Paolella, Domenico
Regista, sceneggiatore e produttore cinematografico, nato a Foggia il 18 ottobre 1915 e morto a Roma il 7 ottobre 2002. Regista esperto di tutti i generi del cinema italiano, dalla commedia musicale al peplum, passando per il western e il poliziesco, P. raggiunse il successo negli anni Cinquanta trasformando, con una regia sospesa fra venature neorealiste e tensioni drammatiche, la 'marionetta' Totò in un personaggio carico di solitudine e umana disperazione in Destinazione Piovarolo (1955) e in Il coraggio (1955).Iniziò la sua carriera artistica ancora studente di giurisprudenza, dirigendo tre film sperimentali premiati ai Littorali tra il 1935 e il 1937. Quindi fu assistente di Carmine Gallone per Scipione l'Africano (1937) e, dopo alcuni cortometraggi, nel 1940 esordì con il film Gli ultimi della strada. Nel dopoguerra tornò alla regia, frequentando un genere famoso nell'Italia di quegli anni come la commedia musicale. Nel 1952 diresse Canzoni di mezzo secolo, originalissimo musical dove sequenze che rievocano la storia italiana del primo Novecento sono abbinate a canzoni popolari dell'epoca, in un gioco di rimandi fra realtà e finzione di grande suggestione visiva. Una girandola di colori e note che non sarebbe però tornata nei successivi Canzoni, canzoni, canzoni (1953), Gran varietà (1954), Canzoni di tutta Italia (1955), o Destinazione Sanremo (1959), tutte ripetizioni poco ispirate del medesimo cliché narrativo. Negli anni Sessanta P. curò la regia di alcuni film d'avventura come I pirati della costa (1960), incursione nel genere cappa e spada, Il terrore dei mari (1961) e Le prigioniere dell'isola del Diavolo (1962); ma fu nel 1962 con Maciste contro lo sceicco e con Ursus il gladiatore ribelle che P. esordì nel cinema mitologico, genere popolare che, nell'arco di un decennio, ne consacrò il successo e l'estro creativo. Appartengono a questi anni film come Maciste contro i mongoli (1963), Maciste nell'inferno di Gengis Khan (1964) e Golia alla conquista di Bagdad (1965). Spesso non aiutato da copioni banali e dagli scarsi mezzi produttivi a disposizione, P. mostrò però di saper ravvivare storie scontate con intelligenti trovate scenografiche e un buon senso del ritmo. Qualità registiche che emergono chiaramente in Ercole contro i tiranni di Babilonia (1964), spettacolare rivisitazione delle gesta dell'eroe mitologico con il cantante lirico Mario Petri nel ruolo del cattivo, e soprattutto in Il gladiatore che sfidò l'impero (1965), peplum atipico caratterizzato da sequenze d'azione molto ben costruite. Nel 1967 firmò la regia di Odio per odio, western all'italiana interpretato da Antonio Sabáto e Fernando Sancho che segnò la conclusione dell'avventura artistica di P. nel genere peplum e inaugurò un nuovo corso caratterizzato da un'azione spesso venata da punte di erotismo, implicazioni psicologiche e una buona dose di violenza. In quest'ottica si inquadrano Storia di una monaca di clausura (1973), melodramma a sfondo storico interpretato da Catherine Spaak, Le monache di Sant'Arcangelo (1973), intrigo conventuale tratto da Stendhal, e La preda (1974), dramma sentimentale impreziosito dai paesaggi selvaggi della Colombia; senza dimenticare i successivi polizieschi all'italiana La polizia è sconfitta (1977) e Gardenia (1979), originale omaggio al gangster film americano interpretato da Franco Califano.