DONEDA (Danedi), Giovanni Stefano, detto il Montalto
Figlio di Giovanni Antonio e di una Clara, fratello di Giuseppe, venne battezzato il 5 genn. 1612 nella chiesa di S. Martino di Treviglio presso Bergamo (Archivio parr. di S. Martino, Registro delle nascite 1609-24; cfr. Bandera Gregori, 1985, p. 57). È ricordato in pochi documenti, a partire dal sett. 1640, quando insieme con Giuseppe è nominato nella "convenzione" con cui i frabbriceri di S. Martino a Treviglio commissionarono ai due pittori quattro Evangelisti a fresco, già nella cappella di S. Antonio, oggi scomparsi. Nel 1641, secondo il Paolini (1887, p. 18), i due collaborarono nella chiesa di S. Teresa di Pavia all'affresco con l'Assunzione. Le opere autografe, documentate da riscontri d'archivio, costituiscono urla parte tuttavia minima di un complesso molto vasto.
Il Marinelli (1982) avrebbe individuato un periodo di attività del D., che abbraccia il decennio fra il 1630 e il '40, nel quale egli si manifesta strettamente legato ai caratteri stilistici del Cairo e naturalmente del Morazzone, che rimarrà sempre l'ascendente più determinante del suo stile. Sulla base dell'attribuzione al D. di un Cristo morto pianto dagli angeli, oggi al Museo di Castelvecchio a Verona, attribuzione precisata dal rinvenimento della firma "Stefano Daneda", apparsa nel corso del restauro, il Marinelli ha ricostruito parzialmente il "primo tempo" del Doneda. Ad esso appartengono il Gesù con angeli reggenti i simboli della Passione (Milano, Castello Sforzesco), la Pietà del Museo Magnin di Digione, già inserita nella cerchia del Morazzone o del Cairo (A. Breyon de Lavergnée, Dijon, Musée Magnin, Catalogue des tableaux et dessins italiens, Paris 1980, p. 51), l'Erodiade di collezione privata di Busto Arsizio, già data da M. Brunori (Spigolatura in margine al Del Cairo, in Pantheon, 1967, p. 105) a un allievo del Morazzone.
A questo gruppo si possono aggiungere alcuni dipinti dibattuti fra vaghe attribuzioni al Cairo o al Morazzone: una Susanna con i vecchioni di collezione privata (Bona Castellotti, 1985, tav. 234); il Ritrovamento di Mosè di coll. priv. milanese (ibid., tav. 241), che tuttavia presenta un impianto più solido che lo farebbe ritardare oltre la metà del secolo; un Martirio di s. Agata di coll. priv., già dato dubitativamente a Giulio Cesare Procaccini; l'Erodiade comparsa sul mercato londinese come opera autografa di Francesco del Cairo (Christie's, Londra, 8 luglio 1983), ma già riferita al D. da chi scrive (in F. Cairo, 1983) e riportata nel catalogo del D. dalla Bandera Gregori (1985); Venere che fa disarmare Marte, già attribuita al Morazzone (Christie's, Londra, 19 maggio 1978); il Cristo nell'orto di proprietà di Brera, oggi in deposito nella facoltà teologica di S. Simpliciano a Milano, proveniente in origine dall'antica corte ducale, posteriore probabilmente al 1640 (F. Cairo, 1983, p. 84); la Toeletta di Venere di collezione privata, di carattere decisamente morazzoniano; Diana ed Endimione dei Musei del Castello Sforzesco, che tuttavia è posteriore al 1650; il S. Francesco in estasi, già nell'ospedale di Savigliano e ora in coll. privata, replica del dipinto di S. Tommaso a Torino (F. Cairo, 1983, p. 160); la Cleopatra di coll. priv. a Milano, pubblicata dalla Gregori (Il Morazzone [catal.], Varese 1962, p. 115) come opera di scuola del Morazzone; lo Sposalizio mistico di s. Caterina (Finarte, Milano, 29 marzo 1983, p. 36, n. 133). Secondo la Bandera Gregori (1985) apparterrebbero "agli anni Trenta o al più tardi agli inizi del decennio successivo" anche la Visita a s. Elisabetta e l'Annunciazione del santuario della Madonna delle Lagrime di Treviglio, già concordemente riferite al fantomatico Andrea, ritenuto dalla letteratura locale padre del D. e di Giuseppe (S. Barizaldi, Memorie del santuario ... [1721], Treviglio 1822), tanto vale per il Miracolo della mula in S. Martino a Treviglio, di forte carattere morazzoniano, nel quale la Bandera Gregori (p. 72) vede anche la possibile presenza di un autoritratto del Doneda.
La Bandera Gregori tende a datare al 1638, anno di consacrazione della cappella. il Martirio di s. Giustina, in S. Maria Podone a Milano, ma scalare nel tempo senza l'aiuto di documenti l'opera del D. è difficile per il ricorrere continuo di moduli stilistici simili. È stata opportunamente riscontrata nel pittore una componente genovese, dovuta soprattutto al contatto con Giovanni Battista Carlone, che si somma ad un influsso emiliano trapiantato su una matrice originale lombarda. Tra le opere giovanili viene inserito, sempre dalla Bandera Gregori (p. 23), anche il Martirio di s. Agata, già nella collezione Canova di Milano. Nel 1645 il D. dipinse l'Incontro di s. Carlo e s. Filippo Neri per S. Martino di Treviglio (Camerone, ms. 1740, p. 30) e nel 1648 firmò e datò le Storie di Cristo nel duomo di Monza, considerate di solito più tarde per la mancata lettura della data. Tra il quarto e il quinto decennio del secolo sarebbero da collocare gli affreschi della cappella della Pietà in S. Marco, a Milano, che raffigurano i Soldati al sepolcro di Cristo e Putti con strumenti della Passione (Latuada, 1738). Nel 1649 collaborò agli apparati per il solenne ingresso in Milano di Maria Anna d'Austria, decorando gli archi trionfali con Storie di Carlo Magno e la Cacciata dei Mori (Bartoli, 1777, p.28), note attraverso le incisioni di G. Cotta (Pompa della solenne entrata nella città di Milano della serenissima Maria Anna austriaca, Milano 1649).
Negli anni compresi fra il 1641 e il '48 pare che il D. abbia lasciato la Lombardia alla volta di Roma, ma di questo viaggio non si posseggono conferme documentarie e il Lanzi (1808) sostiene che "non frequentò scuole estere". A Roma sarebbe entrato in contatto con l'opera di Pietro da Cortona; senza tuttavia immaginare un periodo di alunnato presso di lui, gli effetti di tale incontro si farebbero notare in alcuni cicli di affreschi più tardi di carattere profano, a Corbetta nella villa Frisiani, a Cesano Maderno, nella villa Arese.
Nel 1649 il D. dipinse le Storie di s. Antonio abate nella seconda cappella di destra del santuario di Corbetta presso Milano, e nella stessa chiesa tornerà nel 1657 con le Quattro storie della vita di un santo della terza cappella di destra (Rimonta, 1979-80). Questo nuovo ciclo di tele è caratterizzato da uno stile estremamente corsivo, da una narrazione piana e popolare, in netto contrasto con il tono aulico del ciclo della villa Frisiani, anteriore, sulla base di un documento conservato nell'Archivio del santuario di Corbetta, al 1657.
Gli affreschi del D. nella villa Frisiani, costruita dal Richini nel 1654 (Rimonta, 1979-1980), raffigurano l'Aurora, la Fortuna, la Provvidenza, La Diligenza e l'Agricoltura, L'Abbondanza e la Liberalità, oltre ad alcuni episodi tratti dal repertorio classico, come Dedalo e Icaro, Vulcano e Diana. Questi affreschi, di carattere soprattutto profano, risentono effettivamente dell'influsso cortonesco, ma anche di un contatto, non precisabile, con la grande decorazione genovese seicentesca.
Risale probabilmente al 1651 la decorazione della volta della cupola del duomo di Novara, suddivisa in otto spicchi, dove sono raffigurate alcune Storie del Vecchio Testamento e la Vergine assunta in un trionfo angelico (Bianchini, 1828). Il 2 apr. 1651 sono documentati pagamenti al D. per opere nel santuario di S.Maria presso S. Celso a Milano (Maggi, 1951), che forse si riferiscono al Padre Eterno, assegnato al pittore da una scritta a tergo, e alla Vergine soccorsa dagli angeli; al quinto decennio risale il Miracolo di s. Mauro nella parrocchiale di Gallignano (Bandera Gregori, 1985, p. 90).
Secondo l'Allegranza (ms. 1784, p. 54), nel 1654 nella cappella di S. Onorato, nella chiesa di S.Eustorgio a Milano, la tavola della Presentazione del Bambino al tempio fu sostituita con l'immagine di S. Liberio del D. (oggi non identificabile, erroneamente attribuito al fratello Giuseppe da G. Nicodemi, in Storia di Milano, XI, Milano 1958, p. 496). Fra il 1652 e il '54 è probabilmente databile il ciclo di affreschi con Storie del beato Giorgio Laccioli nella chiesa dell'Incoronata a Milano, eseguito in collaborazione con Ercole Procaccini iunior. In questi anni cadono, forse, anche opere come la Natività e la Circoncisione in S. Giorgio a Milano. Ma assai più significativo appare il ciclo dipinto nel presbiterio del duomo di Monza, dove il D. è ancora con Ercole Procaccini; già il Pesenti (1968) vi vedeva un narrare più sciolto e la Bossaglia (1971) "una vena festosa" che torna più viva nella decorazione della villa Borromeo Arese di Cesano Maderno, databile con buona approssimazione al 1663.
L'ampliamento della villa decorre dal 1652 e nella galleria, che è del 1663 appunto, operano anche A. Busca e G. Ghisolfi; il D. lavorò anche nell'oratorio e nel salone centrale. Il ciclo di affreschi raffigura soggetti del repertorio cristiano e pagano posti a confronto, e qui, come a Corbetta, il D. si rivela sensibile alle grandi scene affrescate da Giovanni Battista Carlone.
Non lontano da Cesano, forse negli stessi anni, il D. lavorò, coadiuvato dalla bottega, nel santuario della Madonna dei Miracoli di Cantú, dove dipinse il Padre Eterno, la Fuga in Egitto, la Presentazione, la Adorazione, la Strage degli innocenti, la Visitazione, molto ridipinti; un suo intervento è ricordato dalla Bossaglia (1971) nella villa Facheris di Inzago e nella villa Silva a Cinisello, dove eseguì un Mosè salvato (Descrizione, 1855, p. 10). Agli anni fra il 1660 e il '70 appartiene un gruppo di opere su tela che rivela quanto fosse ancora viva la presenza del Morazzone: l'Assunzione della Vergine e l'Annunciazione nella chiesa dei Ss. Giacomo e Filippo a Pavia, entrambe già citate dal Bartoli (177); la Vergine e s. Rosa in S. Maria delle Grazie a Milano in cattivo stato di conservazione; la Predica di s. Giovanni Battista, databile al 1666 sulla scorta di una lapide in cui si notifica l'edificazione della cappella; la S. Maria Maddalena dei Pazzi in S. Maria del Carmine, databile probabilmente al 1669 (Rutta, 1908); la pala della chiesa di S. Cecilia a Como (Giovio, 1795). Fra il 1665 e il '71 il D., insieme con il fratello Giuseppe, dipinse la cupola del santuario della Madonna delle Grazie di Varallo (Rosci, 1960) e la cappella della Trasfigurazione al Sacro Monte (Cusa, 1857) Frammenti della decorazione pittorica di Varallo, raffiguranti la Visione di Onorio III e Angeli, sono conservati nella locale Pinacoteca (Rosci, 1960). A Castagnola dì Valduggia il D. dipinse la Predica del Battista e la Pietà con s. Antonio, firmata, che ricorda da vicino C. Francesco Nuvolone (Mallè [1974], p. 391).
Sicuramente databili al 1671, come rivela un cartiglio dipinto sopra l'arco, sono gli affreschi della settima cappella di destra della certosa di Pavia, intitolata alla Vergine: vi sono raffigurate Storie di Maria e, nella volta, Putti musicanti; l'ascendente del Morazzone è sempre presente e si manifesta nelle figure allungate. Più stanchi appaiono invece gli affreschi della sesta cappella di destra, databili al 1688 (Pesenti, 1968), anteriori quindi di un solo anno alla morte del pittore: raffigurano il Martirio di s. Pietro e la Resurrezione di Tabita, di qualità ancora piuttosto alta nonostante i probabili interventi di aiuti. Sono forse databili al 1679 (Santagiuliana, 1965) i due vasti complessi di tele compiuti dai fratelli Doneda per la prepositurale di S. Martirio di Treviglio e per il santuario della Madonna delle Lagrime; è certo che i lavori si protrassero nel tempo e addirittura sei dei dodici quadri del santuario furono ultimati dagli aiuti o dai figli, per altro a noi sconosciuti, del Doneda.
I due cicli rivelano uno stile ancora formato sulla tradizione milanese morazzoniana che si fonde con le soluzioni luministiche del Cairo. In S. Martino appartengono al D. l'Incontro di s. Carlo con s. Filippo Neri e Le tentazioni di s. Antonio nel deambulatorio; mentre le dieci Storie di s. Martino sono più probabilmente opera di collaborazione dei due fratelli; al D. appartengono anche una Madonna col Bambino, conservata in un ripostiglio e in pessimo stato di conservazione, e la Immacolata e santi, oggi nella Biblioteca. Nel santuario della Madonna delle Lagrime dei dodici dipinti con Storie della Vergine, sei sarebbero, secondo il Barizaldi (1822) e i Santagiuliana (1965), di scuola; in effetti la qualità di alcuni è piuttosto debole, ad es. il Riposo in Egitto, l'Incoronazione della Vergine, l'Assunzione, la Pentecoste, la Natività e il Commiato di Cristo dalla Madre. La Nascita di s. Giovanni, secondo il Rainoni (1856), sarebbe stata commissionata al D. dal cavaliere Penarojas nel 1668, data di edificazione della cappella che compare su una lapide.
A questo gruppo di opere citate dalle fonti o riferibili con certezza al D. riteniamo di poterne affiancare alcune tradizionalmente riferite a pittori lombardi attivi verso la metà del Seicento: la Sacra Famiglia con s. Giovannino nella sacrestia dei mansionari del duomo di Como (cfr. F. Cairo [catal.], 1983, p. 94), già attribuita a Isidoro Bianchi; il Gesù Bambino dormiente fra due putti dell'Accademia Carrara di Bergamo (n. 238), dato genericamente a scuola lombarda (Rossi, 1979); il S. Giovannino del Museo civico di Monza (inv. 35), riferito erroneamente a "scuola emiliana" (Museo di Monza, Museo civico dell'Arengario, Pinacoteca civica della villa Reale, Milano 1981, p. 32); la Sacra Famiglia dell'arcivescovado milanese (inv. 225), assai simile alla Madonna col Bambino della Finarte (1983, p. 36, n. 133); l'Apparizione della Madonna di Caravaggio, nel santuario di Caravaggio; mentre l'Estasi di s. Teresa nella chiesa milanese della Passione presenta caratteri troppo vaghi per stabilire un riscontro puntuale con il pittore. Al D. è stato attribuito il Transito di s. Giuseppe nell'oratorio di S. Dionigi a Cassano d'Adda (Barigozzi Brini, 1975), che è più probabilmente opera di bottega; sono identificabili a fatica, infine, i tre quadri citati dal Malvezzi (1882) in S. Maria del Casoretto a Milano, ma potrebbero essere le tele della navata di destra, molto offuscate.
Molte fra le opere citate dalle fonti risultano perdute o non identificate (Annali della fabbrica del Duomo, V, Milano 1883, p. 315; Gualdo Priorato, 1666; Torre, 1674; Bartoli, 1777, pp. 3, 34, 47; cfr. anche Pertusi, 1983; Brera dispersa, 1984, pp. 132 ss.). Alcune stampe, tratte da dipinti del D., accertano l'esistenza di opere finora non identificate: a Robbiate, in S. Maria del Pianto, l'Addolorata, affresco forse trasportato nella casa canonica, completamente ridipinto e illeggibile; una Madonna col Bambino in S. Maria del Carrobbiolo a Monza (Arrigoni-Bertarelli, 1936, p. 102); un'Allegoria che raffigura alcuni soldati e lo stemma della famiglia Erba (Arrigoni-Bertarelli, 1936). Di una vasta produzione di destinazione privata sono testimoni, oltre ai già menzionati dipinti di soggetto profano, alcuni quadri perduti citati negli inventari di antiche raccolte milanesi: nella collezione Arese una "Cleopatra figura vestita al naturale", "un Crocefisso" e una "Sant'Agata dopo sofferto il martirio"; nella collezione Mazenta "una carità seduta sopra le porte di Palazzo che somministra danari ai poveri" (Verga, 1918) e un "paese con monti e San Francesco"; nel testamento di C. Gerolamo Cavazzi della Somaglia, storico ed economista milanese (1604-1672), "duas picturas cum icona lesu Christi Crucifixi" (Casanova, 1887) lasciate al Luogo pio di S. Martino; nella collezione comasca di Flaminio Rezzonico "un Signore all'orto di Giambattista [sicl Montalto" (Giovio, 1795); nella raccolta D'Adda un Rattodelle Sabine, un Puttino e un Cupido (Bertoldi, 1974); in una lettera del 1665 al conte di Novellara Orazio Archinto parla di un "quadro" cominissionato al D., troppo impegnato per eseguirlo entro i limiti di tempo stabiliti (Campori, 1866).
Di un'attività di restauratore è memoria nelle carte relative all'architetto Giovanni Mariani del 28 maggio 1683, in cui si dice che "il Commissario Generale delle Provisioni ordina il restauro della Pittura dei Saloni del Regio Palazzo e de' Ritratti dell'Imperatori e dell'affresco centrale con il Carro del Sole. Per le architetture il Mariani e per la pittura Giovanni Stefano Montalti a lire 1000" (Arch. di Stato di Milano, Fondo Autografi, cart. 85). Un gruppo di disegni viene genericamente riferito ai Montalto da vecchie scritte, ma nessuno finora è stato messo in rapporto con l'opera pittorica: nel fondo del Castello Sforzesco una Lucrezia (A. 775), un Battesimo di Cristo (B. 806, matita su carta azzurrina) e un S. Giovanni inginocchiato (B. 806), due Puttini a carboncino (B. 257, 258); all'Ambrosiana una Sacra Famiglia (F. 235 inf. 1067), una figura di donna (F. 235 inf. 1070), un'Immacolata (F. 235 inf. 1079), di cui si trova un riferimento nel dipinto oggi nella Biblioteca di Treviglio, una figura femminile stante (F. 236 inf.), l'Assunzione el'Incoronazione di Maria (F. 237 inf.) e una Madonna col Bambino e s. Antonio di Padova.
Il D. morì a Milano nel 1689 e, come Giuseppe, fu sepolto in S. Pietro (Carminati, 1893).
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