DOVER
Località sulla costa meridionale della Gran Bretagna, già ben nota e chiaramente menzionata negli itinerari antichi (ad portum Dubris: Itin. Anton., 473,2 e 473,5; anche Tab. Peut, e An. Rav., 428,3), che fu per gran parte del II sec. d.C. la principale base in Britannia della Classis Britannica. È posta all'estuario del fiume Dover, soggetto a marea (Dubris flumen: An. Rav., 108,38), tra le scogliere di gesso del Kent orientale, nel punto di minor distanza da Boulogne (Gesoriacum-Bononia), sull'altra sponda della Manica, che della medesima Classis Britannica era invece il quartier generale. La costruzione di un nuovo forte, delle installazioni portuali e di due fari sulla sommità della scogliera, su entrambi i lati dell'estuario, suggerisce che questo possa essere il «nuovo porto» di Tolemeo (Geog., II, 3,3: καινός λιμήν), altrimenti non identificato, che nel II sec. sostituì Rutupiae (Richborough) nella funzione di principale approdo per chi arrivava in Britannia. Il faro orientale ancora si erge per un'altezza di c.a 13 m all'interno del castello medievale.
La prima costruzione, dell'inizio del regno di Adriano, era stata sospesa quando già erano state gettate le fondazioni delle mura di un forte, di alcune caserme e di un edificio al di fuori delle mura. In seguito, nel corso dello stesso principato, i lavori vennero ripresi, ma secondo una pianta diversa; nello stesso luogo fu costruito un forte più grande, della misura di 112 m lungo l'asse N-S e 93 m lungo l'asse E-O (1 ha). Nei suoi edifici e nell'area circostante furono rinvenuti mattoni con il bollo cl[assis] br[itannica].
Sui lati Ν ed E furono individuate porte a doppio passaggio, rispettivamente la porta principalis sinistra e la porta praetoria. La cinta difensiva comprendeva un muro dello spessore di c.a 1,20 m, in blocchi squadrati di calcare e tufo, e un fossato su tre lati. Sul fronte, un'area pavimentata con pietre si estendeva fino al mare.
La configurazione del terreno determinò le inconsuete proporzioni del forte, che era esteso più in larghezza che in profondità. L'anomalia della pianta determinò, di conseguenza, l'assenza di una retentura: la fila centrale dei due horrea e dei presunti principia e praetorium era quindi posta a diretto contatto con il muro di fondo del forte. La praetentura conteneva dodici edifici, dieci dei quali allineati da N a S (per scamna) in due file simmetriche; a questi si aggiungeva un isolato «doppio», che si estendeva su entrambi i lati della via praetoria. Dieci degli edifici erano costituiti da caserme contenenti ciascuna otto contubernia, ma prive dei consueti alloggi per i centurioni.
Dopo un breve periodo di abbandono il forte fu rioccupato e restaurato attorno al 163-165 d.C.; le strade vennero allora ripavimentate, il fossato riportato alle misure originali e le caserme videro nuove sistemazioni all'interno. Attorno al 180 d.C. il forte fu nuovamente evacuato. Una seconda rioccupazione fu caratterizzata da restauri più estesi e da nuovi elementi tipici, tra cui una caserma addizionale e, probabilmente, l'aggiunta di alloggi per i centurioni, in almeno due delle caserme esistenti. La flotta potrebbe aver definitivamente lasciato la base nel corso della spedizione britannica di Settimio Severo (208-211 d.C.), visto che attorno al 270 d.C. il sito era già coperto di terra.
Circa 100 m a Ν del forte della Classis Britannica furono individuate le ali S e O di una grande casa costruita in selce e mattoni attorno al 200 d.C., in un luogo in cui alcuni resti di muri testimoniano peraltro l'esistenza di un edificio precedente. Le pareti interne di ogni stanza (la maggiore delle quali aveva un riscaldamento a ipocausto) erano decorate da pitture: i motivi e gli schemi erano numerosi e vari. In due stanze le pareti si sono conservate per un'altezza di c.a 2 m: gli affreschi che è stato possibile recuperare sono perciò numerosi (si può calcolare un'estensione superiore a 120 m2). L'elemento principale della decorazione è rappresentato da pannelli rettangolari di diversi colori divisi da sottili colonne dipinte: essi contengono alberi, frutti, alcuni oggetti a forma di fiaccola e numerosi altri motivi inconsueti, mentre lo schema complessivo è costituito da una struttura dipinta in forma di palcoscenico, coronata da un fregio o registro superiore. Verosimilmente la costruzione era la residenza del comandante (praefectus) della flotta.
Alla fine del III sec. fu eretto un forte appartenente al gruppo della Sponda Sassone (Litus Saxonicum; cfr. Not. Dign., XVIII, 4 e 14: praepositus militum Tungrecanorum, Dubris), che in parte si sovrappose al forte della flotta, mentre la costruzione del suo muro occidentale comportò la demolizione del muro occidentale della Casa Dipinta. Il muro perimetrale S e O aveva uno spessore di c.a 3 m, con torri esterne semicircolari e un fossato largo c.a 12 m e profondo 3.
Si conserva all'incirca metà della struttura del faro orientale. La torre misura internamente 4,25 m2 c.a.; esternamente si presenta di pianta ottagonale, con i lati che misurano alla base 4,57 m. Il livello più alto (5,7 m) è di epoca medievale, mentre i restanti 13,1 m sono pertinenti alla costruzione romana in pietrisco intervallato da ricorsi di laterizi (ne sono oggi visibili nove), rivestiti da arenaria verde e tufo. All'interno le pareti hanno uno sviluppo perpendicolare, mentre esternamente ogni piano della torre è arretrato di 0,30 m rispetto al precedente, venendo così a determinare una forma a telescopio. Si conservano gli archi delle porte e gran parte dei vani delle finestre, ognuno con copertura ad arco realizzata con un'alternanza di blocchi di tufo e coppie di mattoni. Si può ipotizzare che l'altezza originaria del monumento si aggirasse intorno ai 25,5 m.
È questo uno dei pochi esempi del tipo classico di faro quale ci è noto da rappresentazioni su numerose lucerne, monete, mosaici e sculture. Il faro di D. doveva essere visibile da Boulogne (Gesoriacum-Bononia), al di là della Manica, laddove un faro simile, a dodici o tredici livelli e - come si tramanda - alto 60 m, si è conservato fino alla metà del XVII secolo. Non vi sono prove sufficienti per poter identificare il faro in questione con la torre eretta da Caligola (Suet., Cal, 46): certamente, subito dopo la conquista fu necessario erigere una struttura del genere; le rovine superstiti, tuttavia,! non sembrano suggerire una datazione così alta.
Non resta oggi alcuna traccia, peraltro, di un secondo faro che era ubicato nella zona dei Western Heights. La costruzione fu demolita quasi del tutto intorno alla metà del XVIII sec. e le sue rovine furono sepolte in seguito all'impianto di fortificazioni militari nel 1805-1806; nel 1865 ne furono fotografate le fondazioni, rimesse in luce ma poi in parte demolite.
Bibl.: R. E. M. Wheeler, The Roman Lighthouses at Dover, in AJ, LXXXVI, 1929, pp. 29-46; Β. Philp, Roman Dover, Dover 1973; id., The Roman Painted House at Dover, Dover 1978; id., The Excavation of the Roman Forts of the Classis Britannica at Dover, 1970-77, Dover 1981.