Donatello
Il rinnovatore della scultura del Quattrocento
Donatello è uno degli artisti più moderni del Rinascimento italiano. Dallo studio della scultura antica e attraverso la frequentazione dei maggiori maestri dell'epoca, da Ghiberti a Brunelleschi, diventò il massimo scultore della Firenze del Quattrocento. Con le sue figure dagli atteggiamenti naturali, introdusse il realismo nella scultura rinascimentale
Donato di Niccolò di Betto Bardi, detto Donatello, nasce a Firenze nel 1383 (o 1386), figlio di un modesto operaio. Si forma in una delle botteghe più importanti della città, quella di Lorenzo Ghiberti, che gli insegna soprattutto a modellare il bronzo.
Nei primi anni del Quattrocento compie con l'amico Filippo Brunelleschi un viaggio a Roma per studiare l'arte antica, dalla quale verrà profondamente influenzato. A colpire Donatello è in particolare l'intenso realismo delle statue romane, cioè la capacità di esprimere con grande naturalezza la realtà fisica e psicologica delle figure rappresentate.
Con queste premesse Donatello provoca una decisa rottura con la tradizione, rivolta sempre a realizzare figure armoniche e idealizzate. Quando, tra il 1423 e il 1436, scolpisce le statue dei Profeti Geremia e Abacuc per il campanile del duomo di Firenze suscita molte polemiche. Uno con la barba incolta, l'altro con una curiosa testa calva, i due profeti sembrano popolani, tanto che Abacuc viene familiarmente chiamato dai fiorentini 'lo zuccone'. Lo scultore ribalta così la tradizionale convinzione che la bellezza sia sinonimo di positività e quindi la bruttezza di valori negativi.
Un aneddoto spiega l'originalità di Donatello: si racconta che Brunelleschi, dopo aver visto il Crocifisso scolpito per la chiesa di Santa Croce nel 1425, accusò l'amico di "aver messo in croce un contadino". In quest'opera, infatti, a differenza dei crocifissi tradizionali dove Cristo manteneva anche nella morte un atteggiamento sereno e solenne, Donatello cerca la naturalezza del vero, rappresentando la sofferenza di un uomo costretto a una morte atroce.
Da autentico artista rinascimentale Donatello affronta i problemi legati alla resa dello spazio e allo studio della prospettiva, come dimostra il S. Giorgio, statua realizzata tra il 1415 e il 1417 per la chiesa fiorentina di Orsanmichele. Il santo si presenta come un giovane guerriero nobile e virtuoso che attraverso una lieve torsione del corpo, con il peso distribuito in modo equilibrato sui due piedi divaricati e con davanti la punta dello scudo tenuta leggermente obliqua, suggerisce movimento e profondità allo spazio circostante. Anche nel rilievo ai piedi della statua, in cui è rappresentato s. Giorgio che uccide il drago, risulta di grande interesse l'organizzazione dello spazio. La figura in primo piano, più vicina a chi guarda (in questo caso il posteriore del cavallo!) emerge dal fondo, mentre quelle più lontane presentano un rilievo sempre più piatto fino a divenire semplici linee incise. È questo il primo esempio di schiacciato, cioè di rilievo bassissimo che, in parallelo con la pittura, definisce lo spazio attraverso la prospettiva.
Dopo aver lavorato anche per Napoli e Siena, tra il 1433 e il 1439 Donatello scolpisce il David in bronzo per i Medici, la cantoria del Duomo di Firenze e il pulpito esterno per quello di Prato. In queste ultime due opere la decorazione è formata da una festosa danza di putti, un motivo della scultura classica ripreso e trasformato in un vivace e allegro gioco infantile.
Ma nuove polemiche relative alle sue scelte stilistiche coinvolgono lo scultore, tanto che nel 1443 lascia Firenze e si stabilisce a Padova, dove gli commissionano il Crocifisso e i bassorilievi in bronzo con i miracoli di s. Antonio per l'altare maggiore della Basilica del Santo, in cui il racconto figurato diventa ancora più concitato. Sempre a Padova crea la grande statua equestre di Erasmo Gattamelata, celebre condottiero del tempo, che rievoca il modello romano dell'imperatore a cavallo (come il Marco Aurelio a Roma), esaltando nell'aspetto fiero l'eroismo della figura.
Verso il 1453 Donatello torna a Firenze, dove, ormai vecchio e sempre più isolato nelle sue convinzioni artistiche, continua a realizzare opere segnate da un aspro realismo, come il gruppo di Giuditta e Oloferne oppure la Maddalena del battistero di Firenze. E a Firenze muore nel 1466.