DOMIZIO Marso (Domitius Marsus)
Poeta augusteo, ammiratore di Tibullo, per la morte del quale scrisse un ispirato epigramma, in cui celebrava insieme i distici molli del poeta elegiaco e i gagliardi esametri di Virgilio. Marziale lo vanta fra i suoi precursori. Fu autore di epigrammi mordenti: significativo è il titolo di Cicuta, che doveva designare una raccolta di versi velenosi. Il carattere fondamentale dell'uomo, quella sua tendenza al riso, ci è ribadito da un'opera in prosa che scrisse sulla urbanitas, da cui molto attinse Quintiliano (VI, 6) nel capitolo sul ridicolo. Le sue Fabellae dovevano uscire da uno stesso spirito: forse una raccolta di cose da ridere, in versi. Ma Domizio cantò anche l'amore e una donna, una fusca Melaenis, come la chiama Marziale; e questi allude pure a un poema Amazonis, dove le mitiche Amazzoni sembrano essersi riallacciate, sia pure assai esteriormente, coi popoli Vindelici, i vinti di Druso negli anni 15 e 14 a. C., con un espediente d'arte, dunque, di far ripercuotere il mito nel presente, di che aveva dato allora splendido esempio l'epopea virgiliana.
Frammenti in W. Morel, Fragm. poet. lat., Lipsia 1927, p. 110 seg.
Bibl.: M. A. Weichert, Poetarum Latinorum reliquiae, Lipsia 1830, p. 241 segg.; F. Skutsch, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V, col. 1430 seg.