p. 23).
Il M. morì a Bologna, a seguito di un colpo apoplettico, il 15 marzo 1835 e fu inumato nel cimitero della Certosa.
Un breve necrologio, apparso in Allgemeine Musikalische Zeitung qualche tempo dopo (12 ag. 1835) lo definì grande cantante quanto onesta persona. Il M. fu celebrato per il gusto e l’espressività esecutive, per una voce sonora, benché duttile e sommamente padrona dell’agilità, per nitore e incisività del declamato. Tuttavia la sua fama fu anche alimentata dall’epoca in cui visse, dal momento che con M. Babbini e G. David può essere considerato testimone e protagonista di quella rivoluzione del gusto teatrale che sottrasse le parti primarie alla voce del castrato per assegnarle a quella del tenore. Com’è peraltro attestato dalle tante opere in cui sostenne ruoli eponimi.
Oltre alle composizioni citate, il M. pubblicò, con numero d’opera, le raccolte per voce e cembalo Sei ariette italiane, Otto ariette italiane, Sei duettini per due soprani (Wien, Artaria & Co, s.d.). Altre sue composizioni si conservano manoscritte; tra di esse gli oratori Gerusalemme liberata (partitura in Modena, Biblioteca Estense) e La morte e la deposizione dalla croce (1788; partitura in Wien, Gesellschaft der Musikfreunde in Wien).
Fonti e Bibl.: Stendhal, Vie de Rossini, Paris 1854, p. 317; L.S. Silvestri, Della vita e delle opere di G. Rossini, Milano 1874, pp. 83, 86; E. Celani, Musica e musicisti in Roma (1750-1850), in Riv. musicale italiana, XXII (1915), p. 261; Joseph II. als Theaterdirektor. Ungedruckte Briefe und Aktenstücke aus den Kinderjahren des Burgtheaters, a cura di R. Payer von Thurn, Wien-Leipzig 1920, p. 70; D. Mombello: celebre musico, Casale Monferrato 1925; G. Radiciotti, G. Rossini: vita documentata, Tivoli 1927, I, pp. 32, 34; R. Moffa, Storia della Regia Cappella di Torino dal 1775 al 1870, Torino 1990, pp. 121, 254; Un almanacco drammatico. L’Indice de’ teatrali spettacoli. 1764-1823, a cura di R. Verti, Pesaro 1996, passim; D. M., cantante e compositore 1755-1835, Villanova Monferrato 1999; F. Pirani, Laschi, Luisa, in Diz. biografico degli Italiani, LXIII (2004), pp. 800-803; F.-J. Fétis, Biographie universelle des musiciens, VI, p. 164; C. Sartori, I libretti italiani a stampa dalle origini al 1800, Indici, II, pp. 439 s.; The New Grove Dict. of opera, III, p. 426.