PARISI, Domenico (Ico)
– Nacque a Palermo il 23 settembre 1916, da Eduardo e Olimpia Volpes.
A soli tre anni si trasferì con la famiglia a Como, dove frequentò le scuole primarie e si diplomò in edilizia nel 1935. Nello stesso anno iniziò a lavorare nello studio di Giuseppe Terragni, attorno al quale si aggregava l’avanguardia architettonica e artistica comasca e milanese dell’epoca. Nel 1936 il servizio fotografico per il numero 35/36 della rivista Quadrante, monografico sulla Casa del fascio di Como, segnò l’esordio pubblico professionale di Parisi. Un’altra importante occasione di visibilità fu la Mostra coloniale, allestita a villa Olmo, a Como, nel maggio 1937: insieme a Fulvio Cappelletti, Giovanni Galfetti, Silvio Longhi, realizzò la torre segnale all’ingresso, il salone d’onore e la sala della Preparazione bellica, coniugando architettura, fotografia e grafica (Parisi, 1991, pp. 37-40). Nell’ambito dell’esposizione, visto l’esito positivo della loro collaborazione, i giovani professionisti decisero di costituire il gruppo Alta Quota, all’interno del quale Parisi elaborò i primi saggi progettuali, come le scenografie per il Teatro Sociale di Como (1937-40), l’arredamento delle seterie Sacchi di Como (1940) e alcune opere non realizzate di carattere razionalista, per esempio la casa per l’attrice Alida Valli del 1939 (D’Amia - Tenconi, 2012, pp. 28-32).
In collaborazione con Giuseppe Costamagna e gli amici del Cineguf si dedicò al cinema sperimentale e di ricerca, girando vari filmati (Parisi, 1991, pp. 43-45), tra cui il documentario Risanamento edilizio della città di Como (1939), a favore degli interventi di demolizione del centro antico previsti dal nuovo piano regolatore (D’Amia - Tenconi, 2012, pp. 25-32).
Nel 1940 il gruppo Alta Quota si sciolse: Parisi, come Galfetti, fu chiamato alle armi e partecipò alle campagne di Francia, Jugoslavia e Russia in qualità di sottotenente del genio pontieri. A questo periodo risalgono alcuni disegni e diversi scatti fotografici che interpretano drammaticamente le condizioni di vita al fronte (Parisi, 1991, pp. 48 s., 52-59; D’Amia - Tenconi, 2012, pp. 14 s., 112, in cui sono pubblicate molte delle immagini conservate dall’editore Enzo Pifferi di Como).
Nel 1943 Parisi ricevette il congedo militare e ritornò a Como, dove riprese l’attività professionale, dedicandosi al progetto di arredi in dialogo con la tradizione mobiliera artigianale canturina e brianzola.
L’apertura nel 1948 dello studio-negozio La Ruota, con la moglie Luisa Aiani, e il conseguimento della laurea in architettura presso il Politecnico di Losanna nel 1950 segnarono per Parisi l’inizio di una fase lavorativa più matura e personale, critica rispetto alle matrici razionaliste della formazione giovanile e incentrata sul tema progettuale della casa e sulla possibile integrazione tra le arti. Nelle prime abitazioni che Parisi realizzò per la borghesia comasca si avvalse sempre della collaborazione di pittori e scultori, come Mario Radice, Fausto Melotti o Umberto Milani, perché con le loro opere completassero semanticamente il progetto. Nel 1954 il Padiglione soggiorno alla X Triennale di Milano (premiato all’esposizione con la medaglia d’oro e oggi diventato Biblioteca Parco Sempione) segnò, secondo Enrico Crispolti (in Parisi, 1978, p. 95), una tappa significativa nella riflessione di Parisi sui rapporti tra architettura e arti. La realizzazione dell’opera, studiata con Longhi e Luigi Antonietti, rivelò al progettista il rischio di ridurre pitture e sculture a elementi posticci, superflui nella definizione dello spazio e dei caratteri dell’architettura. Parisi preferì quindi il coinvolgimento degli artisti già in fase di ideazione degli edifici, come in occasione del concorso per il Monumento ai caduti della Resistenza di Cuneo (1961-62) e in quello per le abitazioni realizzate nel Comasco negli anni Sessanta. È in questa fase che si rafforzò il rapporto con lo scultore Francesco Somaini, con il quale Parisi condivise l’idea che l’arte e l’architettura avessero un ruolo peculiare nella formazione della consapevolezza individuale e del progresso della società. Insieme idearono i Contenitori umani, elementi scatolari metallici, riempiti di polistirolo espanso sagomato secondo linee antropomorfe determinate dalle posture assunte più di consueto. I prototipi furono presentati al Salone del mobile di Milano nel 1968 come alternativa alla casa tradizionale: le cellule svincolavano l’ambiente domestico dai limiti delle pareti per un più libero godimento degli spazi. Questa proposta provocatoria evolse nel progetto della Casa Esistenziale (1972), un’abitazione per un singolo individuo, stimolato alla riflessione su se stesso e sulla società da numerose installazioni artistiche che determinavano i caratteri dell’architettura. Parisi applicò il medesimo principio progettuale a una scala superiore nell’Operazione Arcevia (1973-76), andando a disegnare un borgo rurale, a vocazione agricola e artigianale, immerso nelle colline marchigiane, per una 'comunità esistenziale', caratterizzato dall’abbondanza delle presenze artistiche, tra cui quelle di Michelangelo Antonioni, Alberto Burri, Tonino Guerra, César e Rod Duddly.
La definizione di spazi abitativi alternativi segnò l’inizio della critica di Parisi al consumismo e alla speculazione edilizia, causa della corruzione della società e dell’impoverimento dell’architettura contemporanea.
A partire dagli anni Settanta, Parisi espresse in maniera evidente le sue preoccupazioni nella performance Libertà è uscire dalla scatola (1976-83) e nelle tavole pittoriche di Utopia realizzabile (1975-78), con le quali definì un metodo progettuale basato sull’immaginazione e sulla commistione delle arti (Parisi, 1978). Seguirono quindi le serie iconiche Apocalisse gentile (1978-82) e Crolli edificanti (1979-82), attraverso le quali Parisi denunciava il pericolo di autodistruzione dell’uomo sottomesso al consumismo, ma anche la possibilità di una palingenesi sociale espressa in nuove forme architettoniche, diverse dal consueto sviluppo scatolare dell’edilizia, spesso simboliche o di ispirazione antropomorfa, così come rappresentate nei cicli dei Grattacieli (1985-86) e di Architettura dopo-Architettura 2000 (1980-90).
L’ultima opera, realizzata tra il 1981 e il 1991, il centro polifunzionale Bobadilla a Dalmine (Bergamo), concretizzò il pensiero critico dell’architetto attraverso una facciata in parte crollata e una fontana a mano aperta avente nel palmo delle gemme colorate, simbolo di una nuova società nascente.
Insieme alla progettazione architettonica degli edifici, Parisi si dedicò alla sistemazione degli interni e all’invenzione di arredi e complementi. Il disegno di poltrone, sedie e tavoli, che inizialmente appariva di gusto novecentista, mutò rapidamente verso forme di ispirazione organica, vicine alle sperimentazioni di Carlo Mollino e Gio Ponti, per passare poi all’elaborazione di soluzioni più sobrie e razionali ispirate al Bauhaus e alle scuole nordiche. La collaborazione con gli artigiani locali, come Ariberto Colombo, Spartaco Brugnoli, Vittorio Bonacina, i fratelli Rizzi e l’azienda Sampietro 1927 fu costante e produsse arredi esemplari, tra cui il celebre tavolo mensola con puntali in ottone.
Valsero a Parisi la segnalazione al premio Compasso d’oro della Rinascente nel 1955 la sedia 691 e la poltrona a conca 839, disegnate insieme alla famosa poltrona Uovo 813 e ad altri originali arredi per la produzione di Cassina degli anni Cinquanta. Altrettanto apprezzati furono i mobili smontabili prodotti da MIM (Mobili Italiani Moderni) e dedicati a note località italiane, come la libreria Lerici, il letto Ischia, il tavolino Sestri. Oggetti più piccoli, ma altrettanto rigorosi e funzionali furono disegnati per le ditte Lamperti e Stildomus Selezione negli anni Sessanta.
La ricerca utopica condotta in ambito architettonico portò Parisi a indagare il valore formale e simbolico di oggetti d’uso quotidiano (come forchette, tazze, pinze), di immagini comuni e ricorrenti (per esempio, i fumetti, gli elementi della natura o gli animali) e le linee del corpo umano. Questi studi ispirarono la serie dei mobili zoomorfi realizzata nel 1991 e prima ancora si riversarono in un’ampia produzione di vetri e di porcellane realizzati, a partire dal 1964, dai maestri vetrai Barovier&Toso e Pino Signoretto e dai ceramisti Zanolli e Sebellin.
Il cassettone Rinoceronte, la cassettiera Le serpi, i Vetri crudeli, le serie Mano e Profilo, la collezione di piatti, tazze o zuppiere ‘abitabili’ sono alcuni dei lavori di design e artistici che rappresentano al meglio la carica ironica e fantasiosa di cui l’intera opera dell’architetto è pervasa.
Per approfondire la sua ricerca poetica, oltre alla pittura e al disegno, Parisi sfruttò la fotografia come strumento di lettura critica della realtà, di studio della luce e dei volumi, di sperimentazione iconica e di comunicazione dei contenuti dei progetti attraverso collage e fotomontaggi. La macchina fotografica accompagnò sempre l’attività professionale dell’architetto, che realizzò anche servizi per case di alta moda, legate al commercio della seta, e insolite campagne pubblicitarie, tra cui quella dei citofoni della ditta Terraneo nel 1973 (Parisi, 1991, pp. 102 s.; D’Amia - Tenconi, 2012, p. 145).
Parisi morì a Como il 19 dicembre 1996.
Il carattere multidisciplinare della sua opera e la distanza tenuta dagli ambienti universitari e dai dibattiti ufficiali non diedero a Parisi grande notorietà nel campo dell’architettura, nonostante l’attenzione posta sul suo lavoro da Ponti, dai critici Pierre Restany e Crispolti e le numerose mostre di cui fu protagonista tanto in Italia quanto all’estero (cfr. i cataloghi delle monografiche Dorfles - Parisi, 1977; Parisi, 1978; Ico P. L’architettura di carta, 1984; Ico P.: l’officina del possibile, 1986; Gualdoni, 1990). Maggiore considerazione ricevette invece la sua produzione di mobili e arredi, selezionata tra i migliori esiti del design italiano del Novecento e particolarmente apprezzata dal mercato americano, anche grazie alle ditte di importazione Altamira e Singer&Sons.
Custodiscono il lavoro di Parisi gli archivi della Pinacoteca civica di Modena, che ne conservano esclusivamente i disegni nella raccolta della Grafica Contemporanea, e gli archivi della Pinacoteca civica di palazzo Volpi di Como, dove è depositato il Fondo Ico e Luisa Parisi. Il fondo fotografico privato di Parisi è invece custodito da Enzo Pifferi presso l’omonima casa editrice con sede a Como.
Fonti e Bibl.: Ico P. e Luisa, Chiasso 1970; G. Dorfles - I. Parisi, Percorrenza fotografica 1934-1976, Como 1977; I. Parisi, Utopia realizzabile attraverso l’integrazione delle arti, Milano 1978; Ico P. Architettura di carta. L'architecture en papier, a cura di P. Restany, Parigi 1984; Ico P.: l’officina del possibile (catal., Milano), a cura di F. Gualdoni, Fusignano 1986; F. Gualdoni, Ico P. & architetture (catal., Modena), Bologna 1990; I. Parisi, Foto a memoria, Como 1991; F. Gualdoni - A. Longatti, Ico P., 1192-1934. Zoo, mobili e precedenti (catal.), Como 1992; P. Deggiovanni, Ico P. & disegni (catal., Modena), Bologna 1994; G. D’Amia - L. Tenconi, Ico P. Architettura, fotografia e design. L’immagine come progetto, Como 2012.