QUATTROCIOCCHI, Domenico
QUATTROCIOCCHI, Domenico. – Nacque a Palermo l’8 agosto 1872 da Pietro Pio e da Anna Favazzi. Fu allievo di Francesco Lojacono, dal quale apprese in particolare l’amore per la natura e per gli animali, e di Salvatore Marchesi. Nel 1899 partecipò all’Esposizione della Società promotrice di belle arti di Palermo al teatro Massimo e l’anno seguente all’Esposizione di belle arti di Monreale, in provincia di Palermo (Esposizioni, 1982, p. 70). Fra il 1890 e il 1900 circa, gli studiosi hanno datato Strada (Marina) con paese (Bagheria, Museo Guttuso; De Wrangel, in Di là del faro, 2014, pp. 306 s.).
È un olio su tela dove è evidente la predilezione di Quattrociocchi per gli aspetti cromatici e luminosi del paesaggio, che fu una costante di tutta la sua opera. Il pittore non si focalizza sulla narrazione della quotidianità delle persone: i lineamenti dei volti non sono tracciati e i vestiti dei personaggi sembrano scelti con cura per intonarsi ai colori della terra e del mare.
Nel 1900 circa si trasferì a Roma, dove risiedette stabilmente per tutta la vita, tranne qualche soggiorno in Sicilia. A Roma seguì il pittore Francesco Iacovacci e si dedicò alla pittura di paesaggio dell’Agro romano, in solitudine, cercando di ritrarre la natura che andava sparendo con il progredire degli insediamenti urbani. La scelta di questi temi, ritratti con una forte attenzione agli aspetti poetici delle sfumature cromatiche e luminose del paesaggio, gli valse la definizione critica di «pittore georgico» (Eleuteri, 1982, pp. 5-7; cfr. Rosi, 1925; Battaglia, 1947).
Secondo alcuni studiosi fu un epigono del gruppo dei XXV della Campagna Romana e dichiarava un preciso amore gerarchico per i suoi soggetti: al primo posto erano gli alberi, poi gli animali e, solo per ultima, la figura umana, non frequente nei suoi paesaggi (Mulé, 1941). Inoltre, secondo certi critici, alcuni suoi lavori hanno analogie con i dipinti di Onorato Carlandi per l’uso di tonalità non molto accese e per la resa naturalistica del paesaggio senza una descrizione analitica dei dettagli (Buda, in Ottocento siciliano, 2001, p. 164).
Nel 1905 partecipò all’Esposizione annuale di belle arti di Roma (poi fino al 1907; Esposizioni, 1982, p. 70) e nel 1906 alla Mostra nazionale di belle arti di Milano, nel gruppo dell’Unione artisti di Roma, come risulta dai rispettivi cataloghi. Nel 1908 prese parte all’Esposizione quadriennale di Torino (Di Lorenzo, in Di là del faro, 2014, p. 310) e dipinse l’olio su tela L’abbeveratoio (Bagheria, Museo Guttuso; De Wrangel, ibid., pp. 280 s.), che può essere annoverato fra le sue opere migliori.
È una scena di genere, di notevole eleganza compositiva e cromatica, che rappresenta un momento di sosta negli spostamenti lavorativi dei contadini, seduti sui tipici carretti siciliani dalle sponde dipinte. Sono evidenti le influenze della pittura dei macchiaioli, oltre a un’attenzione alla trasparenza degli effetti luminosi dell’atmosfera; caratteristiche ricorrenti in moltissimi lavori dell’artista. Nelle architetture lontane e nei riflessi dell’acqua è visibile l’interesse di Quattrociocchi per le corrispondenze geometriche sul piano del dipinto, vicine a evocare una pittura aniconica, mai sperimentata nell’intera carriera dell’artista, rimasto sempre nell’ambito del figurativo, lontano dalle avanguardie novecentesche.
Sempre nel 1908 il suo nome risulta nella lista dei rappresentanti al Congresso artistico di Parigi dell’Unione di belle arti e lettere di Parigi, presieduta, tra gli altri, dal celebre Auguste Rodin (Di Lorenzo, in Di là del faro, 2014, p. 310). Nel 1909 partecipò all’VIII Esposizione internazionale d’arte della città di Venezia, nel 1911 all’Esposizione della Società promotrice di belle arti di Napoli, e nel 1914 e nel 1915 alla II e alla III Esposizione internazionale d’arte della «Secessione», come risulta dai rispettivi cataloghi. Fra il 1915 e il 1920 è stato datato l’olio su compensato Campagna romana (Roma, Galleria comunale d’arte moderna; Francesca Franco, 2004, p. 424).
Prima del 1916 la critica ha datato un dipinto a olio intitolato Quiete (Palermo, Galleria d’arte moderna; Di Lorenzo, in Di là del faro, 2014, pp. 308-311). Nel 1916 l’opera fu esposta alla mostra «Pro patria ars» al Kursaal Biondo di Palermo, dove venne acquistata per la collezione della Galleria comunale (pp. 310 s.).
In questo quadro, con una sapiente tecnica pittorica, Quattrociocchi rende i diversi piani di profondità della veduta paesistica alternando zone campite con spessi strati di colore ad altre aree dipinte con pennellate più sottili per evocare la trasparenza atmosferica della luce.
Nel 1917 Quattrociocchi partecipò nuovamente alla manifestazione palermitana «Pro patria ars» (Romano, 1917, p. 208). In questi anni ormai aveva raggiunto un discreto successo di vendite e critica (Eleuteri, 1982, pp. 9 s.; Di Lorenzo, in Di là del faro, 2014, p. 310). Nel 1922 partecipò alla XIII Esposizione internazionale d’arte della città di Venezia, nel 1925 alla III Biennale di Roma, riscuotendo giudizi favorevoli dalla critica (Rosi, 1925), nel 1926 all’Esposizione degli amatori e cultori di belle arti di Roma (poi anche nel 1927 e nel 1930) e nel 1930 alla II Mostra del sindacato laziale fascista di belle arti del Lazio, come risulta dai rispettivi cataloghi.
Alla seconda metà degli anni Trenta, secondo la critica, sono databili due oli su tavola, Cortile e Via dei Quattro Cantoni, entrambi firmati (Roma, Galleria comunale d’arte moderna; Francesca Franco, 2004, pp. 424 s.). Nel 1940 prese parte alla IX Mostra del sindacato interprovinciale fascista di belle arti del Lazio, come risulta dai cataloghi.
Nel suo studio romano di piazza Melozzo da Forlì aveva come assistente il pittore Rosario Mirabella, che nel 1942 sposò la figlia Emma (Lacagnina, 2010).
Morì a Roma il 18 aprile 1941.
Nel 1942, nell’ambito della X Mostra del sindacato interprovinciale fascista di belle arti del Lazio, presso la Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, venne allestita una sala con una mostra retrospettiva di venticinque opere di Quattrociocchi, secondo il catalogo dell’epoca (ventuno secondo alcuni cronisti; Peyrot, 1942). Le sue opere sono presenti in varie collezioni italiane e siciliane, in gran parte private, e recentemente sono state vendute da varie case d’aste, soprattutto in Italia, come Christie’s e Trionfante, con quotazioni modeste. Il suo nome viene citato in quasi tutti i testi che trattano della formazione di Renato Guttuso.
Fonti e Bibl.: Palermo, Comune, Ufficio stato civile, Estratti atti di nascita di Quattrociocchi Domenico.
A. Jahn Rusconi, L’Esposizione di Belle Arti in Roma, in Emporium, 1907, vol. 25, n. 150, pp. 416 s.; S. Romano, Cronaca e notizie, in Archivio storico siciliano, n.s., XLII (1917), p. 208; G. Rosi, Il paesaggio siciliano nell’arte di D. Q., in Il Mondo, 5 luglio 1925; F.P. Mulé, D. Q., in Il Giornale di Sicilia, 26 aprile 1941; A. Peyrot, D. Q. e Alessandro Battaglia, in Il piccolo, Roma, 2 giugno 1942; Alla Mostra sindacale del Lazio. Le opere di due pittori scomparsi, in Il Messaggero, 16 maggio 1942; Invito a Q. e proposta al Podestà, in L’Ora, Palermo, 17 maggio 1942; C. Battaglia, Pittori nostri. D. Q., in Domenica del Giornale di Sicilia, 11 maggio 1947; L’arte nella vita del mezzogiorno d’Italia (catal.), Roma 1953, pp. 75 s., 404; E. Galdi, Un pittore italiano: D. Q., in Lotta politica, 31 marzo 1955; R. Guttuso, Il partito dell’onore, in Rinascita, 8 giugno 1963 (ripubbl. in Renato Guttuso. Scritti, a cura di M. Carapezza, Milano 2013, p. 1666); E.M. Eleuteri, La pittura siciliana nell’Ottocento italiano, in D. Q. 1872-1941 (catal.), a cura di E.M. Eleuteri, Roma 1982, pp. 5-13; Esposizioni, ibid., p. 70; Z. Baragli, Con una mostra di D. Q. si è aperta una nuova galleria, in L’Ora, Palermo, 13 novembre 1990; E. Passalalpi Ferrari, Una interessante retrospettiva dell’artista D. Q., in La Voce Repubblicana, Roma, 10 novembre 1990; G. Barbera, Q. D., in La pittura in Italia. L’Ottocento, a cura di E. Castelnuovo, II, Milano 1991, p. 980 (con bibliografia); L. B., Q. D., in L. Sarullo, Dizionario degli artisti siciliani, II, Pittura, a cura di M.A. Spadaro, Palermo 1993, pp. 435 s.; Arte antica e moderna nelle collezioni della Banca commerciale italiana. Ottocento e Novecento, a cura di M. Precerutti Garberi, Milano 1997, pp. 180, 289, 330; F. Tetro, La Galleria d’arte moderna e contemporanea città di Latina. Storia di donazioni..., in Galleria d’arte moderna e contemporanea di Latina. Catalogo generale, a cura di F. Tetro, II, Latina 2000, p. 35; Ottocento siciliano. Dipinti di collezioni private agrigentine (catal., Agrigento), a cura di G. Barbera, Napoli 2001 (in partic. G. Barbera, In margine a una mostra di pittura siciliana dell’Ottocento, p. 26; V. Buda, D. Q., Capre al pascolo, scheda dell’opera, pp. 164 s.; Id., Q. D., p. 199); F. Carapezza Guttuso, Ritratto di famiglia in un museo, in Museo Renato Guttuso, a cura di D. Favatella Lo Cascio, Palermo 2003, p. 121; D. Favatella Lo Cascio, Storie di amici e di arte, in Storie di amici e di arte (catal., Vigevano), a cura di D. Favatella Lo Cascio, Bagheria 2004, pp. 16, 19; Francesca Franco, D. Q., schede delle opere, in GCAMC. Roma. Galleria comunale d’arte moderna e contemporanea. Catalogo generale delle collezioni, a cura di C. Virno, Roma 2004, pp. 423-426, 582 s.; G. Barbera, La Galleria d’arte moderna negli anni Venti e Trenta..., in Galleria d’Arte moderna di Palermo. Catalogo delle opere, a cura di F. Mazzocca - G. Barbera - A. Purpura, Cinisello Balsamo 2007, pp. 41 s.; D. Lacagnina. Mirabella Rosario, in Dizionario biografico degli Italiani, LXXIV, Roma 2010, http://www.treccani.it/enciclopedia/rosario-mirabella_(Dizionario_ Biografico) (31 marzo 2016); C. Bajamonte, Fumano intanto le rovine di Verdun..., in Annali di critica d’arte, 2013, n. 9, pp. 584-586; Di là del faro. Paesaggi e pittori siciliani dell’Ottocento (catal., Palermo), a cura di S. Troisi - P. Nifosì, Cinisello Balsamo 2014 (in partic. E. De Wrangel, D. Q. L’abbeveratoio, scheda dell’opera, pp. 280 s.; Ead., D. Q. Strada (Marina) con paese, scheda dell’opera, pp. 306 s.; A. Di Lorenzo, D. Q. Quiete, scheda dell’opera, pp. 308-311).