DORIFORO (Δορυϕόρος)
Cioè "portatore di lancia": è così denominata sin dall'antichità una famosa statua di Policleto, scolpita intorno al 440 a. C.
Se ne conservano numerose copie romane. La migliore replica della testa è quella di Ercolano, firmata dal copista ateniese Apollonios. Le migliori repliche del torso sono a Firenze, Uffizî (basalto) e a Berlino, ex Collezione Pourtalès. Policleto ha, evidentemente, preso il motivo stante delle sue figure dalla precedente generazione di scultori argivi, da Dionysios e Glaukos (A. Furtwängler, Meisterwerke, p. 405 s.). Ma egli per la prima volta lo ha sviluppato e, nel D., lo ha, per così dire, presentato come programma. Il braccio destro pende inerte, quello sinistro è fortemente piegato; la mano sinistra regge una lancia che si appoggia alla spalla sinistra. La gamba destra sostiene il peso principale del corpo, quella sinistra è leggermente ripiegata e spostata un poco di lato, cosicché solo la punta del piede tocca il suolo. Ne deriva un leggero slancio del corpo, che viene ancora motivato dalla posizione chiastica delle braccia e trova il suo armonico compimento nel capo rivolto a destra. Il principio secondo il quale la figura è costruita viene appunto definito come chiasmo o "quadratura" (v.) e consiste nel fatto che la gamba di scarico corrisponde al braccio in movimento, e il braccio in riposo alla gamba di sostegno. È possibile che Policleto abbia creato questa figura come rappresentazione dell'eroe Achille. La denominazione D. è usata da Plinio (Nat. hist., xxxiv, 55); egli e Galeno la indicano anche come "canone", cioè come "figura modello". E in realtà il medesimo schema fu applicato più tardi a molte statue; l'esempio più famoso ne è la statua di Augusto da Primaporta (in Vaticano).
Bibl.: R. Bianchi Bandinelli, Policleto, Firenze 1938.
(E. HOmann-Wedeking)