dote (dota)
La prima forma si trova soltanto in rima; in mezzo al verso si ha ‛ dota ', col plurale ‛ dote '. Nel significato giuridico del termine ricorre in Pd XV 104 'l tempo e la dote / non fuggien quinci e quindi la misura. In Pg XX 61 Mentre che la gran dota provenzale / al sangue mio non tolse la vergogna, il complesso di beni è costituito dalla contea di Provenza, che Beatrice, figlia di Ramondo IV Beringhieri, portò nel 1242 in d. al marito Carlo I d'Angiò (e questa è opinione prevalente tra i moderni, mentre gli antichi vi scorgevano pure un'allusione al matrimonio di Margherita, altra figlia di Raimondo, con Luigi IX il Santo, accoppiando i due avvenimenti); mentre in If XIX 116 Ahi, Costantin, di quanto mal fu matre, / non la tua conversion, ma quella dote / che da te prese il primo ricco patre!, i beni sono costituiti dalla città di Roma, capitale dell'impero, e dalle molte altre dignità imperiali (cfr. Mn III X 1), donate da Costantino a papa Silvestro, come patrimonio della Chiesa (secondo il Tommaseo, D. " dice dote poiché disse marito "; cfr. v. 111), per sovvenire ai bisogni del clero e dei poveri (una particolareggiata analisi della questione è in Pagliaro, in Lect. Scaligera i 659-666, rist. in Ulisse 281-283 e note 18-19, che corregge B. Nardi, La ‛ Donatio Costantini ' e D., in Nel mondo di D., Roma 1944, 109 ss.; e si v. anche P. Brezzi, Il c. XIX dell'Inf., in Nuove lett. II 180. V. Donazione Di Costantino).
Valore figurato ha invece in Pd VII 76 Di tutte queste dote s'avvantaggia / l'umana creatura, dove il sostantivo indica le tre prerogative - immortalità, libertà, somiglianza al creatore - che l'uomo ottenne quando fu creato da Dio.