DOMENICO
Sulle origini di questo vescovo di Malamocco non si hanno notizie, ma dovette appartenere alla cerchia dei più fidati amici e collaboratori del doge di Venezia Orso Il Partecipazio (911-932).
Poco dopo l'elevazione di Orso II al ducato, il figlio del doge, Pietro, si era recato alla corte imperiale di Costantinopoli, dove pare avesse trovato un'accoglienza positiva, ricevendo il titolo di prothospatarios. Ma durante il viaggio di ritorno fu catturato dal principe degli Slavi, Michele, che lo consegnò al re dei Bulgari, Simeone. Orso, anziché reagire a tale provocazione con la guerra, preferi, come era sua abitudine, servirsi di mezzi diplomatici e mandò quindi una legazione presso i Bulgari per ottenere la liberazione del figlio. A guidare questa legazione fu scelto D., allora arcidiacono della cattedrale di Malamocco, il quale effettivamente riusci a far liberare l'ostaggio. Poco dopo, a quanto pare, egli fu elevato alla dignità di vescovo di Malamocco.
Data la scarsità di testimonianze scritte sulla storia veneziana della prima metà del X secolo, è estremamente difficile ricostruire in modo soddisfacente la cronologia degli eventi. Nella bibliografia si fa risalire l'investitura vescovile di D. all'anno 912, un termine però troppo vicino all'inizio del governo del doge Orso II (911). È però probabile che la missione a Costantinopoli avvenisse nel 913, e quindi la nomina di D. a vescovo non può essere stata precedente a tale anno. La fonte più antica, però, Giovanni Diacono, non stabilisce alcun nesso tra la legazione alla corte imperiale e l'elevazione di D. alla dignità vescovile. I due fatti vengono messi in relazione soltanto nelle cronache tardomedioevali, che d'altronde si rifanno chiaramente alla narrazione di Giovanni e non sembrano conoscere altre fonti del X secolo. La data del 913 (o poco dopo) resta comunque quella più probabile per la nomina di D. a vescovo di Malamocco. Infine la menzione di un vescovo con un altro nome a Malamocco nell'anno 919 ha seminato ulteriore confusione, ma va rilevato che il documento in proposito, il Pactum Clugiae, è un falso del secolo XI.Anche la seconda notizia che riguarda D. lo mostra in stretto collegamento con il doge. Nel febbraio del 915 Orso II inviò un'ambasciata a Pavia per rinnovare con il re Rodolfo di Borgogna gli accordi tra Venezia e il Regno d'Italia. Nella bibliografia più antica il documento di Rodolfo veniva datato di solito all'anno 924, ma oramai pare accertato che la vicenda si sia svolta nella primavera del 925. La diplomazia veneziana puntava ad ottenere da Rodolfo un impegno scritto sugli accordi tra i dogi veneziani e i titolari del Regno italico costantemente rinnovati dal tempi di Lotario I in poi. Quest'importante missione diplomatica fu affidata, per parte veneziana, a Stefano Calobrini membro di una famiglia di tribuni, e al vescovo D. di Malamocco. In tale occasione fu forse rinnovato anche il Pactum, l'accordo che regolava i rapporti giuridici e i reciproci diritti commerciali tra Venezia e il Regno italico. Il testo del Pactum non è tramandato, ma si conserva un secondo documento, il cosìddetto Praeceptum, che risale a un editto emanato da Lotario I nell'841. Esso garantiva i possedimenti veneziani sulla terraferma e fu ampliato nel corso del IX secolo da altri privilegi. Anche stavolta gli inviati, che pare approfittassero abilmente della debolezza politica del re, ottennero da Rodolfò un ampliamento dei diritti veneziani.
Con il Praeceptum il re concesse a Venezia anche il diritto di battere moneta. I reperti veneziani attestano fin dal IX secolo l'esistenza di una moneta locale, ma ora questa veniva ufficialmente riconosciuta. Si trattava a quanto pare di una coniazione d'argento corrispondente al sistema monetario occidentale, sebbene sia testimoniata anche la presenza nel ducato di monete bizantine. Nelle tumultuose vicende dell'epoca, la conclusione dell'accordo con Rodolfò rimase però un semplice episodio: già tre anni dopo, Venezia si avvicinò a Ugo di Provenza, ottenendo anche da lui un Praeceptum in suo favore.
D. ebbe dunque una parte diretta nelle due più rilevanti iniziative politiche del dogato di Orso II Partecipazio. Dopo la missione del 925 non si hanno più notizie su di lui. Le informazioni sulla Chiesa di Malamocco nel X secolo sono infatti troppo scarse per riferirci qualcosa di più sul suo pastore. Resta comunque un fatto importante che D., vescovo di una diocesi periferica all'interno del ducato, abbia avuto un ruolo tanto influente nella politica di Orso II Partecipazio, i cui interessi familiari erano orientati piuttosto verso l'ascendente Rialto e i suoi ceti superiori.
Fonti e Bibl.:M. Sanuto, Le vite dei dogi, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXII, 4, a cura di G. Monticolo, p. 125; Andreae Danduli Chronica per extensum descripta, ibid., XII, 1, a cura di E. Pastorello, pp. 168 s.; Cronache venez. antichissime, a cura di G. Monticolo, Roma 1890, in Fonti per la storia d'Italia, X, p. 134; I diplomi italiani di Lodovico III e di Rodolfo II, a cura di L. Schiaparelli, Roma 1910, in Fonti per la storia d'Italia, XXXVII, p. 129; Capitularia regum Francorum, II, a cura di A. Boretius - V. Krause, in Mon. Germ. Hist., Legum sectio II, Hannoverae 1890-1897, pp. 148 ss.; R. Cessi, Docum. relativi alla storia di Venezia anteriori al Mille, II, Padova 1942, p. 47; G. Vianelli, Serie de' vescovi di Malamocco e di Chioggia, I, Venezia 1790, pp. 40-45; H. Kretschmayr, Geschichte von Venedig, I, Gotha 1905, p. 406; R. Cessi, Venezia ducale, I, Duca e popolo, Venezia 1963, pp. 307 s.