Arzner, Dorothy
Regista e sceneggiatrice cinematografica statunitense, nata a San Francisco (California) il 3 gennaio 1900 e morta a Palm Desert (California) il 1° ottobre 1979. Fu una delle prime donne passate dietro la macchina da presa, a cavallo tra cinema muto e sonoro, e sicuramente la regista di maggior rilievo che si trovò a lavorare all'interno del selettivo studio system hollywoodiano negli anni Venti e Trenta. Per molti anni restò dimenticata, con le copie dei suoi film relegate negli archivi, ma nel 1975 le fu tributato un caloroso omaggio dal Directors Guild of America, di cui era stata la prima donna a far parte. La A. realizzò opere spesso focalizzate su figure femminili che emergono per forza e indipendenza; non è quindi inopportuna una lettura in chiave femminista della sua produzione. A partire dal suo primo film, Fashions for women (1927; Tutto al buio), fino all'ultimo, First comes courage (1943; Sacrificio supremo), i personaggi femminili risaltano infatti con grande precisione e sensibilità, collocati sempre sullo sfondo di un preciso contesto storico-sociale, che conferisce loro uno spessore fortemente realistico.Il padre possedeva un rinomato caffè a Hollywood e la piccola Dorothy aveva perciò la possibilità di incontrare ogni giorno star come Douglas Fairbanks, Mary Pickford o Sarah Bernhardt. Inizialmente orientata verso lo studio della medicina, si iscrisse alla University of Southern California dove frequentò successivamente i corsi di architettura e storia dell'arte, a lei più congeniali. Dopo la Prima guerra mondiale, di ritorno dal fronte francese dove aveva prestato servizio come ausiliaria, fortemente motivata a garantirsi l'indipendenza economica, sperimentò diversi lavori per poi rivolgersi alla nascente industria cinematografica, nel cui ambito ottenne il primo impiego come dattilografa della sezione sceneggiature della Paramount. In seguito iniziò a scrivere sceneggiature e a lavorare come montatrice, in un'epoca in cui, non esistendo né moviola né altri macchinari, tutto si faceva a mano. Nel 1922 si occupò del montaggio, tra l'altro, di Blood and sand (Sangue e arena) diretto da Fred Niblo, con Rodolfo Valentino, film di cui aveva anche girato alcune sequenze. Il regista James Cruze, colpito dalla sua abilità e precisione, la richiese espressamente come montatrice e suo braccio destro per The covered wagon (I pionieri) del 1923.
La A. collaborò con Cruze per diversi altri film, fino a Old ironsides (1926; L'aquila dei mari), cui partecipò anche scrivendo la sceneggiatura, e fu proprio dopo questo film che prese la decisione di lasciare la Paramount per passare alla regia con una casa di produzione più piccola, la Columbia. La Paramount, consapevole del suo valore, decise di offrirle comunque l'opportunità di dirigere il suo primo film; si trattava di Fash-ions for women, con la diva Esther Ralston per protagonista. Girò in seguito altri film importanti, sempre per la Paramount, come Get your man (1927; A caccia di marito) con Clara Bow, sex symbol dell'epoca, che recitò anche in The wild party (1929; L'allegra brigata), il primo film sonoro della regista. Nel 1930 il suo Sarah and son batté a New York ogni record di incassi, consacrando l'attrice Ruth Chatterton 'primadonna dello schermo'. Con la A. lavorava abitualmente un attore come Fredric March il quale, oltre che in Sarah and son, recitò anche in Honor among lovers del 1931 (di cui la A. aveva anche scritto la sceneggiatura e che contava nel cast un'effervescente Ginger Rogers agli inizi della sua carriera) e in Merrily we go to hell del 1932.
In quello stesso anno lasciò la Paramount, nella quale era comunque riuscita a lavorare sempre con una certa autonomia e senza eccessivi controlli, con l'intenzione di compiere un percorso ancora più libero. Fu così che nel 1933 diresse Christopher strong (La falena d'argento), uno fra i suoi film più intimamente sentiti, illuminato dalla presenza di Katharine Hepburn, l'aviatrice coraggiosa, affascinante e determinata, innamorata di un uomo già sposato, che paga con la vita la sua integrità morale. Nel 1934 il produttore Samuel Goldwyn, colpito dalla visione di Cristopher strong, chiese alla A. di girare Nana (1934; Nanà), tratto liberamente dal romanzo di É. Zola, nell'intento di lanciare Anna Sten come diva. La regista si mise al lavoro con il consueto rigore, ricostruendo accuratamente in studio gli ambienti parigini che facevano da sfondo all'azione e conferendo così al film un'immediatezza e una verità che gli valsero un grande successo sia di critica sia di pubblico. Dopo Craig's wife del 1936 con Rosalind Russell, la A. passò alla Metro Goldwin Mayer per realizzare un progetto cui teneva molto, ma che subì da parte della produzione delle consistenti modifiche: il risultato fu The bride wore red (1937; La sposa vestiva di rosa) interpretato da Joan Crawford che aveva espressamente chiesto di lavorare con lei. Successivamente curò sceneggiatura e regia di Dance, girl, dance (1940), con Lucille Ball e Maureen O'Hara, incentrato sul mondo della danza, sulla sua competitività e, al tempo stesso, secondo le parole della A., sulla necessità di non fuggire da sé stessi.
Durante il secondo conflitto mondiale, realizzò una serie di brevi film di propaganda per il governo e nel 1943 girò il suo ultimo lungometraggio, First comes cour-age con Merle Oberon, un film di spionaggio ambientato in Norvegia durante la guerra in corso. In seguito passò all'insegnamento della tecnica cinematografica alla Pasadena Playhouse e alla University of California di Los Angeles; tra i suoi allievi vi fu anche Francis Ford Coppola. Negli anni Settanta si occupò di televisione, girando diversi spot pubblicitari. Lo stile della A. colpisce per la freschezza e la cura minuziosa e precisa del montaggio, nelle sue mani strumento sapiente e delicato, sensibile sistema nervoso di tutti i suoi film. Va inoltre sottolineato il gusto per le sequenze di danza, ricorrenti nei suoi film, nelle quali la luce di un abito argenteo o di un volto, insieme al tempo filmico, sembra quasi diventare una tessitura magica e vibrante. Tuttavia, ciò che sembra maggiormente contraddistinguere la sua opera è il risalto dato alle figure femminili, del tutto sganciate da cliché e intese sempre come elemento concreto ed essenziale della messa in scena.
Ch. Ford, Femmes cinéastes, Paris 1972.
K. Kay, G. Peary, Dorothy Arzner's 'Dance, girl, dance', in "The velvet light trap", 1973, 10.
K. Kay, G. Peary, Interview with Dorothy Arzner, in "Cinema", 1974, 34.
Per una lettura in chiave femminista dell'opera della A., v. G.A. Forster, Women film directors, Westport (CT)-London 1995, ad vocem e con bibliografia.