BARBADORI, Donato
Nacque a Firenze da Gheruccio di Guido e da Lena Aglioni, nella prima metà del sec. XIV. Giurista e uomo politico, insegnò diritto nello Studio fiorentino, che lo accolse tra i suoi "leguni doctores" il 17 maggio 1367, derogando in suo favore alla provvisione del 1361 che escludeva da quell'incarico quanti fossero cittadini di Firenze; è citato nel libro dei pagamenti del Comune dell'anno 1368. Ebbe una parte di notevole importanza nel quadro degli avvenimenti che, opponendo la Repubblica fiorentina al papa, culminarono nella guerra degli Otto Santi.
Conclusasi la lega tra Firenze e Bernabò Visconti contro il pontefice (26 luglio 1375), il B., con Filippo Bastari, fu incaricato (6 settembre) di trattare una alleanza più vasta, recandosi a Genova, a Venezia, a Ferrara, nel Montefeltro, a Verona, a Padova ed a Mantova; trattative analoghe furono affidate a Iacopo del Bene e a Simone Peruzzi. Il B. si recò più volte (30 ott. e 31 dic. 1375) a Lucca e a Pisa, e concluse con quelle Repubbliche i patti del 12 marzo 1376, che le univano alla lega già stretta fra Milano e Firenze: poco prima (27 nov. 1375) aveva attirato nell'alleanza i Senesi. Dopo aver partecipato alla formazione della lega antipapale, il B. fu uno dei principali attori del conflitto che scoppiò quando Gregorio XI, in seguito alle ribellioni provocate ed aiutate dai Fiorentini nelle città dello Stato ecclesiastico, formò contro di essi il processo canonico, intimando a tutti i responsabili della politica seguita da Firenze di comparire in Avìgnone dinanzi a lui per discolparsi (11 febbr. 1376). Insieme con il giurista Alessandro Dell'Antella e col notaio Domenico di Salvestro, il B. fu eletto (3 e 4 marzo 1376) membro dell'ambasceria incaricata di difendere il governo della Repubblica; in tale qualità comparve con i colleghi dinanzi al pontefice, il 31 marzo 1376; secondo le istruzioni ricevute, il Dell'Antella e il B. parlarono lungamente, suscitando il consenso di molti tra i presenti. Gregorio XI emise una condanna durissima, scagliando contro Firenze l'interdetto, che avrebbe avuto conseguenze disastrose sul piano economico oltre che su quello politico poiché avrebbe isolato lo Stato fiorentino e troncato il commercio dei suoi cittadini in tutto il mondo cristiano. La tradizione cronistica e storiografica fiorentina riferisce concordemente l'episodio drammatico del B., che, dinanzi alla decisione ferma del papa di procedere alla condanna, si appellò al Cristo contro la sentenza del suo vicario, gridando a voce altissima che la sentenza era tanto iniqua da provocare la commozione negli stessi ufficiali della Curia avignonese. Pronunciata la condanna, l'ambasceria tornò da Avignone il 5 maggio e il B. fu ancora incaricato di seguire da vicino le trattative iniziate da s. Caterina da Siena (marzo-aprile 1376) per la conciliazione; per questo motivo si recò nuovamente alla corte papale, e poi (il 2 giugno) a Roma, con Noferi de' Rossi. In Firenze egli continuò a sostenere nelle adunanze dei consigli (come nella consulta del 5 ott. 1377) l'opportunità di una condotta decisa, noncurante delle sanzioni spirituali, secondo la linea impressa alla politica fiorentina dagli "Otto Santi"; né gli mancarono riconoscimenti ufficiali delle sue benemerenze, se il 22 ottobre successivo gli furono donati cinquanta fiorini d'oro come risarcimento delle spese sostenute, accompagnati dal privilegio di portare armi proibite. Successivamente, però, l'intransigenza del B. e della Repubblica andò attenuandosi, in seguito al crescente disagio politico ed economico derivante dall'interdetto, e in conseguenza dell'opera mediatrice svolta da s. Caterina. Quando, infatti, il gonfaloniere Salvestro de' Medici considerò che fosse venuto il momento di riprendere le trattative, la Repubblica affidò nuovamente al B. e al Dell'Antella (23-24 apr. 1378) l'incarico di recarsi con altri sei cittadini a rendere omaggio al nuovo pontefice Urbano VI, eletto dopo la morte di Gregorio XI (27 marzo). Fu così che il B. poté negoziare e firmare a Tivoli (28 luglio 1378) con gli altri colleghi (Pazzino Strozzi, Alessandro Dell'Antella e Stoldo Altoviti) la pace che anche il pontefice aveva interesse a concludere, preso dall'opposizione interna.
Nel 1378 il B. fu nuovamente impiegato in una missione diplomatica, con Tommaso Strozzi e con il mercante di sapone Marco di Benvenuto. Con essi, egli si recò a Treviso, al campo di Carlo di Durazzo, per controbattere le manovre politiche dei fuorusciti, e vi fu ben accolto dal sovrano. Tuttavia, al ritorno della missione diplomatica, l'atmosfera di sospetto diffusa in Firenze travolse anche il B., che fu accusato dai colleghi di aver lui solo accettato un invito fattogli dal re a prender posto in un banchetto che Carlo aveva offerto a esponenti del fuoruscitismo fiorentino. Egli si difese dicendo che aveva creduto di far cosa lecita e che i colleghi di ambasceria non erano stati invitati per motivi puramente personali, senza alcun sottinteso politico. I meriti acquisiti nei confronti della Repubblica avrebbero forse salvato il B. dall'accusa di tradimento se il perdurare dei complotti contro il regime politico in vigore non lo avesse nuovamente coinvolto in altri sospetti; fu arrestato il 19 dic. 1379, con Piero Albizzi, Filippo Strozzi e Iacopo Sacchetti, e fu decapitato a furore di Popolo il 22 successivo. Aveva sposato Caterina di Matteo Frescobaldi, dalla quale aveva avuto i figli Giovanni e Niccolò.
Fonti e Bibl.: Le fonti archivistiche relative alle ambascerie ricoperte dal B. durante la guerra degli Otto Santi sono pubblicati dal Gherardi, La guerra ...; il testo dell'orazione pronunciata in Avignone il 31 marzo 1376 è conservato in Bibl. Naz. Centr. di Firenze, ms. Magl., XVI 348, cc. 46v-50v, ed è ripreso da L. Bruni, Historia florentini populi libri XII, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XIX, 3, a cura di F. Santini e C. Di Pierro, pp. 210-221 (ivi, nel commento critico, citazione delle varie fonti narrative); nell'Archivio di Stato di Firenze si conservano inoltre due pergamene con il testo dell'orazione del 31 marzo 1376 (Diplomatico, Riformagioni, Atti Pubblici, 1376 marzo 31, originale e copia); per notizie su altri manoscritti di questa orazione cfr. G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 1, Brescia 1758, p. 239; Firenze, Bibl. Naz. Centr., Carte Passerini, nn. 35 e 185; A. Gherardi, La guerra dei Fiorentini con papa Gregorio XI, in Arch. stor. ital., s. 3, V (1867), parte II, pp. 35-131; VI (1867), parte I, pp. 208-232; parte II, pp. 229-251; VII (1868), parte I, pp. 211-232; VIII (1868), parte I, pp. 260-296; G. Prezziner, Storia del pubblico studio, I, Firenze 1810, pp. 28 s.; G. Capponi, Storia della Rep. di Firenze, I, Firenze 1875, pp. 289, 290, 325, 363; II, ibid. 1875, p. 68; F. T. Perrens, Histoire de Florence, V, Paris 1880, pp. 118, 121-123, 131, 162-165, 169, 175, 326, 331, 333, 337, 423; A. Panella, La guerra degli Otto Santi e le vicende della legge contro i Vescovi,in Arch. storico italiano, XCIX, 1 (1941), pp. 36-45; L. Simeoni, Le Signorie, I, Milano 1950, pp. 172-193, 311-315.