dottore
Nome di agente da doceo, e come tale sentito sempre dal poeta. D'altra parte il doceo dantesco indica in netta prevalenza non un comune insegnamento, ma quello altissimo dato da Aristotele (Mn I XV 9, II II 7, III XIV 9, Ep XI 11) o da Salomone (Mn III I 3) o addirittura da Cristo (IX 19). Da ciò il notevole rilievo che assume la parola, e qualche volta anche l'enfasi, raggiunta mediante attributi di aperta esaltazione (l'alto dottore, i dottor magni, gran dottor; cfr. anche gli eloquentes doctores e i doctores illustres del De vulg. Eloq.).
In volgare ricorre solo nella Commedia, raramente in rima (due volte su dodici). Prescindendo dalla tesi, ormai non più condivisa, che con 'l tuo dottore di If V 123 Francesca alluda a Boezio o a s. Tommaso, si può constatare che fino al c. XXI del Purgatorio d. è esclusivamente Virgilio, quasi sempre con la precisazione del possessivo (If V 70 e 123, XVI 13, Pg XXI 22 e 131), ma anche senza (If XVI 48 e credo che 'l dottor l'avria sofferto). In Pg XVIII 2 Virgilio è l'alto dottore, dopo la spiegazione sull'ordinamento morale del Purgatorio e mentre si prepara a esporre la complessa teoria sull'amore; il termine è comunque anche altrove carico dei sentimenti di ammirazione per la sapienza che D. attribuisce alla sua guida, e di riconoscenza per l'efficacia della sua opera di maestro.
Successivamente anche Stazio partecipa di questa qualifica: in Pg XXIV 143 egli e Virgilio sono i miei dottori; e ciò non tanto perché col titolo di d., come si dirà, erano chiamati i poeti e gli scrittori in genere, quanto per il presupposto di un'attitudine sapienziale anche nel nuovo personaggio: poco dopo, nel c. XXV, D. metterà in bocca a Stazio un'altra complessa esposizione, relativa alla dottrina sulla generazione del corpo umano e sull'origine dell'anima razionale.
Il legame con doceo rimane immutato nella terza cantica. Mentre sostiene l'esame sulla speranza, D. si paragona a discente ch'a dottor seconda (Pd XXV 64), cioè a un allievo che risponda al suo maestro (il termine corrispondente al participio è il nostro nome d'agente: ‛ docente ' è formazione moderna). In Pd XXXII 2, s. Bernardo libero officio di dottore assunse, assume spontaneamente le funzioni di maestro, fornendo a D. alcune notizie sull'ordinamento della candida rosa. Per il suo acceso amore alla sapienza s. Domenico diviene in breve tempo gran dottor (Pd XII 85), cioè grande maestro: si potrebbe spiegare, com'è stato fatto, " profondo teologo ", " insigne luminare ", ma l'espressione dantesca va vista in funzione della consecutiva che prepara, tal che si mise a circüir la vigna: la dottrina di s. Domenico non rimane chiusa e paga di sé stessa, ma diviene strumento di apostolato e di lotta, fermo argine alle eresie che minano la Chiesa.
Implicitamente il santo è assimilato ai dottor magni di Pd IX 133, ai doctores Ecclesiae, fonti perenni dell'ortodossia cristiana, sui quali si ferma più volte l'attenzione di Dante. Il carattere dinamico delle pagine di questi scrittori sacri risulta dalla contrapposizione con la scienza nuova, e troppo interessata, delle Decretali: giacciono abbandonati Gregorio, Ambrogio, Agostino e gli altri (Ep XI 16), mentre solo in essi, oltre che nella Scrittura e nei primi concili, risiede la vera auctoritas, perché senza alcun dubbio ricevettero la collaborazione diretta dello Spirito Santo (a Spirito Sancto adiutos, Mn III III 13). Ed è per ciò che nel verso citato di Pd IX questi autori sono allineati al Vangelo (l'Evangelio e i dottor magni), quasi continuatori dell'inesauribile magistero spirituale di Gesù.
In VE I IX 2 e 3, X 3, ecc., doctores sono sempre gl'insigni poeti in volgare d'oil, d'oc e di sì, indiscussi esemplari per chi voglia essere iniziato alla nuova arte. Il peso specifico della parola rimane qui evidente in ogni luogo, anche se nella lingua antica d. poteva indicare semplicemente qualsiasi scrittore, prosatore o poeta: cfr. " il grande dottore Sallustio " di G. Villani, e " in tutti i dottori scritto si trova " di B. Giamboni; ma " dottore " si definiscono anche Garzo e Ruggieri Apugliese. Utili notizie in merito sono date dal d'Ovidio, in " Rass. critica lett. ital. " II (1897) 244-245, da U. Cosmo, in " Giorn. stor. " XXXVIII (1901) 15-16, e dal Torraca, in " Rass. critica lett. ital. " X (1905) 111-112.