PANETTI, Domenico
PANETTI, Domenico. – Non si conosce la data di nascita di questo pittore, figlio di Gaspare, documentato per la prima volta a Ferrara – dove sembrerebbe aver trascorso tutta la vita – il 18 marzo 1489, quando compare come teste in un atto notarile stipulato in casa del pittore Ercole de’ Roberti.
Già allora risulta abitare nella contrada di S. Gregorio in via dei Sabbioni, dove nel 1506 avrebbe preso in affitto una casa posta di fronte alla chiesa di S. Antonio Abate (Franceschini, 1995, doc. 692; Id., 1997, docc. 804, 805). Nel luglio del 1503 sposò Caterina Marchesi, dalla quale ebbe un unico figlio maschio, Giovan Battista, che gli premorì (Cittadella, 1868, II, pp. 46 s.).
La prima notizia dell’attività di Panetti come pittore risale agli ultimi giorni del 1499, quando si impegnò a dipingere un nuovo gonfalone per l’arte dei fabbri, aggiungendo alle figure che si trovavano su quello vecchio scene della Vita di s. Ivo (sic, ma probabile errore per s. Alò, nome popolare di s. Eligio, patrono dei fabbri; Franceschini, 1997, doc. 478). Il fatto che nel contratto si ritenesse necessario menzionare l’atto di emancipazione di Domenico dal padre ancora vivente lascia credere che all’epoca il pittore non avesse ancora compiuto venticinque anni e fosse dunque nato attorno al 1475.
Secondo quanto riportato da Vasari (1568), Panetti (erroneamente menzionato come «Domenico Laneto») fu il primo maestro di Benvenuto Tisi detto il Garofalo. Poiché dal 30 ottobre 1497 quest’ultimo era stato posto dal padre a bottega presso il pittore cremonese Boccaccio Boccaccino da poco giunto in città (Franceschini, 1997, doc. 340), l’alunnato del Garofalo presso il pittore dovette precedere tale data ed essere avvenuto quando Panetti era poco più che ventenne. L’unico punto di tangenza fra i due artisti è rappresentato da due tavole raffiguranti la Madonna col Bambino – la prima, di Panetti, nella Galleria Estense di Modena, la seconda, del Garofalo, nella Ca’ d’Oro di Venezia – databili agli ultimi anni del Quattrocento, nelle quali però l’affinità fra i due pittori è dovuta soprattutto al comune riferimento a Boccaccino.
Dopo aver dipinto nel 1501-03 uno stendardo per l’arte dei calegari (Franceschini, 1997, docc. 548, 671), nell’aprile del 1503 Panetti mise mano alla piccola pala per l’oratorio della Confraternita di S. Giobbe, sua unica opera datata, raffigurante la Madonna col Bambino in trono e i ss. Antonio Abate, Giobbe, Vito e Pietro Martire (Ferrara, Collezione della Cassa di Risparmio, esposta presso la Pinacoteca nazionale).
Il frammento di affresco raffigurante la Pentecoste, proveniente dall’oratorio della Concezione presso la chiesa di S. Francesco (Ferrara, Pinacoteca nazionale), costituisce invece traccia troppo labile per confermarne l’attribuzione a Panetti e darne dunque per certa la presenza nell’équipe di artisti (Baldassarre d’Este, Michele Coltellini, Nicolò Pisano, Garofalo e altri) che fra il 1498 e i primi anni del Cinquecento affrescò scene della Vita della Madonna sulle pareti dell’ambiente (Calvesi, 1958; Pattanaro, 1992).
Nell’agosto del 1506 Panetti fu pagato per aver partecipato assieme ad altri artigiani alla decorazione dell’appartamento di Lucrezia Borgia in Castelvecchio e in particolare per avere dipinto una o due delle «tele istoriate depinte a guazo» poste nella volta della camera della duchessa nella torre Marchesana (Pattanaro,1995, doc. 54 p. 121; Franceschini, 1997, doc. 791 f g h).
La decorazione (perduta) dei camerini della nuova duchessa ebbe luogo nell’ambito di un più ampio cantiere di ammodernamento degli ambienti del castello estense apertosi con la salita al trono del ducato di Alfonso I dopo la morte di Ercole I d’Este, il 25 gennaio 1505, e chiusosi entro il settembre del 1507. Oltre a Panetti e a Ludovico Mazzolino, l’artista maggiormente impegnato nelle opere di abbellimento delle stanze, dipinsero tele per la camera della Borgia Nicolò Pisano, il Garofalo, Ettore Bonaccossi e Michele Coltellini.
Nel 1508 Panetti fu nuovamente coinvolto assieme a molti altri artisti in un’impresa decorativa promossa dalla corte: la realizzazione di «tribunali e casamenti» e altri apparati scenici per la commedia che si doveva rappresentare nella sala Grande di palazzo ducale (Franceschini, 1997, docc. 858 d, 862 d, 884 d f). Quello stesso anno stimò assieme a Mazzolino e Bartolomeo Veneto alcuni affreschi eseguiti da Gabriele Bonaccioli nel duomo di Ferrara (Boschini, 1846, p. 564; Cittadella, 1868, p. 69). Secondo quanto riporta la manoscritta Cronaca di Ferrara di Mario Equicola, il 12 luglio 1509 Panetti terminò gli affreschi raffiguranti i Miracoli di s. Maurelio nella nuova cappella dedicata al santo nella chiesa di S. Giorgio (Baruffaldi [1697-1730], p. 187).
Dopo aver dipinto nel 1510-11 il vessillo della Compagnia della Morte con «una Morte da uno lato, dall’altro […] una Madona con lo suo fiolo in brazo» (Franceschini, 1997,doc. 936 a) nel 1511-12 Panetti è menzionato nei registri della Compagnia del Corpo di Cristo in cattedrale, anche in riferimento a un gonfalone che si stava allora preparando (Franceschini, 1997, docc. 936 a, 946 a).
La data di morte del pittore non è nota ma, considerato che il 17 febbraio del 1513 la vedova aveva ottenuto la restituzione della dote dagli eredi di Domenico per sposarsi nuovamente (Cittadella, 1868, II, p. 47) e tenuto conto di un conveniente periodo di lutto, si suppone che essa sia avvenuta a Ferrara nel 1512.
Attivo durante l’ultimo decennio del ducato di Ercole I e agli inizi del ducato di Alfonso I, in una Ferrara percorsa da inquietudini religiose e istanze di riforma, Panetti, dotato dei modesti strumenti di un «artigiano esatto e sufficiente» (Longhi,1934, p. 66), tradusse il «classicismo prematuro» di Lorenzo Costa e di Francesco Francia in forme ancor più acerbe e provinciali, realizzando dipinti d’intonazione pacatamente devozionale che dovettero esser particolarmente graditi al pubblico ‘borghese’ delle confraternite e delle corporazioni.
Perdute tutte le opere citate dalle fonti, la ricostruzione dell’attività di Panetti si può fondare su un buon numero di dipinti firmati, privi tuttavia di certi riferimenti cronologici. Alla prima fase nota dell’artista (1498-1500 circa) sembrerebbero appartenere la Madonna in trono con due donatori del Museo della Cattedrale di Ferrara e la tavola della Pinacoteca nazionale raffigurante S. Andrea, accomunate dal disteso paesaggio di matrice nordica. Successive tappe di un percorso che vide Panetti rapidamente allontanarsi da Ercole de’ Roberti, suo supposto maestro, per avvicinarsi a Costa, sembrerebbero essere l’Annunciazione della Pinacoteca nazionale di Ferrara, il Compianto della Gemäldegalerie di Berlino e, fra le opere di minori dimensioni, i Ss. Onofrio, Nicola da Tolentino e Agostino dell’Accademia Carrara di Bergamo, il S. Nicola da Tolentino e il S. Sebastiano della Collezione della Cassa di Risparmio di Ferrara, la Madonna col Bambino della Pinacoteca nazionale di Bologna.
La citata paletta per l’oratorio di S. Giobbe a Ferrara, datata 1503, e l’ancona con la Madonna il Bambino tra i ss. Pietro e Andrea della chiesa di S. Francesco a Rovigo, databile per circostanze esterne al 1505-07 (Ballarin, 1995, p. 215), indicano come dopo aver assimilato il gusto peruginesco diffuso in Emilia da Costa e Francia il percorso artistico di Panetti sia proceduto senza reali sviluppi. A questo stesso momento dovrebbero spettare la Visitazione della Pinacoteca nazionale di Ferrara e la tavoletta con il S. Giobbe del Museum of art di Indianapolis, mentre opere significative degli ultimi anni di attività sembrerebbero essere le quattro tele con l’Annunciazione e i Ss. Andrea e Agostino che chiudevano l’organo della chiesa di S. Andrea (ora a Ferrara, Pinacoteca nazionale) e la Visitazione della Národní Galerie di Praga, estremi tentativi dell’artista di infondere nella propria opera un nuovo slancio monumentale e classicista rifacendosi all’esempio dell’Ortolano e di fra Bartolomeo.
Rimane aperto il problema relativo a tre dipinti raffiguranti la Madonna col Bambino fra due santi (Hannover, Niedersächsische Landesgalerie; già Venezia, coll. Cini [G. Bargellesi, Notizie di opere d’arte ferrarese, Rovigo 1955, pp. 45-47]; Correggio, Museo civico) in cui più forte si avverte l’influenza di de’ Roberti e in cui in passato si sono riconosciuti gli esordi dell’artista attorno al 1495 (Longhi, 1956, p. 189; Zamboni, 1976, pp. 25, 67, 72, 75). In tempi recenti attorno a questo primo nucleo si è aggregato un piccolo corpus (comprendente, fra l’altro, la pala col Redentore della parrocchiale di Bergantino [Rovigo] e la Madonna di Loreto fra l’arcangelo Raffaele e le ss. Scolastica e Giustina nella Pinacoteca nell’ex conservatorio di S. Michele a Pescia [Pistoia]), che è stata dapprima attribuita a Lazzaro Grimaldi (Lucco, 2006) per poi essere riferita a Geminiano Benzoni (Ervas, 2008) o venire in parte confermato allo stesso Panetti (Ferretti, 2009).
Dal troppo ampio catalogo dell’artista (per cui si veda Zamboni, 1975) vanno inoltre espunte: l’Orazione nell’orto in Pinacoteca nazionale a Ferrara (già collezione Strozzi), l’affresco con la Madonna e il Bambino in trono datato «MDXII» della Pinacoteca civica di Cento (Benati, 1992, p. 289), il Ritratto di giovinetta della Pinacoteca Capitolina di Roma, alcune mezze figure di sante e qualche altra opera (Ferretti, 2009, p. 66 n. 19).
Fonti e Bibl.: A. Franceschini, Artisti a Ferrara in età umanistica e rinascimentale. Testimonianze archivistiche, II, 1, Dal 1472 al 1492, Ferrara 1995; II, 2, Dal 1493 al 1516, Ferrara 1997, ad indices; G. Vasari, Le vite… (1550 e 1568), a cura di R. Bettarini - P. Barocchi, V, Testo, Firenze 1984, p. 410; G. Baruffaldi, Vite de’ pittori e scultori ferraresi (1697-1730 circa), a cura di G. Boschini, I, Ferrara 1844, pp. 181-94; G. Boschini, ibid., II, 1846, p. 564; C. Laderchi, La pittura ferrarese, Ferrara 1856, pp. 61-63; L.N. Cittadella, Notizie amministrative, storiche, artistiche relative a Ferrara, Ferrara 1868, I, pp. 26, 54, 391; II, pp. 46-48, 69, 289; A. Venturi, Storia dell’arte italiana, VII, 3, Milano 1914, pp. 728, 736-738; W. Arslan, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXVI, Leipzig 1932, p. 194 s. v.; R. Longhi, Officina ferrarese (1934) seguita dagli Ampliamenti (1940) e dai Nuovi ampliamenti (1940-55), in Id., Opere complete, V, Firenze 1956, ad ind.; M. Calvesi, Nuovi affreschi ferraresi dell’oratorio della Concezione. II, in Bollettino d’arte, s. 4, XLIII (1958), pp. 309-328, in part. pp. 311, 319 s.; S. Zamboni, Pittori di Ercole I d’Este, Milano 1975, pp. 24-29, 64-76; A.M. Fioravanti Baraldi, Arte e Riforma cattolica a Ferrara nel primo Cinquecento, in A.M. Fioravanti Baraldi - B. Giovannucci Vigi - A.C. Venturini, Le Collezioni d’arte della Cassa di Risparmio di Ferrara, Ferrara 1984, pp. 25-43, in part. pp. 38-42, 102-106; La Pinacoteca nazionale di Ferrara. Catalogo generale, a cura di J. Bentini, Bologna 1992, pp. 92, 171-177, 287-289; A. Pattanaro, ibid., pp. 84-95; D. Benati, ibid., p. 289; A. Ballarin, Dosso Dossi. La pittura a Ferrara negli anni del Ducato di Alfonso I, a cura di A. Pattanaro - V. Romani, I, Cittadella 1995, pp. 212-217; A. Pattanaro, Regesto della pittura a Ferrara (1497-1548), ibid., pp. 109-25, passim; M. Lucco, in Mantegna a Mantova 1460-1506, (catal., Mantova) a cura di M. Lucco, Milano 2006, pp. 3-17 in part. pp. 11-14, 164-167; M. Lucco, Inurbamento culturale di un «terrazzano schifiltoso», in Garofalo. Pittore della Ferrara estense, (catal., Ferrara), a cura di T. Kustodieva - M. Lucco, Milano 2008, pp. 17-27, in part. pp. 18-20, 179 s.; P. Ervas, Profilo di Geminiano Benzoni, in Nuovi Studi, XIII (2008) [ma 2009], n. 14, pp. 61-67; M. Ferretti, Un P., non lontano da Lucca, in Il più dolce lavorare che sia, a cura di F. Elsig - N. Etienne - G. Extermann, Cinisello Balsamo 2009, pp. 59-67.