DOROTEA SOFIA di Neuburg, duchessa di Parma e Piacenza
Nacque a Neuburg il 5 luglio 1670 da Filippo Guglielmo, conte elettore palatino del Reno, e da Isabella Amalia d'Assia.
Il 15 genn. 1690, in una lettera a Ranuccio IV duca di Parma, l'elettore lo informava che, grazie agli ottimi uffici del suo inviato conte F. Perleti, stava per giungere a buon fine il contratto nuziale tra il principe Odoardo Farnese e Dorotea Sofia. Era un'unione questa che, patrocinata dallo stesso imperatore, avrebbe scontentato la corte francese, ma resi più solidi i legami dei duchi di Parma con la casa d'Austria. Le nozze per procura avvennero il 3 aprile e il 26 dello stesso mese, accompagnata da Odoardo Scotti, marchese di Vigoleno, e da un seguito numerosissimo, D. entrò in forma privata in Parma. Il matrimonio venne celebrato, dopo un solenne ingresso nella città parata a festa, il 17 maggio, con uno sfarzo straordinario: banchetti sontuosi, corse di berberi, accademie di lettere e d'armi, lotte, corse di gala, rappresentazioni musicali e teatrali, che si avvalsero delle straordinarie soluzioni scenografiche di F. Galli Bibiena, riempirono di ammirato stupore i dignitari tedeschi al seguito della duchessa e gli invitati tutti, rappresentanti delle corti italiane trattenute a Parma dalla munificenza di Ranuccio per due settimane. I festeggiamenti durarono dieci giorni. Poi, partiti gli ultimi invitati, per D. cominciò il difficile adattamento alla vita di una corte raffinata e mondana a cui dovette da principio sentirsi estranea.
Il 6 dic. 1691 diede alla luce l'atteso erede, Alessandro Ignazio, ma il bambino non ebbe vita lunga: morì dopo appena venti mesi, il 5 ag. 1693. Le cronache riportano le voci, allora insistenti in città, di una responsabilità della madre nella morte del bambino. Vere o no, queste voci attestano comunque che D. era guardata con sospetto: aveva fama di donna ordinata, perseverante, ma anche eccessivamente pedante e priva di umorismo. Il 25 ott. 1692 D. dette alla luce la secondogenita Elisabetta; un anno dopo, il 6 sett. 1693, morì il principe Odoardo. Alla morte di Ranuccio Farnese, perciò, fu il secondogenito Francesco a salire sul trono. Egli, il 7 sett. 1796, tre anni dopo l'incoronazione, a diciassette anni, sposò senza le consuete pompe la cognata vedova. Una decisione, questa, caldamente sollecitata dallo stesso duca Ranuccio e ispirata a considerazioni di carattere politico: le stremate finanze ducali difficilmente avrebbero sopportato la restituzione della dote alla duchessa in caso di sue nuove nozze; inoltre, il legame con la casa d'Austria, tanto importante per la politica dei Farnese, sarebbe stato opportunamente ribadito.
Il matrimonio non ebbe prole, ma il nuovo duca si affezionò alla nipote e figliastra, Elisabetta, che, secondo, il Litta, la madre avrebbe allevato "nell'ignoranza, lungi da ogni umano consorzio": un altro segnale, questo, della scarsa simpatia che circondava Dorotea Sofia. Del resto, lei stessa faceva ben poco per accattivarsi la benevolenza dei sudditi: la proibizione durante il tempo di carnevale di maschere e festeggiamenti in nome della sicurezza e della tranquillità pubblica - provvedimento da lei ispirato - non poteva che confermare quell'immagine di donna austera, arcigna e malinconica che sempre l'accompagnò.
Il 5 nov. 1711, con il duca Francesco e la corte, D. incontrò a Piacenza il fratello Carlo, che accompagnava Carlo III di Spagna nel suo viaggio verso la Germania. Il principe venne festeggiato "con nobilissime veglie e altri sontuosi divertimenti".
Il 30 luglio 1714 D., il duca Francesco, il cardinale F. Acquaviva d'Aragona ed Elisabetta sottoscrissero i patti nuziali stipulati con Filippo V re di Spagna, per i quali si era tanto impegnato l'abate Giulio Alberoni. Il 16 sett. 1714 venne celebrato a Parma il matrimonio per procura e il 22, accompagnata dal duca Francesco e da D. fino a Borgotaro (nel ritorno devieranno fino alla villa di Chiosi), Elisabetta partì per la Spagna. Da allora, D. e il consorte condivisero il desiderio della figlia di assicurare alla propria discendenza l'eredità del Ducato di Parma e Piacenza: il fratello del duca, Antonio, sembrava tutt'altro che predisposto al matrimonio. I rapporti tra D. e il giovane Antonio Farnese, già tesi quando era ancora in vita il duca Francesco, dopo la morte di questo - avvenuta il 26 febbr. 1727 - diventarono addirittura gelidi. La duchessa si trovò subito a dover fare i conti per la sistemazione del suo trattamento vedovile col cognato, il quale - come la duchessa scriveva alla figlia - pretendeva "ridurla ad una strettezza grande", mentre le spettavano, secondo i capitoli matrimoniali, non meno di 9.000 doppie annue. Chiese allora protezione a Elisabetta (che a quanto sembra non nutriva particolari sentimenti di affetto per la madre), facendole presente di essere sola. lontana dalla patria e "contornata da spie, che non sa di chi fidarsi". E il 28 luglio 1728, pochi giorni dopo la firma dei patti nuziali tra il duca Antonio ed Enrichetta d'Este, le faceva presente che "potrebbe riuscire di grande mio disturbo e svantaggio" qualora l'imperatore e il duca Antonio avessero scoperto "che io avessi dato mano ad impedire che il signor Duca mio cognato prendesse moglie". Elisabetta non rimase insensibile e nell'agosto inviò a Piacenza presso la madre i ministri Monteleoni e A. Scotti, che, coadiuvati dal ministro ducale conte I. Rocca, fedelissimo della duchessa, composero la vertenza relativa alla sua sistemazione economica.
Il 5 febbr. 1728 vennero celebrate le nozze del duca Antonio: il poeta ducale Carlo Innocenzo Frugoni celebrò l'avvenimento e dette voce alle speranze dei Parmigiani in un prossimo lieto evento, urtando così la suscettibilità di D. presso la quale cadde in disgrazia. Tra le due duchesse i rapporti furono sempre inevitabilmente pessimi. D. non aveva affatto abbandonato, malgrado il matrimonio, il disegno di portare sul trono di Parma il nipote spagnolo: tutto lasciava supporre che il duca Antonio non avrebbe avuto prole numerosa. L'ultimo dei Farnese morì il 20 genn. 1731, quando si diffuse la notizia che la giovane Enrichetta era comunque già gravida. D. venne incaricata da Elisabetta (che le aveva assegnato come consiglieri il canonico marchese Santi e il conte Cerati) di smascherare quella che venne da lei subito considerata un'impostura. Nel maggio 1731 si trasferì da Piacenza, sua abituale residenza, a Parma, per seguire gli avvenimenti più da vicino; fu il conte C. F. Stampa a tenerla lontana dalla giovane duchessa, con la quale non passava ormai "più alcuna convenienza". Il 31 maggio ebbe luogo la famosa "ispezione ginecologica", che avrebbe dovuto mettere la parola "fine" alla disputa sulla gravidanza contestata. Nella stanza di Enrichetta, con ministri e inviati delle varie corti, con i signori della reggenza al completo, dame d'onore e levatrici (una delle quali era stata scelta dalla ex duchessa), c'era anche D. la quale, se prima del consulto se ne stava "in somma quietezza", arrivando a trattare "con civiltà" la cognata, quando venne emesso il responso riprese la consueta faccia dura. Com'è noto, sarebbe stata la stessa Enrichetta, poco tempo dopo, saputo dell'inganno ordito dallo Stampa, a rivelare alle imperiali maestà di Vienna e alla stessa D. la verità: di non aspettare cioè alcun erede.
La domanda che D. immediatamente inoltrò al commissario cesareo per subentrare a capo della reggenza (ridotta allora a un simulacro di potere) non venne accolta.
Il 29 dic. 1731, nel gran salone di corte, con l'intervento di tutte le diciassette Comunità dello Stato e dei feudatari, il conte G. Selvatico, che aveva giurato per conto di D. nelle mani dell'imperatore Carlo VI, rimise alla duchessa il possesso dei Ducati nella sua veste di tutrice e reggente dell'infante don Carlo di Spagna, presente anche il conte P. Zambeccari i plenipotenziario di Toscana, a nome del granduca Giangastone de' Medici, contutore. Quindi la duchessa - che per l'occasione aveva dismesse le tetre cocolle nere e vestiva un abito pomposo (come non mancano di segnalare i cronisti) - con tutta la corte in gran gala, partendo da porta S. Michele - dove il conte Stampa le consegnò le chiavi della città - si recò in lungo corteo fino a palazzo.
Il poeta Frugoni le inviò nell'occasione una Poetica dedicatio che la duchessa accolse con gelo. Migliore fortuna ebbe L'Orano espugnata, canzone dedicata ai sovrani di Spagna, opera su cui il poeta faceva affidamento per essere riammesso in Parma (cfr. Rabbi Solari p. 340).
Primo atto di governo della nuova reggente fu di licenziare ministri e ufficiali rimasti troppo affezionati ai Farnese. Monsignor Giuseppe Oddi, protonotario apostolico inviato dal papa, protestò invano per la violazione delle immunità ecclesiastiche e dei diritti papali. Anche il vescovo C. Marazzani tentò di persuadere D. affinché la preminenza temporale di Roma fosse riconosciuta, ma la duchessa, nonché cedere, rispose rispolverando le vecchie pretese dei Farnese sulle terre di Castro e Ronciglione. L'11 genn. 1732, con una cerimonia solenne, D. ordinò il cambio della guardia imperiale con le milizie cittadine. Il 9 settembre, Carlo di Borbone entrò solennemente in Parma per prendere possesso dei suoi domini; D. poteva ormai ritirarsi a vita tranquilla: quanto era nei suoi progetti si era compiutamente realizzato.
La duchessa morì il 15 sett. 1748 a Parma. Fu sepolta nella cripta sepolcrale della chiesa di S. Maria della Steccata. Di lei ci è pervenuto un ritratto di autore ignoto conservato in Parma, presso l'Ordine costantiniano di S. Giorgio.
Fonti e Bibl.: L. Viviani della Robbia, Bernardo Tanucci ed il suo più importante carteggio, Firenze 1942, p. 47; G. Drei, I Farnese grandezza e decadenza di una dinastia italiana, Roma 1954, pp. 245-292; G. C. Dosi Delfini, La visita dei duchi di Parma Francesco I e D. S. alla villa di Chiosi nel 1714, in Arch. stor. delle provv. parmensi, X (1958), pp. 161-167; E. Quaranta, Una festa a Soragna nel '600 offerta dal marchese Gian Paolo Meli Lupi in onore della duchessa di Parma, ibid., XI (1959), pp. 89-96; L. von Pastor, Storia dei papi, XV, Roma 1962, pp.681-684; G. Rabbi Solari, Storie di casa Farnese, Milano 1964, pp. 292-340; E. Nasalli Rocca, IFarnese, Milano 1969, pp. 209-231; M. Dell'Acqua, Dorothea Sophia von Pfalz-Neuburg, Gemahlin des Prinzen Odoardo Farnese und des Herzogs Francesco Farnesevon Parma, in Zeitschrift fur Bayerische Landesgeschichte, XLIV (1981), pp. 303-316; P. Litta, Le famiglie celebri ital., sub voce Farnesi duchi di Parma, tav. XXI.