VENIER, Domenico
Letterato, nato il 25 dicembre 1517 a Venezia, morto ivi il 16 febbraio 1582. Fu magistrato alle biade e senatore; poco più che trentenne, immobilizzato da una forma di podagra, rinunziò agli uffici pubblici e fece della sua casa di S. Maria Formosa centro di letterarie conversazioni. Nella stima degli amici fu in qualche modo considerato l'erede e il successore del Bembo e tenuto per maestro della lingua; l'Accademia veneziana fondata nel '58 lo ebbe protettore col Badoer. Tasso diciottenne gli sottopose il Rinaldo.
Con eleganza esteriore petrarcheggiò in versi amorosi, e ne ebbe molte poetiche adulazioni anche dall'Aretino; secenteggiò ante litteram nei sonetti in morte del Bembo, s'esercitò in altri compianti e nella corrispondenza poetica con i letterati contemporanei, fra cui il Caro; tradusse da Ovidio e da Orazio; toccò motivi patrî, pastorali e popolari; nel genere burlesco si servì del dialetto. Il tema che rimane più suo è quello del proprio male, predomini la pietà di sé stesso, o un certo realismo e una malinconica filosofia consolatoria.
Bibl.: P. A. Serassi, la vita di D. V., in Rime di D. V., Bergamo 1751; A. Pilot, Un peccatuccio di D. V., in Fanfulla della domenica, 29 luglio 1906; id., Infedeltà e lamenti amorosi del '500, ibid., 1908, n. 44.