QUARTARONI, Domenico
QUARTARONI (Quartaironi, Quarteroni), Domenico. – Nacque a Messina nel 1651 (Proja, 1840, p. 1). Non sono noti i nomi dei genitori.
Dalle sue suppliche indirizzate al rettore della Sapienza di Roma in occasione del concorso del 1685 per la cattedra di matematica apprendiamo che si era addottorato in filosofia e teologia nel 1669 presso il collegio gesuitico di Messina, dove risulta alunno nel 1668, quando dava alle stampe un’opera dal titolo Argus Philosophicus, «dove con breve metodo si insegna la logica, e la fisica» (Archivio di Stato di Roma, Cartari Febei, b. 66, c. 334r).
A Messina aveva cominciato a insegnare matematica, ma il fallimento della rivolta antispagnola (1678) e la chiusura dell’Università furono probabilmente le ragioni che lo spinsero a cercare rifugio a Roma. Si è supposto che dietro questa scelta si celasse un legame con il galileiano Giovanni Alfonso Borelli, che certamente egli conobbe nella sua città e che, esiliato per suoi presunti collegamenti con la rivolta, si trovava nell’Urbe già dal 1673.
A Roma riprese l’attività di lettore di matematiche presso il Collegio romano dei gesuiti e il Collegio Clementino dei somaschi, probabilmente come ripetitore privato dei giovani convittori, non avendo mai preso i voti. A sua detta, insegnava «non solo la geometria, ottica, astronomia, fortificationi, algebra e qualsivoglia parte di matematica, ma anche il nuovo metodo logistico ritrovato dal Padre Francesco Gottignes» (c. 334r). Proprio Gilles-François de Gottignies, lettore di matematiche al Collegio romano, lo avrebbe inoltre sostenuto come insegnante privato delle dette scienze presso le famiglie patrizie. A fine carriera Quartaroni poteva vantare discepoli tra la prima nobiltà italiana ed europea, come il principe Filippo Guglielmo Augusto del Palatinato-Neuburg in occasione della tappa romana del suo grand tour o il principe Raimondo di Sangro quando questi era convittore del Collegio romano (1710-30).
Testimonia dello stretto legame con il Collegio romano l’altro episodio di cui egli fa menzione nel suo curriculum del 1685, ovvero la soluzione non-euclidea del problema matematico relativo alla duplicazione del triangolo equilatero, lanciato pubblicamente nel 1680 dal lettore di matematica di Praga, e giunto a Roma proprio tramite Gottignies. Anche al Clementino Quartaroni dovette continuare a essere di casa, se è vero che Francesco Bianchini ve lo incontrava casualmente in biblioteca nel 1704 (lettera di F. Bianchini a Giusto Fontanini, 3 dicembre 1704, Roma, Biblioteca Vallicelliana, Mss., U.25, c. 136r).
Al concorso del 1685 gli fu preferito Vitale Giordano. Nel 1699, tuttavia, egli assunse la cattedra suprannumeraria di matematica in Sapienza, per poi sostituire Giordano nell’insegnamento principale dal 1711 fino al 1734. Nel 1699, però, Quartaroni era ormai un erudito ben introdotto nella società colta romana. Era di certo membro dell’Accademia fisico-matematica di Giovanni Giustino Ciampini; vi aveva compiuto osservazioni astronomiche (1680-81, 1689) e proposto soluzioni a diversi problemi di matematica (Archivio di Stato di Roma, Cartari Febei, c. 336). Peraltro, è proprio nel contesto dell’Accademia che Gottfried Wilhelm Leibniz lo incontrò durante il suo soggiorno romano del maggio-novembre 1689, nell’occasione in cui presentò per la prima volta pubblicamente la sua dinamica anticartesiana in un abbozzo di quello che divenne più tardi il dialogo Phoranomus.
Secondo Vincenzo Leonio, biografo di Ciampini, Quartaroni avrebbe fatto parte della squadra di redattori del Giornale de’ letterati di Roma diretta da Ciampini e nata dopo la rottura tra questi e il fondatore (1675), Francesco Nazari, sull’indirizzo culturale da imprimere alla rivista. Quartaroni potrebbe essersi avvicinato al Giornale grazie all’amicizia con il cardinale Michelangelo Ricci, di cui resta traccia negli atti del concorso. Sarebbe stato inoltre promotore di un’accademia privata di matematica a palazzo Pamphili, dove risiedeva in qualità di prefetto della locale biblioteca, e frequentatore abituale del caffè della Pace, altro luogo in cui nel 1689 ebbe occasione di incontrare Leibniz. Arcade con il nome di Cratilo Erculeo, rimane un suo voto sulla biografia arcadica di Vincenzo Viviani (Le vite, 1708, pp. 137-139). La stima che Quartaroni mostrava verso il matematico toscano era stata del resto reciproca. Proprio Viviani, infatti, nel 1699 lo aveva raccomandato al matematico camaldolese Guido Grandi, presentandolo come «cortese e dottissimo uomo» (9 marzo 1699 anno di incarnazione, dunque 1700, Firenze, Biblioteca Nazionale, Grandi Guido a Viviani Vincenzo, 19 febbraio 1699, Mss., Gal. 257, cc. 189r-190r, 258, cc. 33r-34r).
Sono pervenute quasi tutte le dispense dei corsi che componevano il suo pluriennale programma di studi in Sapienza, conservate manoscritte presso la Biblioteca Casanatense di Roma (Robinet, 1991a). L’ordo praepositus prevedeva elementi di geometria euclidea e astronomia (negli anni da soprannumerario), ottica (1716), statica e meccanica (1717), idrostatica e pneumatica (1719), proprietà dell’atmosfera (1720-21), influssi del Sole e della Luna sul corpo umano (1720-22). Dal 1722 al 1734 questi argomenti si intrecciarono con la spiegazione del calendario gregoriano, l’esposizione degli elementi di geografia, cosmografia e geometria, ancora la meccanica dei solidi e dei fluidi.
Dai programmi emerge la figura di un erudito poco interessato alla matematica pura – Robinet lo definiva «un tardo discepolo di Cavalieri» (Robinet 1991a, p. 10) – e piuttosto specializzato (anche per ragioni istituzionali) nelle meccaniche miste e nell’applicazione della matematica alla fisica. Si tratta di un’immagine coerente con quella proposta da Leibniz nel suo dialogo meccanico Phoranomus, in cui Quartaroni aveva il ruolo di contraddittore. Stando alla lettura delle dispense, questi fu assertore di una visione del cosmo inteso come un sistema integrato di materia corpuscolare in movimento. La concezione corpuscolare della materia gli serviva infatti a spiegare gli influssi astrali (tramite la luce), la meccanica ma anche il funzionamento del corpo umano e di tutti i suoi organi, visione che egli faceva risalire non a Borelli (che fu forse suo maestro e diede compimento alla iatromeccanica), ma allo stesso Galileo, celebrato qui come vero fondatore della fisico-matematica. Criptocopernicano, Quartaroni non riteneva inoltre inconciliabile l’eliocentrismo e la centralità dell’uomo nell’universo (Favino, 2004).
Questa ‘audacia’ intellettuale, puntualmente rilevata da Leibniz, sembrerebbe apparentemente stridere con la posizione assunta in merito alla questione della riforma del calendario gregoriano sollevata da papa Clemente XI. Quartaroni, infatti, partecipò in qualità di tecnico alla commissione informale istituita da papa Albani tra il 1701 e il 1704 per verificare l’attendibilità del calendario gregoriano in vigore. Furono probabilmente i suoi storici legami con la Compagnia di Gesù a spingerlo a ‘fare blocco’ con i gesuiti Francesco Eschinardi e Antonio Baldigiani, contro il partito dei rigoristi ed eruditi che facevano capo a Enrico Noris e a Francesco Bianchini, nel difendere l’operato del gesuita Cristoforo Clavio ai tempi della riforma gregoriana e nell’avversare il ‘sistema clementino’ proposto da Bianchini. Quartaroni fu anzi il più tenace oppositore di questa soluzione, dietro la quale vedeva gli «infami raggiri degli heretici di Germania» (Formica, in corso di stampa), a cominciare da Leibniz, per abolire il computo cattolico del tempo alla vigilia della sua auspicata adozione da parte dei Paesi protestanti. Quartaroni si adoperò attivamente per scongiurare questo pericolo sia creando un massiccio gruppo di pressione sul pontefice, che risultò in definitiva efficace, sia redigendo diversi testi polemici affidati a una circolazione clandestina e faziosa anche al di là delle Alpi.
Della sua attività di consulente tecnico per l’amministrazione pontificia in materia di ingegneria restano due documenti.
Il primo – datato 1704 – è un parere sulla relazione approntata da Bianchini a giustificazione del fallimento del suo primo tentativo di innalzare la colonna antonina a Montecitorio (ottobre 1703).
Lo scritto – rimasto inedito, di cui la Biblioteca Vallicelliana conserva molte minute (Mss., U.IX) – intendeva svelare gli errori dei dati tecnici esposti da Bianchini nella sua historia (numero di uomini applicati agli argani, numero dei travi, struttura del castello ecc.), al fine di mettere in guardia contro le nuove soluzioni tecniche che questi prospettava sulla base dei precedenti errori sperimentati (c. 85). Il testo prevedeva anche una pars construens, in 24 punti (cc. 89-92).
Il secondo è un ampio dossier prodotto dal ricorso della municipalità di Ferrara alla congregazione delle Acque per scongiurare la deviazione del corso del fiume Reno nel Po ‘di Lombardia’ deliberato dalla Sede apostolica nel 1715 in seguito alla visita apostolica del 1693 e fortemente voluto dalla municipalità di Bologna. Quartaroni è l’autore della descrizione dei risultati del sopralluogo condotto dal segretario della congregazione (Alla Sacra Congregazione delle acque..., 1717a) e di un parere tecnico di parte a favore dei ferraresi (Alla Sacra Congregazione dell’acqua per la città di Ferrara, 1717b).
Nel secondo scritto, una disamina delle cause che avevano prodotto l’innalzamento tendenziale del letto del Po (evidenza negata dai bolognesi) e soprattutto l’appello insindacabile di questi ultimi ai passati pareri dei periti gli offrivano l’occasione di un confronto con la tradizione e di una presa di posizione rispetto al carattere progressivo e perfettibile della scienza («il tempo padre della verità» (1717b, p. 44). Pur riconoscendo a Benedetto Castelli il ruolo di fondatore dell’idraulica, lamentava il carattere ancora limitato e imperfetto della disciplina. Particolarmente duro il giudizio espresso su Domenico Guglielmini, perito in occasione della visita apostolica del 1693, accusato di astrattezza e di scarsa familiarità con il campo; un giudizio che Quartaroni suffragava con la citazione dei giudizi analoghi espressi da Leibniz (agosto 1715) e da Jacob Hermann (Padova, dicembre 1711) tratti dalla sua corrispondenza privata con loro.
Morì a Roma il 26 aprile 1736 (secondo Filippo Maria Renazzi molto ricco) e fu sepolto nella chiesa di S. Agnese in Agone in piazza Navona, dopo un fastoso funerale, dove lo ricorda un’epigrafe. Un’altra epigrafe, collocata nella chiesa di S. Maria di Costantinopoli, di cui era stato economo e benefattore, non era più visibile già al tempo di Salvatore Proja.
Opere. Alla Sacra Congregazione delle acque. Ragioni per la città di Ferrara. Per escludere il progetto di unire Reno al Po di Lombardia, in Roma 1717a; Alla Sacra Congregazione dell’Acque per la città di Ferrara. Informazione delle innovazioni seguite doppo l’anno 1693..., in Roma 1717b.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Roma, Cartari Febei, b. 66, cc. 321r, 333r, 334r, 336r, 337r, 338r. Per una descrizione dei manoscritti conservati nella Biblioteca Casanatense, v. Robinet, 1991a, pp. 16-18; per i documenti relativi al coinvolgimento di Quartaroni nella questione del calendario conservati presso la Biblioteca Vallicelliana di Roma, v. Formica, in corso di stampa, passim; Le vite degli Arcadi illustri scritte da diversi autori, e pubblicate d’ordine delle generale adunanza da Giovanni Mario Crescimbeni, pt. I, Roma 1708, pp. 137-139; A. Mongitore, Bibliotheca sicula, II, t. I, app. I, Palermo 1714, s.v.
F.M. Renazzi, Storia dell’università degli studj di Roma detta comunemente La Sapienza, III, Roma 1805, pp. 100 s.; S. Proja, Notizie biografiche del professor D. Q. bibliotecario della Pamphiliana, Roma 1840; G.M. Mira, Biblioteca Siciliana sive de scriptoribus siculis, II, Palermo 1844, p. 258; J.-M. Gardair, Le “Giornale de’ letterati de Rome”: 1668-1681, Firenze 1984, p. 133; A. Robinet, G.W. Leibniz Iter Italicarum (mars 1689-mars 1690), Firenze 1988, passim; A. Robinet, L’Accademia matematica de D. Q. et le “Phoranomus” de G.W. Leibniz (Rome 1689), in Nouvelles de la République des lettres, XI (1991a), 2, pp. 7-18; Id., Phoranomus, seu de potentia et legibus naturae, Romae, Juilliet 1689, I, in Physis, n.s., XXVIII (1991b), 2, pp. 429-541 (in partic. pp. 453, 503 s.); I maestri della Sapienza di Roma dal 1514 al 1787: i rotuli e altre fonti, a cura di E. Conte, II, Roma 1991, s.v.; M.P. Donato, Accademie romane. Una storia sociale, Napoli 2000, passim; F. Favino, Matematiche e matematici alla ‘Sapienza’ romana (XVII-XVIII secolo), in Mélanges de l’École française de Rome. Italie et Méditerranée, 2004, vol. 116, n. 2, pp. 423-469 (in partic. pp. 448-453); M. Formica, “Sacrastronomia”. Riforma del calendario e controllo del tempo agli inizi del XVIII secolo, in Rivista storica italiana, in corso di stampa.