BARCAGLIA, Donato
Nacque a Pavia il 10 genn. 1849. Suo padre era un modesto impiegato govemativo, carico di numerosa prole, ma sostenne il figlio prima negli studi letterari, poi in quelli artistici: presso l'Accademia di Brera per il disegno e il nudo, infìne, per la scultura, presso Abbondio Sangiorgio. La prima opera del B., appena diciassettenne, il Vendemmiatore, fu acquistata nel 1866 dalla Società di Belle Arti e fatta collocare dal principe Umberto nel Palazzo reale di Milano. Fu questo l'inizio del successo: seguirono la Prima visita, il Cacciatore, la Farfalla, che l'artista replicò, per richieste, una ventina di volte. All'Intemazionale di Vienna del 1873 la Bolla di sapone venne premiata e venduta per lire 24.000, e alla Esposizione fiorentina del 1875 l'Amore che acceca ottenne la Gran Medaglia d'oro; la Vergognosa fu acquistata dal museo Rivoltella di Trieste; la Vita che trattiene il tempo fu premiata a Filadelfia nel 1876. Il B. raccolse altri premi a Santiago (1875), a Boston (1883), a Londra (1884), a Milano (1887), a Pietroburgo (1902 e 1904), a Buenos Aires (1910).
Altre opere: Aurora della vita, Delizia del nonno, lo Spazzacamino, lo Svegliarsi dei sensi, Pieri e Cacicco, l'Atleta, oltre a busti di personalità del momento, italiane e straniere, e numerosi monumenti funerari, specie al Cimitero monumentale di Milano; i monumenti Candiani a Turate, Vittorio Emanuele II a Intra, generale Medici a Milano, ai Caduti di Paderno Dugnano e l'Ossario della battaglia di Melegnano. Sculture sue sono conservate in vari musei italiani e stranieri.
A parte molti viaggi all'estero per mostre e commissioni, il B. visse sempre a Milano, sebbene sia morto improvvisamente a Roma il 4 giugno 1930. Fu grande ufficiale della Corona d'Italia, cavaliere della Legion d'onore, socio onorario dell'Accademia di Brera e di quella di Urbino.
Clamorosamente noto a diciassette anni, celebre a venticinque, a trenta già ricco, dirigeva un nutrito atelier di aiuti da cui infinite repliche delle sue opere partirono per tutte le parti del globo. Elegantissimo, frequentatore del gran mondo, sempre uomo pubblico e presente in tutte le commissioni, si servì della sua facilità tecnica, della sua inventiva e del suo colpo d'occhio per una serie di opere, specie busti, in cui si uniformava, con finezza se non con profondità, al gusto del momento. Fecondo, operosissimo, coscienzioso, lavorò di preferenza il marmo. La sua scultura, impeccabilmente composta, vive di una vibrazione tutta superficiale eppur piacevole, e la diremmo illustrativa, ma arricchita della misura, dell'eleganza e talvolta della leggera ironia dell'autore.
Bibl.: V. Colombo, Profili biografici (Espos. artistica del 1881), Milano 1882, pp. 98-102; L. Callari, Storia dell'arte contemp. italiana, Roma 1909, p. 92; R. Viviani (?), Necrologio, in Gior. dell'arte, 22 giugno 1930; S. Vigezzi, Scultura italiana dell'Ottocento, Milano 1932, pp. 105, 125; Museo Rivoltella. La Galleria d'Arte Moderna, Trieste 1933, p. 30; G. Nicodemi-M. Bezzola, La Galleria d'Arte Moderna del Comune di Milano: le sculture, Milano 1938, p. 16; L. Larghi, Guida al Cimitero Monumentale di Milano, Milano 1923, pp. 33, 51, 70, 90, 177, 194, 196; A. De Gubernatis, Dizionario degli artisti italiani viventi, Firenze 1889, p. 35; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, II, p. 481.