GONZAGA, Dorotea
Figlia di Ludovico III, secondo marchese di Mantova, e di Barbara di Hohenzollern, nacque il 6 dic. 1449, due anni dopo la sorella Susanna.
La vicenda umana di Dorotea ruotò interamente intorno alla questione del legame matrimoniale concordato tra Francesco Sforza, duca di Milano, e Ludovico Gonzaga, sin dalla prima condotta di quest'ultimo come capitano e poi luogotenente generale del Ducato milanese, stipulata nel 1450. Fra le clausole di questa condotta, che ebbe in realtà il significato di un patto di soggezione politica e di alleanza diplomatica fra due Stati di impari forza, vi era infatti anche un accordo matrimoniale che avrebbe dovuto legare il primogenito dello Sforza, Galeazzo Maria, con la prima figlia femmina del Gonzaga, e dunque Susanna. Si trattava di un patto il cui valore politico e di prestigio era evidente per i Gonzaga: anche lo Sforza peraltro ritenne in quegli anni vantaggioso legarsi con una dinastia che nei fatti era, e sarebbe stata in futuro, più debole della propria, ma che era saldamente radicata nel suo Stato, di antico prestigio e di indubbia utilità diplomatica e militare. Nel rinnovo della condotta del 1454, dunque, la clausola venne ribadita secondo i patti contenuti nello strumento del 1450.
Nel 1457 subentrò però un fatto nuovo: la giovane Susanna manifestò i primi sintomi della deformazione ereditaria della colonna vertebrale, trasmessa nella famiglia da Paola Malatesta, madre di Ludovico; questi ne informò prontamente lo Sforza, e venne stabilito che le subentrasse la sorella minore Dorotea. Nell'auspicata eventualità che al compimento del suo quindicesimo anno (nel settembre 1457 si anticiparono i termini al quattordicesimo anno) la G. non manifestasse alcun difetto fisico, si sarebbe celebrato il matrimonio.
Tra il 1457 e il 1461 i rapporti fra i due promessi sposi furono regolari e talora affettuosi: la G., chiamata "contessa" in virtù del suo fidanzamento con Galeazzo Maria, conte di Pavia, era in rapporti epistolari non frequenti, ma ripetuti, con il giovane Sforza, che le inviava doni e messaggi. Nel novembre 1458 la marchesa Barbara e la G. si recarono a Cremona, ospiti della duchessa Bianca Maria Visconti e del figlio per due settimane: i due promessi sposi si incontrarono allora per la prima volta. Marsilio Andreasi, segretario del marchese Ludovico, narrando al suo signore l'accoglienza ricevuta si compiacque della calorosa approvazione della duchessa Bianca Maria e della sua corte, come delle prove di affetto dimostrate da Galeazzo Maria.
Le prime avvisaglie che a Milano si potesse cambiare opinione sull'opportunità del matrimonio iniziarono a presentarsi a partire dall'estate del 1461: la successione sul trono di Francia di Luigi XI al padre Carlo VII, infatti, mise in moto una serie sempre più vivace di offerte matrimoniali di area franco-sabauda per i principi sforzeschi che il duca Francesco non poteva permettersi di ignorare, consapevole di avere buoni rapporti personali con il nuovo re, ma di portare avanti in Italia una politica sostanzialmente antifrancese e antiangioina. Nell'estate del 1462 a Milano prese a correre sempre più insistente la voce che il marchese di Mantova si sarebbe posto ai servizi della Serenissima perché sdegnato dalle esitazioni dello Sforza in merito al matrimonio, e insieme corsero i primi dubbi in corte sforzesca sulla idoneità fisica della fanciulla promessa sposa. I Mantovani si protestarono ignari di ogni cosa: nel settembre le voci si smorzarono. Nella primavera del 1463 Ludovico rinnovò senza difficoltà la sua condotta milanese. Nel corso dell'anno peraltro le cose precipitarono: da Milano si mandò a Mantova il 21 settembre Iacopo da Gallarate per iniziare a prendere accordi per le nozze e per fissarne la data, ma anche per chiedere che la G. venisse sottoposta a visita medica per accertarne l'idoneità fisica. Ludovico si oppose recisamente a quella che considerò un'offesa al suo onore: a Milano si insistette su questo punto, inviando a Mantova in novembre anche Gerardo Colli. Alla fine di novembre si giunse alla rottura per il rifiuto di Ludovico delle modalità della visita medica: il Colli il 5 dicembre dichiarava il duca di Milano e il figlio Galeazzo Maria sciolti da ogni impegno. Pochi giorni dopo Iacopo da Palazzo, sindaco del Comune di Mantova e procuratore di Ludovico Gonzaga, si recava a Milano a chiedere per conto di questo la rescissione della condotta stipulata in marzo. Un ulteriore tentativo di composizione condotto nel febbraio del 1464 dalla duchessa Bianca Maria (questa propose a Barbara di condurre la G. a Cremona, dove lei stessa avrebbe esaminato la fanciulla) venne meno per la volontà di Galeazzo Maria di esigere la visita dei medici: nel frattempo lo Sforza esitava a sciogliere il Gonzaga dai vincoli contratti l'anno precedente, mentre la Serenissima intavolava con Ludovico trattative segrete e pressanti per condurlo ai propri servigi. Nel marzo del 1465, dopo il fallimento di un ulteriore colloquio cremonese fra Bianca Maria e Barbara, Ludovico sollecitò nuovamente lo Sforza a saldare gli arretrati del suo servizio e a concedergli la rescissione della condotta. La morte di Francesco Sforza (8 marzo 1466) accelerò la ricomposizione politica della frattura fra Mantova e Milano: Ludovico stipulò una condotta formalmente al servizio di Ferdinando d'Aragona re di Napoli, che era peraltro alleato del nuovo duca Galeazzo Maria. Il riavvicinamento politico, provocato dalla promessa dei collegati di sostanziosi accrescimenti territoriali per il marchese in caso di guerra con la Serenissima, portò con sé anche un riaffiorare dell'opportunità del matrimonio: nell'aprile del 1466 la marchesa Barbara si recava a Milano, per riprendere ufficiosamente le trattative. Nella primavera del 1467 però la G. si ammalava, probabilmente di febbri malariche, e si spegneva nella notte fra il 19 e il 20 aprile.
La vicenda della G. generò un fiorire di interpretazioni romantiche legate alla figura docile e silenziosa della giovane, che trascorse gli ultimi anni di vita a Mantova, in una tranquilla quotidianità con le sorelle e i fratelli minori: la morte prematura, per cui si favoleggiò anche di un avvelenamento da parte del perfido promesso sposo, diede alla sorte della G. un particolare alone tragico.
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