ALTOMARE, Donato Antonio
Nato a Napoli nei primi decenni del sec. XVI, studiò dapprima diritto, come era nelle tradizioni della sua famiglia (il fratello Tommaso fu giureconsulto), e si dedicò poi alla medicina. Seguace della scuola classicistica, che si richiamava, cioè, alle dottrine di Ippocrate e Galeno, fu insegnante nello Studio di Napoli, dove formò una combattiva schiera di discepoli e sostenne vivaci polemiche soprattutto contro i paracelsiani. A contatto con i migliori ingegni napoletani del suo tempo, dal Tansillo ai Della Porta, l'A. fu stimato uomo virtuoso e di acuta intelligenza speculativa e raggiunse tale fama da essere ancora ricordato da T. Boccalini in un elenco di medici famosi di tutti i tempi accanto a Cornelio Celso, Ippocrate, Galeno, Fracastoro.
Dopo un De alteratione, concoctione, digestione, praeparatione ac purgatione, Venetiis 1545, l'A. pubblicò numerose altre opere, che ebbero varie ristampe e che furono raccolte insieme, dapprima in un'edizione veneziana molto incompleta del 1561, quindi nell'Opera omnia, Lugduni 1565. Questa fu di nuovo edita a Napoli nel 1573, a Venezia nel 1574 (con annesse tavole e indici a cura del figlio dell'A., Giovanni, anch'egli medico) ed infine a Venezia nel 1600.
Spesso nei suoi scritti l'A. non fa che commentare, sfrondandole delle interpretazioni magiche e delle incrostazioni medievali e riportandole, con spirito umanistico, alla loro forma originaria, le opere classiche della medicina, greche e arabe, opponendosi contemporaneamente sia al magismo di alcuni ambienti medici del tempo sia, anche, agli studi nuovi che si andavano svolgendo nel campo dell'anatomia e della fisiologia. Sono a questo proposito sintomatici gli scritti raccolti sotto il titolo di Trium guaesitorum nondum in Galeni doctrina dilucidatorum, nei quali l'A. fa anche sfoggio di una notevole conoscenza della filosofia greca, e specialmente il Quod functiones principes iuxta Galeni decreta anima non cerebri in finìbus sed in ipsius corpore exerceat, dove l'A. mostra un maggiore attaccamento ai testi piuttosto che un interesse alle indagini dirette. Per l'operetta De mannae differentiis ac vici bus deque eas dignoscendis via ac ratione, Venetiis 1562, l'A. fu accusato di plagio da Annibale Briganti, autore di una Historia dei semplici aromati... L'opera, però, dell'A, maggiormente diffusa ed apprezzata fu la De medendis humani corporis malis ars medica, Neapoli 1553, contro la quale appariva, ancora, un trentennio più tardi, la polemica Petri Vaetzi Lusitani Apologia contra praxin D.A.A., Mantuae Carpentariae 1582.
Nel 1552 l'A. fu citato a Roma dinanzi al tribunale dell'Inquisizione e condannato per eresia su accusa dei teatini, particolarmente energici allora a Napoli nell'attività di repressione della Riforma. Il processo dell'A. fu parte di un più largo procedimento inquisitorio, istruito contemporaneamente contro i sacerdoti Scannapieco e Annibale Merenda, anch'essi del Regno e sospetti di eresia. Tentò di scagionare l'A. dalle accuse il cardinale Girolamo Seripando che, proprio negli anni 1550-52, si era ritirato a Posillipo per curarsi dei suoi mali e aveva avuto come medico l'A., al quale si era legato da rapporti di stima e di amicizia. Il Seripando scrisse a Roma una lettera, il 10 dic. 1552, ricordando dell'A. le buone abitudini di vita e le capacità nella scienza medica, "ne la qual era eccellente, et è il primo che ha posto la medicina per miglior strada che non era pria..." (L. Amabile, Il Santo Officio, p. 143). L'A. venne liberato dopo breve tempo, come egli stesso ricorda nella lettera dedicatoria a Paolo IV di una nuova edizione del De medendis (1559), ad opera del cardinale A. Carafa, che lo aveva conosciuto a Napoli e che intervenne indotto dalle molteplici petizioni di grazia rivoltegli dai parenti dell'A. e da illustri personaggi napoletani.
L'A. morì dopo il 1562, forse nel 1566, e fu sepolto a Napoli nella chiesa di S. Maria delle Grazie, nella cappella degli Altomare.
Bibl.: T. Boccalini, Ragguagli di Parnaso e pietra del paragone politico, a cura di G. Rua, I, Bari 1910, p. 162; II, ibid. 1912, p.143; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'italia, I, 1, Brescia 1753,pp. 544 s.; G. Origlia, Istoria dello studio di Napoli, II, Napoli 1754,p. 125; F. Colangelo, Storia dei filosofi e dei matematici napoletani..., III, Napoli 1834, p. 161; G. Celano-G. B. Chiarini, Notizie del bello dell'antico e del curioso della città di Napoli, lI, Napoli 1870, pp. 770 s.; L. Amabile, Il Santo Oflicio della Inquisizione in Napoli, I, Città di Castello 1892, pp. 143 a.; N. Cortese, L'età spagnuola, in Storia della Università di Napoli, Napoli 1924, pp.333, 424; H. Jedin, Girolamo Seripando,Wurzburg 1937, I, p. 469; II, p. 311, 371; L. Thorndike, A History of magic and experim. Science, VI, New York 1941, pp. 212-214, 228.