dottare
Il verbo (antico francese douter, provenzale dobtar) ricorre solo nel Fiore, dove, con 22 presenze, è uno dei fenomeni quantitativamente più rilevanti dell'infranciosamento linguistico dell'operetta. L'adozione assume carattere sistematico, fino a quasi soppiantare ‛ temere ' (solo 3 occorrenze). I casi di corrispondenza col Roman de la Rose sono nel complesso pochi.
Nella maggior parte dei casi il termine ha il significato di " temere ": XIX 6, XXIII 4, XXVIII 6 (cfr. Rose 3828 " Qui ne doutent cop de perriere "), XXX 5, XXXI 5 e 12, LXI 14, LXXXI 7, CXXIV 8 e 14, CXXVII 9, CXXXIX 8, CXLIII 1, CXLVIII 6, CLIII 9, CLXXX 4, CXCIV 8, CCIX 3, CCXVIII 13, CCXX 9. Il passo di XXXI 5 ch'ella dottava molto su' bellezza (detto di Gelosia), vale " perché temeva gli effetti della sua bellezza ", cioè che il fascino di Bellaccoglienza attirasse i corteggiatori.
Vale invece " dubitare ", in XCIV 7 Que' disse: " Sì ", non è mestier dottare / che più che 'n altro luogo ivi fruttava (cfr. " De ce, font il, n' estuet douter ", Rose 12461, ma in altro contesto e con altro significato), mentre ha piuttosto il valore di " essere incerto " in CC 11 vie men del fatto mio sì mi dottai (cfr. DOTTANZA). In quest'ultimo caso, come anche in CXXVII 9, il verbo è costruito con particella pronominale pleonastica (cfr. antico francese se douter); è usato intransitivamente in LXXXI 7 di nulla non dottare, e CCXVIII 13 Figliuol, non dottar (cfr. " ne doutez mie ", Rose 7791, 8235, 12633).
Il verbo, specie nel significato di " temere ", conobbe grande diffusione nella lingua antica, dove penetrò sia per il tramite della lirica provenzaleggiante, sia per quello dei volgarizzamenti dal francese (cfr. Tristano Riccardiano, Tavola Ritonda, ecc.). V. anche RIDOTTARE.