DONATO
Non si conoscono il patronimico, la data di nascita e quella di morte di D., pittore documentato a Venezia nella seconda metà del XIV secolo. Ancora attivo nel 1386, è citato l'ultima volta nel testamento (11 ag. 1388) della sua vedova Margherita (Cecchetti, 1887).
La carenza dei dati biografici fondamentali e la perdita delle poche opere documentate fanno di D. una delle figure più sfuggenti nel panorama della pittura veneziana del sec. XIV. Il riesame delle fonti ha dimostrato inesatta l'opinione (P. Paoletti, Raccolta di documenti inediti, Padova 1894, p. 7) secondo la quale D. è citato per la prima volta in un documento del 1344 ed anche la tesi per cui esistevano a Venezia due pittori contemporanei di nome Donato, uno abitante a S. Luca, l'altro a S. Vidal (Ludwig, 1903). È invece provato che "magister Donatu" abitò a Venezia inizialmente nella parrocchia di S. Luca, dove è attestato nel 1353 - il primo documento che lo nomini -, per trasferirsi e risiedere stabilmente in quella di S. Vidal dal 1367 al 1386 (ibid.).
L'analisi dei sette documenti noti su D., oltre che dei caratteri dell'unica sua opera certa, offre un profilo dell'artista senza dubbio incompleto, ma pure significativo, per le numerose relazioni di lavoro e per la conoscenza con altri artisti contemporanei. Nel 1353 (ibid.) compare come teste nel testamento di Lucia di Nicoletto Scutari insieme col pittore Nicoletto Semitecolo, attestato su analoghe posizioni culturali nella problematica Incoronazione della Vergine della coll. Thyssen di Lugano del 1355.
Partito, come è legittimo ipotizzare, dalle esperienze maturate nell'ambiente artistico dominato da Paolo Veneziano, D. si accostò - tramite il Guariento a Venezia nel 1365 - alla pittura del Semitecolo, associandosi con quest'ultimo in un contratto di lavoro per opere a due mani (Ludwig, 1903). Nel 1367, associato per la prima volta a Caterino, ottenne ricevuta per una Croce lignea dipinta destinata alla chiesa di S. Agnese di Venezia, su commissione di Nicoletta, vedova di Marco Berengo, opera perduta (Cecchetti, 1887). Nel dicembre del 1371 D. è iscritto tra i confratelli della Scuola grande di S. Maria della Carità. Alla stessa data figurano iscritti al sodalizio anche i pittori Iacobello (forse l'Alberegno) e certo Marco. Nell'agosto 1372 sottoscriveva, insieme con Caterino, l'Incoronazione della Vergine (della Fondazione scientifica Querini Stampalia di Venezia), frammento centrale di un polittico (le altre parti sono andate perdute), segno della continuità dell'accordo iniziato cinque anni prima tra i due pittori, nel quale D. sembra aver avuto un ruolo maggiore rispetto al più giovane collega (Venturi, 1907). Seguono due sottoscrizioni del 1374 e del 1382 ai testamenti rispettivamente di Maria, vedova di Marino da - Canal, e Orsa Balbi (Testi, 1909). Ancora nel 1386 il convento domenicano di S. Platone di Zara commissionò a D. e a Caterino un polittico che non ci è pervenuto. Facevano parte della stessa commissione un altro polittico, affidato a Pietro di Nicolò - padre del più noto Nicolò di Pietro -, e un crocifisso ligneo all'intagliatore Andrea Moranzone (Prijateli, 1962). È questa la terza ed ultima commissione a D. e Caterino di un'opera da realizzarsi in collaborazione e l'ultima notizia che riguardi direttamente Donato.
La critica, procedendo dall'unica sua opera certa, l'Incoronazione della Vergine del 1372, ha cercato di ampliare il catalogo dell'artista, attingendo a pitture dell'ambito di Paolo Veneziano di più marcato carattere conformista, come l'Incoronazione della Vergine e le Storie della beata Giuliana di Collalto dell'Ermitage di Leningrado e la Madonna in trono e quattro santi in collezione privata a Milano, con una datazione di massima tra il sesto e l'ottavo decennio dei secolo (Pallucchini, 1964).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Scuola gr. S. Maria della Carità, reg. 234, c. 39r; Ibid., Notarile, Testamenti, bb. 55, n. 125; 435, n. 176; 436, n. 761; 915 (7 marzo 1353); Venezia, Bibl. naz. Marciana, Mss. It., IV, 528 (= 12322): G. Praga, Documenti per la storia dell'arte zaratina e veneziana (1350-1530), cc. 199 s.; B. Cecchetti, Saggio di cognomi ed autografi di artisti in Venezia, in Archivio veneto, XXXIII (1887), p. 412; XXXIV (1887), p. 208; G. Ludwig, Archival. Beiträge zur Geschichte der venezian. Malerei, in Jahrbuch der Preussischen Kunstsammlungen, XXIV (1903), Suppl., pp. 28 s.; L. Venturi, Le origini della pittura veneziana, Venezia 1907, pp. 23, 32; L. Testi, Storia della pittura veneziana. Le origini, I, Bergamo 1909, pp. 237 s s., 241; B. Berenson, Pitture ital. del Rinascimento, Milano 1936, p. 120; P. Toesca, Il Trecento, Torino 1952, p. 712; V. Lazareff, Maestro Paolo e la pittura veneziana del suo tempo, in Arte veneta, VIII (1954), pp. 84-89; K. Prijateli, Un documento zaratino su Catarino e D. ibid., XVI (1962), p. 145; R. Pallucchini, La pittura veneziana del Trecento, Venezia-Roma 1964, pp. 195-200; M. Dazzi, L'"Incoronazione della Vergine" di D. e Catarino, in Atti dell'Ist. veneto di scienze, lettere ed arti, CXXIII (1964-65), pp. 515-525; F. D'Arcais, Per il catalogo di Caterino, in Arte veneta, XIX (1965), pp. 142 ss.; M. Muraro, in Venezia e Bisanzio (catal.), Milano 1974, n. 108; F. D'Arcais, Caterino, in Diz. biogr. d. italiani, XXII, Roma 1979, pp. 385 ss.; M. Dazzi-E. Merkel, Catalogo della Pinacoteca della Fondaz. scientifica Querini Stampalia, Venezia 1979, p. 33 (con bibl. precedente); M. Lucco, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, II, Milano 1986, p. 568; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 429.